Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

all'epoca "avanguardistica" in cui si era, per attitudine polemica, antilirici, antiwagneriani, antiromantici. Ma nei giorni dell'"avanguardismo" la posizione antioperistica aveva delle giustificazioni - soprattutto i_nAmerica Latina. Non si rifiutava l'opera come genere, dato che nessuno combatteva contro opere tipo Pelleas et Mélisande, L'ora spagnola o Le Rossigno! di Strawinsky; si rifiutava certa opera italiana, costantemente rappresentata sulle nostre scene, perché il suo successo, il suo prestigio di cosa "sublime", la sua accettazione incondizionata da parte del pubblico, chiudevano la strada ad altre manifestazioni musicali, più pure, più austere, che erano in quel momento espressioni fondamentali delle idee nuove. Si rifiutava il repertorio lirico del secolo XIX per difendere Debussy, Rave), Hindemith, considerati allora, dagli spiriti conservatori, come innovatori disordinati ed eccentrici. Ma, passata la tempesta, ottenuta la vittoria di musicisti le cui opere si eseguono ormai anche nelle sale da pranzo degli alberghi, non c'è nessun motivo per assumere un atteggiamento sdegnoso verso l'opera. È chiaro che non voglio prendere le difese di opere tipo Il Trovatore o Lucia di Lammermoor, che sono sempre state ridicole, perché sono nate con libretti ridicoli. L'opera in sé, come genere, è probabilmente la manifestazione musicale più antica e venerabile della nostra cultura. Opere, non bisogna dimenticarlo, furono le tragedie greche, con le loro arie, i loro canti, i loro threni antifonali, i loro cori (si veda la traduzione di Sofocle di Paul Monzon, per esempio, in cui le parti musicali appaiono in caratteri italici). Opere furono, in certo modo, i misteri medioevali con i loro musici e menestrelli mescolati ali' azione. E dal Rinascimento fino ai giorni nostri il dramma lirico in Occidente si sviluppa costantemente, raggiungendo espressioni prodigiose come quelle di Wagner, di Debussy, di Alban Berg. Ed oggi stiamo assistendo ad una vera e propria resurrezione dell'opera, dopo un ventennio di transizione nel quale si sono visti i compositori più attenti a problemi di ordine sinfonico. Mai il dramma lirico ha avuto più vitalità, in Europa e negli Stati Uniti, che nel momento attuale. L'"io non sopporto l'opera" che si sente tanto spesso non è, in fondo, che un vecchio pregiudizio avanguardistico, residuato di polemiche superate. Non c'è motivo per mostrare disprezzo verso un tipo di arte che l'umanità coltiva dalle origini della sua cultura. Inoltre, la stessa assenza di realismo che si osserva nell'opera - questo parlar cantando, questo recitare davanti ad un'orchestra, questo dramma scandito dalla battuta di un direttore- mi sembra uno dei suoi aspetti più interessanti, in quanto risponde ad una delle concezioni più originali dell'uomo.L'opera è trasposizione della realtà su un piano meramente artistico, dove i sentimenti e le passioni si collocano in un clima di assoluto lirismo. Non c'è scena d'amore, in tutto il teatro universale, che abbia raggiunto l'intensità espressiva del duettodel secondo atto di Tristano e Isotta. Bisogna cercare in Shakespeare, in Calderòn, per trovare scene così assolutamente antologiche come la meditazione di Maria sulla Bibbia nel Wozzeck di Berg. Che non si tollerino certe opere, poiché sono opere brutte, mi va benissimo. Ma la consapevolezza che vi sono brutte opere non è un motivo per condannare Mozart, Wagner, Mussorgsky. Boris Godunov, I maestri cantori, Il flauto magico, costituiscono acquisizioni del genio creatore, rispettabili quanto la Sinfonia Pastorale. ("El Nacional", Caracas, senza data) 74 Igor Stravinsky. Opera atonale a Salisburgo Questo avveniva nei giorni del regime nazista, quando i censori di Goebbels combattevano tutte le manifestazioni dell' arte moderna in Germania. Il grande direttore Erich Kleiber, il cui prestigio era immenso, malgrado lo si sapesse ostile al governo, aveva inserito il titolo di una partitura di Alban Berg nel programma di un concerto sinfonico dato a Berlino. Alla fine dell' esecuzione, un giovane in camicia bruna si alzò nella platea e gridò, a mo' di sfida: "Heil, Mozart!" Erich Kleiber si voltò placidamente verso il manifestante per dirgli, con tono paterno: "Giovanotto, temo che lei,si sbagli. L'opera che abbiamo appena eseguito non è di Mozart. E di Alban Berg". Ricordo oggi questo grazioso aneddoto, leggendo che l'opera Wozzeck di Alban Berg è stata rappresentata, con successo straordinario a Salisburgo, la città di Mozart. Questo aggiunge una nuova vittoria alle molte ottenute da questa opera, la prima di un musicista atonale (benché I' atonalismo di Berg sia molto meno ortodosso di quello di un Schonberg) ad aver raggiunto il grande pubblico. Rappresentata a Berlino dallo stesso Kleiber più di venticinque anni fa, quest'opera è stata presentata in Russia, Stati Uniti, Belgio, Italia, totalizzando oggi la cifra di circa trecento esecuzioni. Gli anni passano e l'opera di Alban Berg dura e cresce, facendosi più attuale, in quanto il valore della sua espressione umana guadagna una maggiore eloquenza, a misura che il

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