Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

SAGGI/GASS La poesia, se ritorna, non ce lafarà pagare. No. Non ci manderà a morte o in prigione, e neppure via, come hanno fatto con lei, in maniera così desolante. Ci farà, semplicemente, vergognare. problema (devi chiamarlo tu? chiamerà lei o no? gli piace più la chitarra elettrica o il basso d'accompagnamento? come preferisce che mi esprima, a gesso o a matita?), cercate di porvi queste domande come le immagini fuggenti che in tanti dicono di amare perché sarà questa - dicono - la nuova ondata del futuro. Ripensate a una cosa qualsiasi. Cominciate da quelle più piccole. Conti.nuate nel modo più elementare. Ma provate ad abbozzare qualcosa. Se sappiamo leggere, ci si aspetta da noi che siamo anche in grado di scrivere, o, comunque, di scrivere a macchina. Quanti di noi, nella nostra era specializzata in riprese filmate, riescono a fare una foto veramente bella, a copiare un volto dipinto, a dar forma a un'immagine interessante con un mezzo qualsiasi, a leggere un lucido, a decifrare una carta geografica, a tracciare una serie di planimetrie architettoniche, o anche solo a seguire le frecce giuste per prendere un treno suburbano? Se questa è un'era visiva, perché il nostro grado di cultura visiva è vicino allo zero? Non riusciamo nemmeno a fare uno scarabocchio con una certa maestria. Potremmo dire di Saturno che inghiottì i figli, e li mandò al1' inferno che era dentro di lui. Perché per molte delle sue vittime, l'esilio è una condizione spirituale, e non solo geografica. Questo è quanto intendevano molti scrittori americani nei primi due decenni del secolo quando si autodefinivano esuli, senza voler darsi con questo solo una posa. Gertrude Stein disse che quando l'espansionismo americano avrebbe raggiunto il Pacifico, non restava altro posto dove andare se non "a est della mente". E nella mente andammo. Allora spedimmo i nostri bagagli a ovest degli Stati Uniti, a Parigi. Il vero problema non era dove passare il nostro esilio. James Baldwin non fu mandato in esilio in Francia. Il suo esilio cominciò prima che fosse nato, quando il buio delle origini di noi tutti gli scurì la pelle. L'espressione "esilio spirituale" è naturalmente soltanto una metafora ma una metafora significativa dal momento che ci sono moltissime persone per cui l'esilio è solo una punizione pro forma: perché si trovano bene e hanno trovato una dimora felice nella loro patria d'adozione. "Alienazione" descrive abbastanza bene la condizione mentale e affetti va che rappresenta il contenuto profondo dell'esilio effettivo e materiale. Anche se l' alienazione può essere reciproca, come spesso accade nelle coppie sposate,è spesso solitaria come la masturbazione. I cittadini possono alienarsi dal loro governo senza che la nazione ne risenta. L'incapacità di accorgersi di questa separazione fa spesso parte del meccanismo. Tuttavia, essere indifferenti a qualcuno o a qualcosa non significa che in passato si siano avute sensazioni diverse, o che si debba continuare a stare in lutto. "Alienazione" non è più in voga come termine filosofico, per questo vale forse la pena di recuperarlo, anche solo per un momento. Cosa c'è di più familiare della propria faccia-quella lì dentro lo specchio, la faccia che ti stai sbarbando. E cosa c'è dietro la testa? C'è un muro che non hai mai visto, un muro inventato dallo specchio, e anche la testa ora vacilla sul collo, come se stesse sott'acqua. Ricordati che impressione ti ha fatto tornare dopo tanti anni al liceo della tua giovinezza: come era diventata stretta l'entrata; com'erano sbrecciate le serrande; com'erano sinistre le serrature - di un verde olioso, e sformate. La realtà e i ricordi che non erano allora in sintonia, lo sono ancora adesso. Il movimento del rasoio sul viso, la raschiatura della lama, la 92 crema da barba spostata qua e là come schiuma su un pavimento, sono passati dal grottesco al surreale. Il modo in cui funziona la maniglia di una porta è inspiegabile. Le maniglie delle porte dovrebbero essere facili da usare. Ci aspettiamo che solo i bidet mantengano un che di misterioso. Ma mentre l'alienazione si acquatta sui nostri animi come una nebbia, meccanismi e relazioni peculiari ci mettono di fronte, senza di fatto alterarli, a punti di riferimento diversi, le cui funzioni cambiano, la cui essenza si perde.Cominciamo ad avvertire un senso di intima diffidenza, ogni cosa diventa un ostacolo, e ci pone interrogativi che non comprendiamo. Diamo alla nostra volontà gli stessi vecchi ordini, ma il nostro corpo inciampa nelle cose come se fossimo ciechi; dimentichiamo perfino come si fa a starnutire. Al tempo stesso, però, come vediamo distintamente, in maniera più limpida e lucida! perché abbiamo smesso di conoscere da tempo ogni cosa che credevamo di sapere: e cioè che la bandiera è sacra, che la bandiera ha sempre sventolato, che i preti, i presidenti e i poeti sono sempre degni di rispetto. E adesso i muri del bagno ci lasciano sconcertati; come pure la voce di nostra moglie che dice di nuovo "no" - un suono che somiglia all'improvviso al raschiare del rasoio. Forse per la prima volta udiamo il gorgoglìo dell'acqua che scende lungo il tubo di scolo- giù nel tubo come il congedo di ogni speranza. In un batter d'occhio, mettiamo un Duchamp qui, un altro là, fino a trovarci di fronte a un mondo pieno di oggetti familiari straniati. Abbiamo passato una vita intera a rendere le cose parte di noi stessi, a costruirci, come si suol dire, una seconda pelle: abbiamo imparato a camminare, a parlare, ad andare in bicicletta, ad aprire serrature, a guastar feste, a ballare il fandango, a lavare piatti, a spalare neve, a nuotare, a fare il nostro lavoro, ad accendere, a spegnere, ad andare in bagno, a umiliarci per acquisire potere. Ci sentivamo a casa, sani e al sicuro nei nostri quartieri, fino al giorno in cui ci hanno saccheggiato la casa, ci hanno rubato il portafoglio, e sono arrivati i pakistani. Così adesso andiamo in giro con un cane feroce. Ci sentivamo a casa nel nostro giardino con piscina finché qualcuno non vi ha rovesciato dentro un secchio di pittura, finché i ragazzini non hanno preso l'abitudine di andarci a nuotare nudi nel cuore della notte, finché non ci è annegato uno scoiattolo. Ci sentivamo a casa nella nostra casa, tutta verniciata e rivestita in chintz, finché i ragazzi non hanno portato i loro rumorosi amici punk in cantina, finché il cane ha cominciato a cacare in un angolo, i ladri a rapinarci, e la moglie a smettere di fare il letto. Ci sentivamo a casa nella nostra pelle finché non siamo invecchiati, finché non ci siamo inflacciditi, ingrassati, ed è stato allora che ogni mattina è spuntato allo specchio quello straniero con gli occhi orlati di rosso, e con la barba ispida come un campo incolto grigio di grandine. Poi gli stranieri hanno invaso il nostro bel pezzo di spazio pubblico privatizzato con le mani tese e gli occhi sgranati. Poi gli stranieri si sono fatti troppo vicini in metropolitana, e si sono seduti accanto a noi con posti a sedere vuoti su entrambi i lati. Così adesso arriviamo diffidenti al porto dei nostri occhi, e ci aggiriamo, anche quando siamo soli, ben nascosti dentro noi stessi come un seme in una zucca, proteggendoci da ogni cosa che abbia una certa consistenza, soprattutto da ogni contatto, come facevamo sempre nell'ora di punta, per non sentirci toccati quando siamo stipati come lattine in metropolitana.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==