in atto nella società del benessere. Questa tendenza è rivelata da comportamenti passivi o direttamente asociali che vengono alla luce nelle democrazie occidentali, comportamenti che gli autori considerano come una reazione alla mancata realizzazione delle potenzialità del singolo nella società. Anziché soddisfare i bisogni naturali dell'uomo, le società liberalistiche tendono a privilegiare uno sviluppo artificiale dell'apparato produttivo, incrementato dalla creazione di necessità fittizie. Da queste premesse critiche, gli autori sviluppano un dettagliato programma per la creazione di una democrazia che non si basi su meccanismi economici o interessi di potere, ma sul rispetto del valore etico del singolo. Ragnarok 1982 (Il crepuscolo degli dei) è l'opera di S~rensen, che ha riscontrato un maggior successo di pubblico. Ispirato alle saghe islandesi dello Snorri e alla rivisitazione di queste, operata dal Grundtvig nel secolo scorso, il racconto illustra le disastrose cons~guenze del conflitto che contrappone gli asi ai giganti. Il tentativo di questi ultimi di legarsi agli asi attraverso una serie di "matrimoni misti", indica la consapevolezza della necessità di integrazione tra i due gruppi quale presupposto per una pacifica coesistenza. La crescente ostilità degli dei, basata sulla paura di perdere la propria posizione di predominio nei confronti dei giganti rende impossibile il raggiungimento_di un qualsiasi compromesso e porta alla distruzione totale. Alla drammatica conclusione di Ragnarok si oppone un'altra opera di ispirazione mitologicaApollons opr1/Jr 1989 (La rivolta di Apollo). La ribellione del dio non è dettata dal desiderio di strappare a Zeus la sua posizione di predominio sugli dei olimpici e sugli uomini ma è, al contrario, una reazione a questo innaturale equilibrio di potere. La riuscita di questa pacifica rivolta è quindi legata iridissolubilmente alla presa di coscienza degli uomini, della possibilità di decidere, responsabilmente, del proprio destino e di sottrarsi così alla capricciosa e violenta volontà degli dei, che assume proporzioni catastrofiche nel terribile conflitto troiano. L'istituzione dell'oracolo di Delfi diviene perciò il simbolo stesso della rivolta del dio; nell'interpretare i sibillini oracoli, l'uomo si rende responsabile delle proprie scelte e padrone della propria esistenza; la rivolta apollinea coincide metaforicamente con la liberazione dell'umanità. Tra le più recenti pubblicazioni di S~rensen, è importante ricordare la trilogia dei diari: Till~b 1988 (Rincorsa), Forl~b 1990(Svolgi mento), il terzo volume è in preparazione; una piacevole lettura, oltre che indispensabile strumento di studio per la comprensione dello sviluppo personale e artistico dello scrittore. Villy S~rensen ha inoltre curato la traduzione di diverse opere straniere, tra le più interessanti: Hermann Broch: Die Schuldlosen (1960), Seneca: De ira, De clementia, De tranquillitate animi ( 1976), Erasmo da Rotterdam: Encomion Moriae ( 1979), Richard Wagner: Kunst og revolutionen ( 1983). I CONDANNATI A MORTE Nonostante il nostro tentativo di rivolta fosse fallito, fummo tutti condannati a giustiziarci a vicenda. Non ci era stato concesso di fare domande, altrimenti avremmo chiesto cosa sarebbe accaduto a chi fosse vissuto più a lungo. Gli sarebbe stato concesso il permesso di sopravvivere, per aver contribuito all'esecuzione di così tanti nemici della società? Era proprio la possibilità di sopravvivenza infatti, che rendeva tutti riluttanti nel lasciarci uccidere per primi. Eravamo stati tutti amici intimi, non ci sarebbe stato possibile, STORIE/SORENSEN altrimenti, restare uniti così a lungo. Avevamo lottato per la vita, convinti che uccidere fosse disumano. Avevamo lottato per la libertà, credendo - come deve necessariamente credere ogni uomo libero - che noi stessi fossimo colpevoli delle nostre sventure: se non avessimo avuto dei punti deboli, non ci avrebbero potuto colpire. Io ero la mente filosofica del gruppo, mentre siedevamo in cerchio attorno alla sedia elettrica, affermai che se qualcuno non era stato reàlmente spinto da intenti rivoluzionari, ma aveva pensato solo al proprio interesse, non sòlo era colpevole agli occhi delle autorità ma anche ai nostri. I più abbassarono gli occhi. C'era solo una donna fra di noi, perché raramente le donne sono tanto ribelli quanto gli uomini. Due uomini erano così giovani da potersi definire dei ragazzi. Due uomini dissero che spettava alle donne e ai bambini vivere il più a lungo possibile. Noi altri replicammo che nel movimento non ci sarebbe dovuto essere posto per donne e bambini. La donna, con la sua logica femminile, pensava che saremmo dovuti restare uniti fino alla fine. Alcuni risero, ma uno dei ragazzi scoppiò in lacrime e più profondo si faceva il nostro silenzio più convulso si faceva il suo pianto. Lo uccidemmo per primo, perché non sta bene che un ribelle pianga per la propria vita. Quello tuttavia lottò coraggiosamente fino ali' ultimo, e per lo sforzo restammo a lungo senza fiato, ammutoliti. Poi ci alzammo, per rimuovere il suo corpo dalla sedia elettrica. - Perché non restiamo uniti? - disse la donna, sul punto di scoppiare in lacrime. Un uomo parlò da uomo: - L'ordine di successione per i prossimi cinque è del tutto indifferente,Vita (che era la donna) dovrà vivere più a lungo. Un altro disse: - A nessuno di noi piace uccidere. Chi vivrà più a lungo avrà un vantaggio sugli altri. Lui o lei dovrà azionare l'apparato. Io ero però contrario a quel punto di vista: - Non abbiamo forse messo a repentaglio la nostra vita per lottare contro i carnefici? Allora perché proprio il carnefice dovrebbe sopravvivere? Perché uno dovrebbe essere più colpevole degli altri? Un quarto disse: - Dovremmo andare volontariamente incontro alla morte. Chi è più prossimo a morire è anche più prossimo a uccidere. Il ragazzo, gli disse, indicando la sedia elettrica: - Prego, prendi posto. Sarò io ad ucciderti. Tutti però rimasero seduti, Vita disse: - Perché non rifiutiamo di ucciderci a vicenda? Cos'altro potranno fare oltre ad ucciderci? - Ci tortureranno a morte - disse uno. Io affermai: - Il suicidio è più dignitoso dell'omicidio. Suicidandoci forse salveremo uno di noi. - Oh, chi vorrebbe essere salvato a queste condizioni? - disse Vita. Il ragazzo rise: - Chi non lo vorrebbe? Nessuno rispose, la sedia letale era vuota. Era necessario dire qualcosa, in linea di principio: - Non tutti abbiamo avuto delle chiare motivazioni nella lotta contro il sanguinario regime. Chi afferma che Vita dovrebbe sopravvivere, forse non ha altre motivazioni all'infuori di quella 75
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