Linea d'ombra - anno X - n. 77 - dicembre 1992

26 VISTA DALLA LUNA Paolo Giovannetti (Milano 1958) insegnante, ha pubblicato saggi sulla canzone d'autore e sulla poesia e la metrica italiana del Novecento. inchina alle mamme e ai papà. Li chiama in causa non in quanto cittadini, ma in quanto tutori del proprio figlio, a ciascuno il suo: ben sapendo che chiunque, se considerato in quanto genitore, non {?UÒ che dare "volente o nolent~" il p~ggio di _sé. E su riti come questo che vivacchia ormai da decenni la scuola italiana; su questo modello di relazioni vuote, di comunicazione pleonastiche, di complicità protettive e punitive che traducono di fatto in ambito scolastico la peggior tradizione relazionale del cattolicesimo romano. Eppure nessuno osa andare controcorrente, rifiutarsi al gioco, dire le cose come stanno. E non solo a causa della vischiosità dei luoghi comuni. Nella scuola italiana ce ne sono molti, e nessun movimento di insegnanti "democratici" o di studenti "critici" li ha mai messi in discussione: il luogo comune de!Ja "continuità didattica" (chi ha detto che stare a contatto per cinque anni con gli stessi insegnanti sia un bene? e che sia preferibile al cambio continuo di metodi e di strategie?), quello dell'esperienza e dell'anziaLibri per la scuola DENTRO LA SCUOLA nità di servizio (come se non si sapesse da tempo che gli unici insegnanti che val la pena di avere sono quelli ancora entusiasti al primo e al secondo anno di insegnamento, giacché già dal terzo anno quasi tutti si adagiano nella routine), o quello sempre più auspicato della "contiguità culturale" fra insegnanti e allievi (come se non si sapesse che i risultati migliori si raggiungono con l'incontro e lo scontro di culture diverse). Far saltare questi luoghi comuni rifiutandosi di "ricevere i parenti", o di intervenire a scuola col ruolo di genitori, favorendo le discontinuità didattiche o gli insegnamenti precari e "pro tempore", valorizzando le esperienze di ibridazioni e di "meticciato" linguistico e culturale - sono tra i piccoli gesti possibili qui ed ora, per rendere l'aria della scuola un po' più respirabile. Per ricominciare a pensare. E per sottrarre l'insegnamento al controllo delle mamme. Giacché com'è noto, in Italia di mamme non ce n'è mai una sola. Purtroppo. o una scuola per i libri? Paolo Giovannetti Per iniziativa di sigle sindacali non confederali, la primavera scorsa nel mondo della scuola è comparso un nuovo tipo di agitazione: il blocco dell'adozione dei libri. Si tratta d'uno sciopero mediante il quale gli insegnanti si rifiutano sia di confermare l'utilizzo dei volumi scolastici impiegati l'anno precedente, sia di proporre nuovi titoli. Si crea così, almeno nelle intenzioni, un vuoto pneumatico librario: che vorrebbe penalizzare la Confindustria, colpevole di chiedere per la scuola solo una politica di tagli della spesa e di licenziamenti. E in effetti, per quanto mi è dato sapere, al momento attuale (luglio 1992) le case editrici appaiono in difficoltà di fronte a un mercato che si prospetta affatto aleatorio, essendo quasi impossibile stabilire le tirature di volumi che potrebbero, indifferentemente, rivelarsi degli insuccessi brucianti o dei cospicui successi. Ma il dato davvero sconcertante, in una simile vicenda, è la totale subalternità del Ministero della pubblica istruzione agli interessi degli editori. Le normative vigenti, infatti, non prescrivono in maniera perentoria di utilizzare a scuola libri pubblicati da ditte registrate come case editrici a tutti gli effetti; e in pratica non è da escludersi l'impiego di sussidi prodotti dagli stessi istituti (purché, beninteso, essi non vadano ad arricchire le tasche di singoli insegnanti, ovvero violino le leggi in materia di diritto d'autore). Cionondimeno, gli organi preposti hanno disperatamente cercato di imporre ai Collegi dei docenti (cui spettano le delibere sulla materia) di adottare comunque i testi scolastici tradizionalmente intesi. Perfortuna, però, con un po' di astuzia molte scuole sono riuscite a dribblare il Diktat ministeriale; e almeno fino a settembre l'anomalo blocco continuerà resistere. Insomma, proprio un istruttivo intreccio fra stato e capitale, che dovrebbe ingolosire qualsiasi teorico di cose marxiste, e che tuttavia non mi pare abbia suscitato alcuna reazione, alcun dibattito - anche solo politico-sindacale - di un certo rilievo. (E comunque, che la situazione sia a dir poco scandalosa, lo ha indirettamente confermato un noto estremista quale Tullio De Mauro, il quale, in una serie d'interventi pubblicati su quotidiani, ha violentemente criticato il fatto che la Confindustria da un lato auspichi una scuola più efficiente, e dall'altro si ostini a chiedere che lo stato riduca gli investimenti nel settore, e licenzi una parte del corpo insegnante: ma i due obiettivi-ce lo spiega un pensiero non certo marxista ma appena un po' razionalista e pragmatico- sono in lieve contraddizione reciproca ...).

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