INCONTRI/DE LILLO nostalgia: la nostalgia per il Master Pian, il Grande Piano, la cospirazione che spiega assolutamente tutto. Beh, semplicemente non credo che questa sia la cosa da fare. Però il film ha riaperto il caso e del resto sembra che negli Stati Uniti le cose funzionino solo se le si fa in questo modo ... Molta gente ti darebbe ragione, ma io credo che in questo caso particolare la cosa non abbia funzionato, perché il film è scadente e manca in modo elementare di senso di realtà. È una Disneyland da paranoidi. Molti credono che abbia innalzato il livello del discorso politico e altri che abbia obbligato il governo a rendere pubblici documenti sepolti chissà dove. Se lo ha fatto, me ne congratulo, ma vedi io credo che l'unica cosa che abbiamo imparato da questa storia èil potere di un film, il potere delle immagini. DopotuttoJFKè basato su un testo di cui nessuno aveva sentito parlare, mentre ci sono dozzine di altri saggi scritti da giornalisti molto competenti che pure non hanno provocato la minima reazione. Però, non appena ha fatto la sua comparsa il film, il paese ha perso la testa. Kevin Costner + i muscoli di Oliver Stone. Tu non hai mai lavorato per il cinema? So che una volta hai scritto per il teatro. No, per il cinema non ho mai lavorato, ma prima o poi vorrei scrivere una sceneggiatura originale. Per il teatro ho scritto una sola volta e lo spettacolo è andato in scena a Cambridge, Massachusetts. Mi sono divertito moltissimo. Parlami di quella che nei tuoi libri definisci la solitudine dello scrittore e anche della sua percezione del tempo: un'" ossessione", una "corsa sfrenata contro la morte" ... Chi sta scrivendo un libro ha una sensibilità acutissima per il tempo. Perché? Perché quando si scrive un romanzo, può darsi che ci vogliano anni a finirlo. Non è come scrivere un racconto, un testo teatrale o un articolo. Parliamo di tre o quattro anni. Dunque la preoccupazione dominante è una sola. Non si tratta solo di scrivere un libro meraviglioso, bisogna finire il libro prima di morire. Questa è una cosa che ho provato anche quando ho scritto il mio primo libro e allora avevo trentacinque anni. Succede tutte le volte. Diventa una gara .. È per questo che hai scritto che un libro può diventare il nemico di chi lo scrive? È una lotta, una lotta contro il libro, che non si rivelerà, non rivelerà i suoi misteri, secondo i nostri tempi. Un libro rivela i suoi misteri con i suoi tempi. Bisogna semplicemente aspettare. A me continua a succedere. E lafisicità della tua scrittura? Uso una macchina da scrivere manuale, una vecchia macchina da scrivere appoggiata a un tavolo, fogli da una parte e dall'altra, un dizionario e qualche appunto. Tutto qui. Lavoro tutte le mattine, fino all'una circa, poi cerco di lavorare almeno un'altra ora nel pomeriggio e, dopo un po', comincio a prendere il ritmo e le giornate diventano molto soddisfacenti. Ti rendi conto che sei dentro un altro libro, un altro mondo, e quando la giornata è andata bene non c'è davvero altra soddisfazione che le stia alla pari. Ritorniamo alla solitudine. Dici che non c'è migliore compagnia della buona scrittura. Eppure scrivere vuol dire essere isolati, dimenticarsi della realtà esterna e anche del proprio corpo ... 68 C'è molta fisicità, secondo me, nello scrivere. Intanto quando scrivo cammino molto. Mi alzo, vado fino in corridoio, guardo dalla finestra, passo un sacco di tempo alla finestra, osservando, non facendo assolutamente nulla e poi, finalmente, tomo nella mia stanza e mi metto di nuovo seduto. Certe volte, dopo aver fatto un giretto, sento un'urgenza terribile di tornare alla macchina da scrivere. Altre volte è l'ultima cosa al mondo che vorrei fare, come se non volessi vedere mai più quella certa pagina. Il tempo passa molto in fretta, invisibile, non te ne accorgi, non fa rumore. All'improvviso guardi l'orologio e è l'una e non sai come è successo. Non uso uno word processor, perché mi piace la sensazione che si prova a toccare la carta, a fare modifiche a matita o a penna, a conservare vecchie pagine su cui tornare magari un anno dopo. Conservo qualsiasi nota e anche questo fa parte della fisicità del lavoro di scrittura. È molto importante. Infatti, quando sono lontano da casa, mi porto la macchina da scrivere, ma mi ci vogliono giorni per abituarmi al nuovo ambiente. È uno shock non avere il proprio tavolo, !e proprie pareti, certe immagini, le fotografie, gli oggetti, i libri. E come essere persi nello spazio e ci vuole un'eternità a assestarsi.C'è, nello scrivere, un profondo, radicatissimo senso dell'abitudine e delle proprie minuscole idiosincrasie, che ci si porta dietro comunque e che è diverso per ogni scrittore. Quindi tu non viaggi volentieri? No, non quando sto scrivendo. Altrimenti viaggio moltissimo. Pensi che potresti abituarti a un computer? No, mi occorre il rumore dei tasti, dei tasti di una macchina da scrivere manuale. La materialità della battitura ha un peso, come se usassi dei martelli per scolpire le pagine. È come se lavorassi il marmo, solo che i miei lavori sono bidimensionali: mi piace vedere le parole, le frasi mentre prendono forma. Del computer non mi piacciono neanche i caratteri. È un fatto estetico: quando lavoro ho bisogno di avere il senso di una relazione scultorea con le parole che sto costruendo. Uso una macchina dai caratteri più grandi del normale, proprio perché mi piace la forma delle lettere dell' alfabeto: più grandi sono meglio è. Puoi dirmi qualcosa sul tuo rifiuto di apparire in televisione o di parlare alla radio. Lo ho fatto un paio di volte. Diciamo che voglio proteggere la mia immagine. Sono disposto a fare qualche servizio fotografico, ma bisogna conservarsi un po' di privacy e per me la linea di demarcazione è rappresentata dalla televisione. Il tuo rifiuto ha anche a che vedere con la tua volontà di non lasciarti ridurre a un bene d'uso, a un genere di consumo? Questa è senza dubbio un'altra delle ragioni. Non voglio diventare familiare. Non voglio essere riconosciuto. Una tendenza all'invisibilità? Sì, quando entro in un ristorante nessuno mi riconosce e non sono riconoscibile neppure dalle fotografie che mi hanno fatto in passato. In Mao II c'è una battuta, "quando si guarda una propria fotografia si possono avere due reazioni: si può decidere che la propria vita deve andare nella direzione di quell'immagine o allontanarsene." Vuoi somigliare alla tua fotografia o vuoi prenderne le distanze? Un quesito esistenziale. E tu di solito preferisci distanziartene. Parliamo del titolo del
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