di avere le arterie giovani come le sue. Aggiungerò che chiunque poteva sentirsi influenzato dalla Sagra della primavera: era un processo logico. Ma è assolutamente impossibile ricevere influenze dal Libertino: questo equivarrebbe a perdere la dignità. È un'opera che rimarrà unica nella nostra epoca. Ed è un capolavoro assoluto, dato che anche il libretto è scritto con ammirevole senso del teatro e con evidente talento poetico." ("El Nacional", Caracas, 9 gennaio 1954) Il Libertino, 2. Durante la sua recente visita a Caracas, Igor Strawinsky ha avuto l'occasione di parlare della sua opera The Rake's Progress con Arturo Uslar Pietri. E, dopo aver spiegato all'autore de Las Lanzas Coloradas il processo estetico che lo ha condotto tardivamente ad abbracciare il genere dell'opera tradizionalmente costruita, ha esposto la sua concezione del trattamento delle voci nella nuova opera: "Ho cercato (ha detto) di dare ad ogni sillaba, ad ogni vocale, il suo valore musicale preciso, indipendentemente dal significato della parola stessa, alla maniera del canto gregoriano, dove una u, una i, acquistano tutta la loro importanza all'interno della linea melodica, senza che il carattere del detto in prosa liturgica (parlando liricamente) modifichi questa linea." (Come nel superbo canto del Dies irae, aggiungerei io). Il curioso è che quando si ascolta la recente incisione del Libertino, diretta dal suo autore, o si legge la partitura dell'opera, si osserva che Strawinsky è stato incapace, nella maggioranza dei casi, di osservare questa specie di "estetica a freddo" dettata dal suo temperamento polemico, dalla sua concezione artigianale della musica - benché le sue forze più profonde si siano scatenate tante volte, e molto liricamente, in opere come La sagra della primavera o la Sinfonia dei salmi. Nel Libertino ci sono arie, duetti, finali d'atto, la cui scrittura vocale si adegua all'austero principio espresso a Arturo Uslar Pietri. Ma a misura che avanza nell'azione del dramma allegorico laico che gli è stato ispirato dalla contemplazione di una serie di stampe di Hogarth, il compositore si lascia prendere dalla dinamica delle situazioni passando al piano drammatico - vale a dire: a quello in cui le "parole" acquistano, precisamente, la più grande importanza, dettando il carattere della melodia cantata. Un'aria di Tom Rakewell, nel secondo atto, risulta una meraviglia di lirismo. La strana canzone di Baba la Turca, col suo carattere da caffè concerto; il preludio all'ultimo atto, che fa pensare allaberceuse dell'Uccello difuoco, e anche al Musorgsky del Boris, e anche (perché?) al preludio del terz' atto di Parsifal, con le sue premonizioni di tragedia, chiude in sedici lente battute: la "canzone da culla" di Anna, e il cupo coro che accompagna la morte esemplare del protagonista (si pensa ancora a Musorgsky), sono frammenti in cui Strawinsky "esprime", nel più profondo significato della parola, molto lontani dalla freddezza artigianale di partiture come Gioco di carte o del- !' Ottetto. E che dire della cupa scena dell'asta, una delle migliori pagine del repertorio lirico contemporaneo, in cui il compositore raggiunge, con la massima economia èi mezzi (un semplice ostinato di cornette), una tensione assolutamente fenomenale? Inoltre, in quest'opera recente di un maestro che già ha completato il ciclo della sua creazione, la sconcertante sottomissione a norme dell'opera della fine del secolo XVIII (coi suoi recitativi accompagnati da un clavicembalo, alla maniera di Mozart) e ai principi della prima opera italiana del XIX, si vede costantemente equilibrata dalla presenza di uno stile personale. Può Strawinsky essersi proposto di scrivere arie e ariosi, cabalette, duetti e terzetti tradizionali, scene d'insieme alla maniera dell'Elisir d'amore: l'autore della Sagra della primavera ci si mostra ad ogni passo in una sorta di volontaria summa di quanto ha fatto finora. Benché semplificati, ridotti ali' organico di un' orchestra da camera, valendosi del minor numero possibile di complessità e perfino di alterazioni, vi sono qui, sempre attive, le forze che un tempo si sono manifestate nella Sinfonia per strumenti a fiato, in Mavra, nella Sonata del 1924 (questo particolarmente nella scena della partita a carte nel cimitero fra Tom Rakewell e Nick Shadow, col suo sorprendentemente accompagnamento di clavicembalo solo), e perfino dell'Uccello di fuoco (canzone da culla di Anna) e di Petrouchka (inizio della scena dell'asta). Discutibile o no, in quanto ai suoi postulati e posizioni polemiche, la partitura del Libertino è l'unica, nel suo genere di opera, che abbia raggiunto, in questa epoca, la cifra di trecento rappresentazioni a poco più di un anno dalla prima messa in scena. ("El Nacional", Caracas, senza data) l\!is;~M~ 5/92 In questo numero, fra gli altri articoli: Politica e legalità Felice Casson, Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo Dopo la partitocrazia Giovanna Zincone, Pietro Scoppola, Nando dalla Chiesa, Enzo Marzo, Marco Follini, Massimo L. Salvadori, Gian Enrico Rusconi Dove va la nuova Gennani.a Angelo Bolaffi / Luciano Canfora Nel ventre della società civile Alessandro Dal Lago, Stefano Balassone e Angelo Guglielmi, Aldo Fumagalli, Vittorio Roidi, Riccardo Terzi, Felice Liperi, Giampaolo Pansa Rafael Sanchez Ferlosio Quaderno cinese Un inedito a cura di Danilo Manera Enrico Baj Morte dell'arte e sopravvivenza del critico 77
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