Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

che si aggirava per l'Europa ancora nel 1848 non era altri che questo. Sandro Portelli, nel suo Il testo e la voce. Oralità, letteratura e democrazia in America (Manifestolibri 1992, L.28.000), prende le mosse da lì perché la figura letteraria del decapitato è sì "fondante per la letteratura americana," ma è anche una delle chiavi per I' interpretazione di quella cultura e di quel sistema politico. Per questo gli offre subito la possibilità di fissare ricorrenze e quindi di dare circolarità al suo discorso. Queste, a loro volta, fanno capire al lettore che il libro è una palestra; oppure, con una delle metafore più "americane" che ci siano, un viaggio alla scoperta di un territorio, la letteratura negli Stati Uniti. (I letterati, Portelli tra loro, possono dire sempre "America," mantenendo tutto il carico connotativo e l'ambiguità della parola; lo storico invece deve dire "Stati Uniti" e ricorrere a un corsivo per dire che sono tante le componenti culturali presenti in quel paese.) Il libro non è una storia della letteratura. Portelli si muove con grande libertà e rigore su tutto il terreno, limitato solo dalla propria insolita proposta di metodo, che ha per obiettivo principale l'estrarre la cifra particolare del rapporto tra oralità e scrittura nei vari casi. I movimenti dell'analisi sono dettati dalla possibilità di fissare analogie, associazioni tra opere e autori. Le figure-chiave interpretative e il metodo possono apparire inconciliabili con altri discorsi critici, in realtà ne sono il distillato - certo, però, non soltanto dei discorsi che tradizionalmente si assegnano alla letteratura. Infatti, Portelli usa anche la strumentazione dell'etno-antropo-musicologia, soprattutto, e poi della linguistica. Il suo discorso è per questo complesso, insolito e innovativo. Le sue chiavi schiudono porte nascoste, che rivelano nuove stanze e aprono a inattese prospettive. Opere e autori grandi e noti vengono messi in rapporti arditi tra loro e con altri meno noti o "extraletterari." I significanti vengono presi e messi in ordine sul terreno del significato. Oralità e scrittura, per Portelli, non sono metafore dell'appartenenza sociale e neppure modalità contrapposte, vicendevolmente esclusive, della comunicazione. Non appartengono, dunque, né a fasi storicamente successive, né a livelli gerarchicamente differenziati. Sono presenze costanti; anzi, sono "registri sociolinguistici disposti su un continuum fluido, come modalità di parola distinte e correlate che ciascun soggetto può usare a seconda delle circostanze." Siccome entrambe vivono "nei confini del linguaggio e delle sue leggi generali," esse sono sempre intrecciate e la parola nel romanzo - per dirla in termini bachtiniani - o nella poesia è sempre una parola che conserva tutto di sé. Si tratterà di vedere come, via via, l'intreccio si dà nei singoli casi. Tre grandi partizioni, corrispondenti a tre modelli sostanziali, ordinano il libro e il discorso: "Fondazione: la voce sotto il testo"; "La voce nel testo"; "Seconda fondazione: il testo sulla voce." Nella prima, "L'ombra non riconosciuta dell'oralità percorre e smuove legaranzie e certezze delle istituzioni e della scrit-, 26 I CONFRONTI I tura"; nella seconda è studiato "l'impatto dell'oralità sulla letteratura, in termini di composizione, mimesi e simbolismo"; l'ultima "segue il modo in cui, dall'età del realismo alla Depressione, all'era elettronica, le tecnologie della parola hanno tentato di ricostruirsi impadronendosi della voce." A cosa servono dunque quei due poli, a che serve muoversi nello spazio che essi delimitano? A produrre illuminazioni; come quando, per esempio, Portelli rapporta il "codice di interazione sociale" e "le forme del dialogo letterario" di Henry James e di Richard Wright: "Deduciamo, anche in assenza di didascalie, che i personaggi di Wright parlano con timbro, volume, velocità diversi da quelli di James," che "intonazione, volume, gesti sono dunque impliciti nel contesto sociale e nel relativo registro discorsivo orale." Oppure ad allargare il quadro: "Insieme a Shakespeare e la Bibbia ...anche il folklore, altra grande matrice di archetipi, confluisce nella figura di Ahab." Ma Melville non è un'eccezione, da lui "a Hawthome, da Mark Twain a Faulkner, il folklore è un ingrediente strutturale e tematico di grande rilievo nelle correnti centrali della letteratura americana." Strana ma vera Tuttavia, non basta affermare, bisogna anche far vedere. Ed è proprio qui che il "sincretismo" di Portelli riesce. Lungo i fili disciplinari diversi della sua analisi corrono elementi che provengono dalle aree culturali diverse cui gli autori hanno attinto e, come quei segni si fondono nelle opere, così i fili si intrecciano nel discorso critico. Il prodotto è un'analisi a volte schizzata, a volte delineata in dettaglio, che offre quasi sempre letture e interpretazioni suggestive. A volte, l'angolatura analitica è talmente aperta che l'occhio sembra scivolare sulla superficiedell' opera, ma più spesso la sua acutezza penetra in profondità. Quello di Portelli è un tour de force criticointerpretativo di grande rilievo. È qualitativamente diverso da ogni altro suo scritto precedente, ma proprio perché quel "tutto" è riunito e fuso per la prima volta: pratica "accademica" e attenzione "politica"; occhio e orecchio per le tradizioni colte tanto quanto per il folklore e la cultura di massa; rispetto per ogni tipo di fonte, orale o scritta, e di ogni comportamento culturale. È anche un discorso ancora in fieri, il cui impasto metodologico è destinato a ulteriori distillazioni, a raggiungere una trasparenza ancora maggiore. l'Americadi CoraghessanBoyle Marisa Caramella Nel 1977, a 28 anni, Thomas Coraghessan Boyle si lascia alle spalle la vita hippie e la cittadina di Peekskill, nella contea suburbana di Westchester, N.Y., e si trasferisce a Los Angeles, dove comincia a insegnare e a scrivere: tre romanzi e alcune raccolte di racconti in dieci anni. Water Music (1981) è la storia delle avventure africane di un esploratore del diciottesimo secolo di nome Mungo Park; Budding Prospects ( 1984) racconta le traversie di alcuni coltivatori di sinsimilla (una qualità di marijuana senza semi; molto pregiata) nelle colline della California settentrionale; World's End ( 1987) è una saga che copre l'arco di trecento anni e finisce con i "moti di Peekskill del 1949". I romanzi vengono apprezzati dalla critica e, nonostante l'attenzione del pubblico negli anni Ottanta sia monopolizzata dai giovani scrittori celebratori del microcosmo familiare e della sua crisi, Boyle si conquista una schiera di lettori fedeli, che cresce con regolarità, la pubblicità è affidata al tam tam del passa parola, e di Boy le si sa praticamente solo quello che dice la faccia ritratta sul risvolto di copertina dei libri: l'espressione è quasi minacciosa, il sorriso assente dal volto affilato, pallido. I capelli crespi e rossicci, il pizzetto mefistofelico, il doppio orecchino al lobo forato e la cravatta a stringa con patacca d'argento, parlano di passato anarchico e di vita vissuta senza . rete. Boyle ritiene che "il posto dello scrittore sia a casa, a seri vere", e rifiuta i tour di conferenze e le apparizioni televisive, le interviste e i viaggi di promozione all'estero. Ma nel (989 le storie di Se il fiume fosse whiskey (pubblicate in Italia da Bompiani un anno dopo) circolarono, riassunte, di bocca in bocca, e il piccolo fenomeno di culto si allarga. C'è quella di un uomo che si innamora di una salutista a oltranza e per fare l'amore è costretto a indossare un "preservativo totale", una guaina di plastica che impedisce qualunque contat-

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