INCONTRI/DE LILLO solitario che accetta di sottoporsi a un servizio fotografico. In questo modo dà via quel po' di potere che ha sulla sua vita. Sono partito da lì: perché accetta di essere fotografato? Che relazione si crea con chi lo fotografa ecc. Beh, non so se sono riuscito a dare risposta a tutti questi interrogativi. Quanto c'è di autoreferenziale in questo tuo romanza? Bill Gray è una controfigura di Don De Lilla o mi sono lasciata influenzare dalla tua fama di persona che non ama essere troppo pubblica? No, non credo che Gray sia ricalcato su di me. lo non sono un solitario. Gray non mi somiglia, non ha la mia età, non scrive come me, beh forse un pochino sì. Non fa il mio tipo di vita, non ha la mia storia personale. Forse abbiamo in comune alcuni pensieri, forse come scrittori condividiamo gli stessi dubbi su noi stessi, ma diciamo che, se avessi voluto, ne avrei potuto fare un personaggio molto più autobiografico. Invece volevo che fosse un personaggio come tutti gli altri, non diverso da Karen o da Scott (altri due protagonisti di Mao Il, NdC). Mi sono sentito molto più a mio agio scrivendo dal punto di vista di Karen che da quello di Bill. Bill mi ha dato un mare di guai. Mi ci è voluta un'eternità per entrare nella sua coscienza. Mentre con Karen mi sono trovato a casa fin dal primo momento. Ti dispiace se parliamo per un attimo di donne e del loro rapporto con gli uomini. In Mao Il ci sono tre battute interessanti in proposito. Te le cito: "Le donne di mezza età passano generalmente inosservate." "Quand'è che le donne hanno cominciato a fotografare gli uomini?" "Gli uomini hanno una certa tendenza a scomparire." Tre battute che ruotano attorno al tema del vedere e essere visti e alle dinamiche che legano maschile e femminile. Hanno forse a che vedere con alcune delle trasformazioni avvenute o in corso nella società americana? Credo che alcune classi di persone siano invisibili. Le donne di mezza età fanno parte di questo gruppo più delle donne anziane e certamente delle giovani. Dunque vi è un'epoca in cui le donne cominciano a sentirsi in qualche modo invisibili. Non credo che questo agli uomini succeda. Perché credi capiti alle donne? Perché le donne sono così spesso oggetto di attenzione, a tanti livelli. Che siano in tram, camminino lungo una strada o siano sedute al ristorante, gli uomini le guardano e questo non può non diventare, entro un certo limite, parte dell'identità femminile. Voglio dire che tutti noi siamo fatti non soltanto di muscoli, cervello e sangue, ma anche delle cose che gli altri ci dicono e vedono in noi. Ecco perché credo sia molto disturbante diventare improvvisamente invisibili. Qual era la seconda parte della tua domanda? Rita (incaricata di fotografare Bill Gray, NdC) fotografa uomini e è una donna di mezza età. Ha forse trovato il modo di sfuggire al destino del!' invisibilità, diventando soggetto attivo di sguardo? Invertendo i termini? In un certo senso credo di sì. Sta cioè esercitando un certo controllo sulle persone. Nel caso del libro poi sta fotografando un uomo.Quand'è che le donne hanno cominciato a fotografare gli uomini? Non lo so e non so neppure perché Gray 64 si ponga questa domanda. Forse vuole soltanto essere divertente, forse è solo una battuta per creare una situazione rilassata, scherzosa. Ma quand'è successo comunque? E è stato importante? Insomma ha modificato il modo in cui le donne guardano gli uomini? Il modo maschile di vedere le donne come spettatrici piuttosto che come oggetti? Sono convinto che sia stato uno spostamento importante, ma davvero non so come o quando sia avvenuto. Ma a questo punto, almeno negli Stati Uniti, che le donne abbiano cominciato a guardare è un fatto acquisito? Sì.Ma possiamo dire che le donne hanno cominciato a guardare gli uomini o semplicemente che hanno cominciato a guardare? La domanda vera è questa. E la tua risposta qual è? Francamente, direi che mi convince di più la seconda ipotesi. Credo che la cosa fondamentale sia che le donne abbiano cominciato a mettersi davanti agli occhi una macchina fotografica. Qualsiasi cosa ci sia dall'altra parte dell'obiettivo, verrà vista in modo diverso da come verrebbe vista se a impugnare l'obiettivo fosse un uomo. Diciamo che in questo modo il mondo che vediamo attraverso le fotografie è diverso da come sarebbe stato se l'inversione non fosse mai avvenuta. Torniamo alla relazione individuo/masse. Qual è il bisogno che spinge il singolo a perdersi nella moltitudine? Il bisogno che qualcuno si prenda cura di lui/lei? Il bisogno di liberarsi delle responsabilità? Credo che si tratti di qualcosa di più profondo. Quello che dici non è che una parte del problema. Il bisogno non è solo di abbandonare le responsabilità, ma di abbandonare se stessi per sfuggire al peso di essere quello che si è e per unirsi a un coro collettivo, di perdere non soltanto la propria identità ma la propria lingua, di stare in mezzo a migliaia di persone che gridano la stessa parola, sempre quella, all'infinito. Per certa gente è una specie di estasi. Che cos'è? Una via di scampo dal dolore, dal rimpianto, dalla tristezza e da altre cose. Tifa paura? Sì, fa paura, ma è anche interessante e può essere bellissimo da vedere. Pensa alla Mecca. Naturalmente, non essendo muslim, non ci sono mai stato, ma ho visto fotografie del posto e di chi ci va in pellegrinaggio: mi hanno colpito per la loro estrema bellezza. C'è questa enorme struttura, la Kaaba, un grande cubo nero. La gente ci corre intorno, migliaia di persone che corrono in circolo attorno a questo gigantesco cubo nero. È fantastico. Visivamente ... Visivamente e forse, qualche volta, mi piacerebbe correre insieme a loro. In Mao II c'è una frase che suona più o meno così: lo scrittore è un mezza terrorista. Idealmente vorrebbe influenzare la coscienza della gente, ma non riesce afarlo. Oggi soltanto l'atto terroristico riesce a cambiare la vita della gente. Provi rimpianto per un potere che l'atto di scrittura sembra avere perso? E invidia per chi il potere lo ha trovato nella violenza? O sto forzando le tue parole?
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