Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

SAGGI/O'CASEY la sua durata, non ho pensato e parlato d'altro; ho rimuginato, mi sono meravigliato e sono rimasto stupefatto. A Dublino, ho parlato della Grande guerra con gli amici che venivano a trovarmi e con gli amici quando andavo io da loro. Ho parlato della Grande guerra e delle sue terribili conseguenze con Lady Gregory quando sono stato a Coole. Ho parlato della Grande guerra con il dottor Pilger, lo specialista di tumori a Dublino che è stato medico al fronte. Soltanto una settimana prima dell'arrivo della tua lettera, ne parlavo con un chirurgo. E tuttavia, tu.dici che io non sono interessato alla Grande guerra. Mi vuoi dire allora il nome e l'indirizzo di quell'essere umano che, avendo occhi per vedere, orecchie per sentire e mani per toccare, non sia stato interessato alla Grande guerra? Mi dispiace, ma la tua affermazione (per quanto mi riguarda) oltre che rozza è anche sciocca. Tu dici: "Non sei mai stato sui campi di battaglia". Credi davvero che non si dovrebbe o potrebbe scrivere o parlare della guerra se non si è stati sui campi di battaglia ? Lo pensavi davvero quando lo hai dettato - lo pensi davvero adesso ? È stato ad Azio o a Filippi, Shakespeare ? E G.B. Shaw, è stato davvero sulle navi con i francesi, o nelle fortezze inglesi, quando Santa Giovanna e Dunois lanciarono l'attacco che liberò Orleans ? E qualcuno, mi pare, ha scritto un poema su Tir nan nog senza avere mai messo piede nella Terra della Giovinezza. E la guerra, è fatta solo di campi di battaglia ? Ho invece visitato certi reparti negli ospedali. Ho parlato, passeggiato, fumato e cantato con i feriti vestiti di blu appena tornati dal fronte. Sono stato con quelli senza braccia, senza gambe, con i ciechi, con quelli avvelenati dai gas e con quelli che soffrono di psicosi traumatica; con uno che aveva avuto la testa perforata da uno shrapnel e procedeva a zig zag per giungere al punto desiderato; con uno la cui testa oscillava come un pendolo impazzito. Hai conosciuto "Pantosser", gli hai mai parlato ? Hai mai osservato le sue divertenti e terribili bizzarrie o prestato ascolto al gorgoglio dei suoi pensieri insensati ? No? Ah, è un peccato che tu non abbia mai visto "Pantosser" e non gli abbia mai parlato ... E la guerra, è fatta solo di reparti ospedalieri e di campi di battaglia? Dici: "Le tue opinioni sono illustrate da una serie di scene quasi giustapposte, come in un articolo di fondo". Non so molto di articoli di fondo, anche se forse li leggevo quando ero poco più che un bambino, perciò non riesco affatto a capire cosa vuoi dire. (...) Ho riflettuto a lungo sull'espressione "la storia del mondo deve ridursi a carta da parati" e non riesco a trovarvi se non la grandiosità pretenziosa di una frase pretenziosa. Ti ringrazio per il consiglio, per pura educazione, ma devo evitare persino il tentativo. È proprio quello che, secondo me, (ecco un'altra opinione sventurata), sta cercando di fare la gran parte dei drammaturghi dell' Abbey - costruendo piccoli mondi di carta da parati e nascondendovi dietro la vita che avanza a grandi passi. Purtroppo, non riesco a entrare in sintonia con il senso di importanza che attribuisci al "personaggio principale". Dio mi perdoni, ma è come se tu avessi letto l'opera furtivamente, tormentandoti alla ricerca di un personaggio. Ebbene, conta di più un personaggio dominante o l'opera? Con La tazza d'argento, hai un'opera originale che prevale su tutti i personaggi. Ricordo di aver parlato con Lady Gregory dell'Aratro e le stelle prima che venisse messo in scena; ricordo che disse che L'aratro e le stelle forse non avrebbe avuto il successo di Giunone perché il dramma non aveva un personaggio dominante e penetrante come Giunone; tuttavia, L'aratro è un'opera migliore di Giunone e, se36 condo me, un'opera importante. La tazza d'argento, a causa o nonostante la mancanza di un personaggio dominante è migliore dell'Aratro e le stelle. E così, quando creo proprio quello che tu cerchi - qualcosa di unico - esclami: "Portate via questo vino, oh, portatelo via, e, per amor di Dio, portatemi un boccale di birra leggera". È giustissimo e facilissimo dire che "l'azione drammatica deve bruciare le opinioni dell'autore". Il migliore e unico modo per far questo è di bruciare l'autore stesso. Che cosa ricaviamo da una commedia che assomiglia tanto a un cammello quanto a una balena? È mai esistita una commedia, degna di questo nome, che non contenesse anche una, o due, o tre idee dell'autore? E l' Abbey ha messo in scena commedie piene zeppe delle idee degli autori - le commedie di Shaw, per esempio. Non ho la più pallida idea se sia stato Shakespeare a educare Amleto e Lear o Amleto e Lear a educare Shakespeare; penso che neanche tu lo sappia. Le tue affermazioni:" ... "unità psicologica e unità d'azione (...) l'azione drammatica è un fuoco che deve bruciare tutto fuorché se stessa (...) la storia del mondo deve trasformarsi in carta da parati davanti alla quale i personaggi si mettono in posa e parlano (...) quando un autore scrive, il suo compito consiste nel conoscere solo ciò che fa parte dell'azione ..." sono per me solo fantasmi volubili. Affermazioni che sono state fatte e continueranno a essere pronunciate fino alla fine dei tempi dai professori nelle scuole in cui si coltivi e si propaghi il dramma (stavo per dire il Vangelo). Ho tenuto queste creaturine fra le braccia migliaia di volte e le ho· trovate sempre uguali - cose insensate, senza vita, grinzose, che ti danno il voltastomaco solo a guardarle. Dici che dopo il primo e il secondo atto della Tazza d'argento non c'è nulla. Nulla, davvero? Nulla, nulla di nulla? Bene, dove non c'è nulla, dove non c'è nulla- c'è Dio .... Ti sarò grato se mi rispedirai il testo insieme con due righe di rifiuto formale. Con i migliori saluti. maggio 1928 3. Shaw a O'Casey Diavolo di un dramma! Chissà come colpirà il pubblico. L' Abbey avrebbe dovuto metterlo in scena, naturalmente, come sostiene giustamente Starkie - volenti o nolenti. Ma quelli che conoscevano tuo zio quando eri piccolo v·ogliono sempre correggerti gli esercizi; è stato questo ad offuscare il giudizio di persone solitamente competenti come Yeats e Lady Gregory. E tuttavia, sorprende come abbiano potuto sbagliare il bersaglio di tanto, considerata la loro mira ... Se Yeats avesse detto: "È troppo forte; non lo sopporto", sarebbe stato onesto .... Lo stesso Yeats, con tutta la straordinaria intelligenza e sottigliezza, che vengono fuori quando lo giudichi uno sciocco senz.a rimedio, e che lo abbandonano quando ti aspetti (in questo caso) che sia all'altezza della situazione, non è un uomo di questo mondo; se quando gli getti qualcosa di grosso, lo evita, non fargliene una colpa. Ne parleremo con calma al nostro prossimo incontro. Ciao, Titano 19 giugno 1928 da The letters of Sean O 'Casey a cura di David Krause, Londra, Cas ell, 1975.

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