Danzava sempre più in fretta, piegandosi, rialzandosi, avanti e indietro per il cortile,in preda all'eccitamento. "Si è fatta donna - e un bagliore le riempi gli occhi - da bimba che era, discesa da Dio - il respiro si fece più affannoso e ansimante - è una storia vera; discese da Dio e venne qui a stare, dannata città - volteggiò adestra e poi velocemente in avanti -sol da dimenticare. Poi vide un uomo da perder la testa, lo dice davvero lei perse la ... Uno, due, unisci, piega- La sfama, la cura, l'ha presa in moglie, le riempie la vita, ha sempre le doglie ..." Ruotò le braccia selvaggiamente e si lanciò nel vortice della danza: dimenava il corpo, un passo dopo l'altro, sempre più in fretta, univa, piegava, alzava le gambe girando e rigirando intorno al cortile emuovendosi all'impazzata con la fronte gocciolante e le guance infuocate, percorse da rivoli di sudore .... Era esausta, le gambe cominciavano a farle male e il cuore le batteva forte, cosi forte da non riuscire più a respirare ...Inciampava continuamente e non poteva quasi più piegar le gambe; i movimenti si facevano sempre più goffi e a stento riusciva a mantenere l'equilibrio e a non cadere ....Decisa a non smettere, tese i muscoli in una lotta selvaggia con il proprio corpo per seguire il ritmo sfrenato e folle della canzone che cantava e danzò, col respiro ansimante, muovendo le gambe, oscillando il corpo, battendo i piedi e non togliendo mai lo sguardo dalla stella." ....Riapro la gabbia e dimentico il velo, dimentico tutto e se sono in vena le stelle son luci e le nubi la scena-a-a-a." Le ginocchia cominciavano a cedere. Sentì una fitta acuta alle gambe ... un dolore sordo mordeva le reni. Ormai riusciva solo più a trascinare i piedi, dondolando qui e là per il cortile, ma continuava a guardare la stella spostarsi su e giù , a destra e a sinistra, seguendo i suoi movimenti. Si sentiva senza forze, come se tutta l'energia fosse uscita da lei. Il canto si trasformò in un mormorio, un mormorio sempre più lieve e senza vita tra i sussulti affannosi del respiro. Poi, esausta, cadde in ginocchio al centro del cortile e si appoggiò pesantemente al paletto di legno che reggeva il tubo dell'acqua. El' acqua continuava pigramente ad uscire, a riempire il secchio, a defluire ai lati e a scomparire giù per lo scarico. Stette lì per un po', sopraffatta dalla stanchezza in mezzo al cortile lastricato, la testa a ciondoloni, una spalla appoggiata al paletto e il corpo ricurvo come un ricciolo sulle ginocchia. E tutt'intorno sempre loro: quelle puttane di case, soffocanti, oziose, tenute su dal lerciume. Allungò la mano destra e la mise sotto il filo dell'acqua, formando così una cascatella che si buttava nel secchio. Poi, fu attirata dal timido gorgoglio dell'acqua risucchiata dalla griglia di scarico .... Uno dei suoi bimbi aveva fatto un simile gorgoglio prima di andarsene.Dov'era adesso? Su, su, in alto, da qualche parte, volteggiando in paradiso o magari dietro quella dannata stella. Stella bastarda, stella maledetta. Non voglio più guardarla, mai più. Marcisca pure, marcisca, marcisca in cielo .... No, non doveva bestemmiare contro le stelle, era una cosa pericolosa ... nessuno poteva sapere quanto fossero vicine a Dio le stelle ... forse erano le insegne degli angeli benedetti .... Che cosa sciocca da fare, ma lei faceva sempre cose sciocche .... Forse erano gli anelli nelle dita di Dio ... potesse averne uno per impegnarlo .... Pensa un po' andare da Lowry con STORIE/O'CASEY Suonatrice ambulante a Dublino in una foto di Ermanno Rea (da "L'Illustrazione Italiana" n.87, 1960) una stella nel cestino! Tirarla fuori, posarla sul bancone e chiedere a Sammy quanto le avrebbe dato in cambio. Oh no, doveva cercare di allontanare dalla mente questi pensieri empi. Lentamente e di mala voglia si ricompose e piano piano cominciò a tirarsi su. Chiuse il rubinetto, fermando così il filo di gocce che scendeva ed inclinò il secchio strapieno per far uscir fuori un po' d'acqua. Poi si chinò a raccogliere la gonna caduta durante la danza e se la buttò sulle spalle, prese il secchio con la mano destra, attraversò barcollando il cortile, sollevò ilchiavistello della porta ed entrò nell'oscurità dell'androne: Brancolò nel buio, seguendo il muro con le dita per trovar la strada. I suoi polmoni, abituati all'aria fresca e frizzante del cortile, potevano sentirne la diversa densità al chiuso: era aria calda, umana, spessa, inspirata ed espirata dai quarantacinque corpi respiranti che vivevano lì. Finalmente la mano raggiunse la ringhiera dell~ scale e, afferrato il mancorrente, salì la prima rampa, svoltò, salì la seconda, attraversò il pianerottolo e avanti così .... Poi il piede scivolò su qualcosa di molle e limaccioso. Maledetto branco di JX?rci! Qualche bimbo doveva averla fatta per le scale e ness~no s1e~ preoccupato di pulire. Salì a fatica fino al quarto piano. Qui appoggiò il secchio a terra e fece una pausa per respirare. Non riusciva più a stare in piedi, si sentiva la gambe calde e
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==