mai fatto esperimenti sugli animali senza aver provato prima o poi lo stesso tipo di esperimento sume stesso; e spero di non farlo mai. Ho dissezionato animali morti, ma ho dato disposizioni affinché anche il mio corpo venga dissezionato dagli studenti di medicina. E se muoio in India spero che qualche futuro dottore indiano possa fare l'insolita esperienza di dissezionare un europeo. Lavorare su se stessi o su un amico comporta, tra l'altro, l'enorme vantaggio di consentire una accuratezza di gran lunga maggiore di quella dei normali esperimenti su animali. Se per esempio un animale sente male o ha paura, è facile che il cuore gli batta più forte e che il ritmo della respirazione acceleri. Questo rende impossibile misurare con grande precisione l'effetto di una data sostanza sul battito cardiaco o sulla frequenza respiratoria. Ma dopo aver effettuato numerosi esperimenti su di sé, una persona è in grado di condurli sugli animali nella quasi certezza che i risultati saranno precisi quanto quelli di esperimenti fatti sull'uomo. Nel 1954, mentre eravamo in India, mia moglie e io facemmo un certo numero di esperimenti su tre pesci koi. Posti in acqua sporca contenete poco ossigeno, essi salgono alla superficie e respirano l'aria. Noi tormentammo i nostri pesci in varie maniere, alternando sia la composizione dei gas disciolti nell'acqua in cui nuotavano sia quella dell'aria che respiravano. Non dico che Holdone in vesti indiane nel 1961 . SCIENZA/HALDANI questi pesci non abbiano mai sofferto neanche un po'; a giudicare dalla mia esperienza personale possono aver avuto un feroce mal di testa per alcuniminuti. Ma sicuramente non rimas~rogravemente colpiti, dato che sono a Londra tutte e tre ancora vivi e vegeti. Non sono affatto un santo. Ho ucciso degli animali e mangio carne, anche se non molta. Il mio atteggiamento nei confronti degli animali è più simile a quello di Yudhisthira. Egli aveva ucciso e divorato tantissimi cervi. Ma quando fu invitato a entrare a Svarga, lasciando a morire sulle montagne il cane che era stato suo compagno nell'ultimo pellegrinaggio, scoprì, forse con stupore, che questa era una cosa che, in qualità di Kshattriya, non poteva fare. Allo stesso modo io e mia moglie non avremmo mai potuto dare ad altri da uccidere e da mangiare il pesce koi che avevamo osservato per due mesi. Voglio sottolineare che un tale atteggiamento verso gli animali dovrebbe riscuotere l'approvazione dei biologi indiani. Purtroppo non è molto diffuso, ma credo che dovrebbe essere la regola. Di tutti i biologi indiani che conosco, quello che ci si avvicina di più è un musulmano, il grande.ornitologo Salim Ali: egli ammette tranquillamente di aver sparato agli uccelli qualche volta, ma preferisce di gran lunga studiarli quando sono vivi. Francamente ritengo che il suo atteggiamento costituisca una sfida per i biologi indù. In India c'è molto spazio per gli studi biologici non violenti e, cosa importante, essi non richiedono apparecchiature complesse. Ecco qualche esempio di quanto si potrebbe fare: gli uccelli canori indiani cantano, se vengono allevati sin dall'inizio da esseri umani? Oppure imparano a cantare nello stesso modo in cui l'uomo impara a parlare? Sappiamo che alcuni uccelli europei e nordamericani imparano a cantare, mentre altri lo fanno spontaneamente, come alcuni personaggi della mitologia indù, dotati di una conoscenza innata dei Veda. Quando devono imparare a cantare, gli uccelli di alcune specie imparano dai genitori. Il pettirosso inglese canta pochissimo mentre aiuta la sua compagna a tener calde le uova e a nutrire i piccoli che nascono da queste. Ma non appena i piccoli iniziano a imparare a volare, esso prorompe in un canto che dura alcune settimane. Può darsi che si tratti solo di una espressione di orgoglio paterno, però offre comunque ai piccoli la possibilità di imparare dal padre. Altri uccelli non lo fanno sin quasi all'età di un anno, quando imparano dagli altri maschi. Per allevare i giovani uccelli sino all'età di un anno ci vogliono una uccelliera, dove possano svolazzare, e una grande dedizione. Quest'ultima~ comunissima tra gli indiani, ma più tra gli analfabeti che tra 1 biologi. Se mi stabilirò definitivamente in India, spero di continuare a studiare quella branca quasi non-violenta della biologia che è la genetica animale. Se, per esempio, volessi allevare anatre,le condizioni in molte zone dell'India, compresa gran parte del Bengala occidentale, sarebbero ideali. <:>ccorrer~bbe ~ella rete metallica per impedire gli accoppiamenti non des1d~rab, e_forse una bilancia un metro a nastro, e una carta dei colon, ma nient'altro. o'vviamente ci vorrebbe un terreno con piccole vasche, una certa quantità di cibo, ma soprattutto servi~ebbedel ~rsooale che si prendesse cura degli animali con la I?ass~~ atteDZIO~,U lavoro di questo genere produrrebbe molb dati mteres biologia e farebbe probabilmente aumentare la
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