Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

Il governo si dimetterebbe probabilmente se anche una sola delle taglienti frasi appena citate fuoriuscisse dalla bocca di un critico londinese. Non abbiamo nel teatro inglese un critico come Nathan, e ne abbiamo bisogno. Basta leggere alcuni dei suoi lavori -Testamento di un critico; L'arte della notte, La casa di Satana, Dopo lbsen, Il critico e il dramma, Un altro libro sul teatro Il teatrodel momento-per capire che nel teatro di Nathan, il sip;rio è sempre alzato, mentre in quello dei critici qui da noi il sipario è sempre abbassato. I critici da noi non osano essere vivi e attenti. Prendono i loro timidi pensieri da sacchettini d'erbe aromatiche. Ogni espressione schietta usata è subito coperta da un fronzolo. Scambiano l'eco lamentosa di una conchiglia per un tuono marino. Le loro critiche ci giungono su un vassoio di finto argento. Invece di colpire un'opera scadente con una bastonata sulla testa, le danno un buffetto sulla guancia con un guanto di velluto. Sono i sagrestani nel tempio del dramma, che accompagnano i fedeli al loro posto, con grazia. Sono i moderni groundlings, spettatori che vogliono solo essere divertiti. Di Shakespeare, naturalmente sono sicuri, poiché la tradizione li fa inginocchiare non appena Shakespeare compaia all'orizzonte. Spesso scambiano una pezza di taffetà fiammeggiante per il sole infuocato. "I ç;ritici- sostiene George Jean Nathan-sono in società artistica con l'artista stesso. Questi crea, quelli ricreano. Senza la critica, l'arte continuerebbe, naturalmente, ad essere arte, allo stesso modo in cui, con le finestre murate e le luci spente, il Louvre sarebbe sempre il Louvre". Giustissimo; ma il ronzio settimanale e quotidiano delle lodi elargite dai nostri critici a opere banali, piene di "autenticità" e di "esatta imitazione della realtà", come oche ripiene, sta solo aprendo le finestre murate, spalancando le porte e accendendo Ùn gran numero di lampade in un pollaio. LA TAZZA D'ARGENTO Un carteggio 1. Yeats a O'Casey Dal Teatro, per sbaglio, il tuo lavoro mi è stato inviato a Rapallo. È arrivato poco dopo la mia partenza ed è stato rispedito a Dublino. Ero ansioso di leggerlo e nutrivo grandi aspettative, non soltanto perché ammiro la tua opera, ma perché mi è impossibile dimenticare che l' Abbey ti deve la sua recente fortuna. Se non ci avessi portato i tuoi drammi in quel preciso momento, dubito che il teatro esisterebbe ancora. Ho letto e ammirato il primo atto; ho pensato che fosse il migliore fra i tuoi primi atti e ho detto a un amico che avevi superato te stesso. La notte dopo, ho letto il secondo e il terzo atto, e, la notte scorsa, il quarto. Mi sento triste e scoraggiato: non hai un tema. Prima, eri interessato alla guerra civile irlandese, e ogni parte di quei drammi è scritta sulla base della tua gioia di vivere e sul tuo senso del tragico; eri eccitato, e tutti noi abbiamo colto la tua eccitazione; eri esasperato oltre ogni limite per quello che avevi visto e udito, come lo è chiunque per quanto gli accade davanti a casa, e ci hai commosso, come Swift SAGGI/O'CASEY commosse i suoi contemporanei. Ma non sei mteressato alla Grande guerra; non sei mai stato sui campi di battaglia, non ne hai mai visitato gli ospedali e perciò scrivi basandoti sulle tue supposizioni. Queste supposizioni sono rappresentate con una serie di scene quasi giustapposte, come in un articolo di fondo; non c'è un personaggio che predomini, né un'azione principale, né unità psicologica, né unità d' azione;la tua grande forza,in passato, è stata la creazione di alcuni personaggi originali che dominavano tutto intorno a loro ed erano essi stessi l'impulso fondamentale di un'azione che riempiva il dramma dal principio alla fine. La stessa grandezza della guerra mondiale ti è stata d'impaccio: si è rifiutata di farsi semplice sfondo e si impone sulla scena come legna che non alimenta il fuoco drammatico. L'azione drammatica è un fuoco che brucia tutto tranne se stessa; in un dramma, non vi dovrebbe essere posto per quel che gli è estraneo; l'intera storia del mondo deve ridursi a carta da parati davanti alla quale i personaggi si mettono in posa e parlano. Tra le cose che l'azione drammatica deve bruciare vi sono le opinioni dell'autore: mentre scrive, egli deve attenersi solo a ciò che è parte di quell'azione. Credi forse che Shakespeare abbia educato Amleto e Lear comunicando loro i suoi pensieri e le sue idee? A mio modo di vedere, sono stati Amleto e Lear ad educare Shakespeare, e non dubito che in quel processo Shakespeare scoprì d'essere un uomo completamente diverso dall'opinione che egli aveva di sé, un uomo con principi affatto diversi. Un drammaturgo può aiutare i suoi personaggi ad ammaestrarlo studiando e riflettendo su tutto ciò che dà loro quella lingua alla quale tendono attraverso i suoi occhi e le sue mani, ma a loro spetta l'ultima parola, ed è per questo che gli antichi filosofi pensavano che il poeta e il drammaturgo fossero posseduti dal demone. Scrivere questa lettera mi costa (...) soprattutto perché non sono in grado di suggerire alcuna correzione. Dopo il primo atto, il dramma si fa troppo astratto;il secondo atto è un interessante esperimento tecnico, ma è troppo lungo rispetto ai materiali; e dopo, non c'è nulla. Posso immaginare quanto ti sia costato. Un buon canovaccio si scrive da solo: mette le parole in bocca ai suoi personaggi mentre dormiamo, ma un brutto canovaccio obbliga al più insostenibile degli sfurzi. Non vedo.soluzione all'infuori di un nuovo soggetto, qualcosa che tu hai trovato e che nessun giornalista ha mai trovato. Che cosa mai abbiamo a che fare, noi, con tutto ciò che non è unico? Attribuisci il dogmatismo di questa lettera ali' idiosincrasia dell'età e scusami. 20 aprile 1928 2. O'Casey a Yeats Non mi pare sia opportuno discutere se hai letto il mio dramma a Rapallo o a Dublino; prima o dopo aver letto il parere dell'altro direttore, o se l' Abbey mi deve o no la sua prosperità - sono cose senza importanza e per questo le spediremo fra le stelle. E, per il momento, manderemo in esilio "il dogmatismo e l'idiosincrasia dell'età" per esaminare la frotta di opinioni che hanno generato. Tu dici - e questa idea domina l'intero canto - che la Grande guerra non mi interessa. Ebbene, come puoi dire che non mi interessala Grande guerra ? Forse perché non te ne ho mai parlato. ConsiderQ la tua affermazione insolente e arrogante, perché ID interesse per la Grande guerra è stato, ed è, sempre ' ', ~ I, ,

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