Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

INCONTRI/BENEDEffl bisogna voltar le spalle alla politica, che la politica non interessa più, che è superata. In Spagna costoro vengono chiamati pasotas, quelli che superano tutto; è una moda, e si supererà anche questa, oggi le mode passano molto presto. La fine della storia secondo Fukuyama è stata una moda su cui molti erano d'acco.rdo, ma il crollo dei paesi dell'Est, la guerra del Golfo, tutto dimostra che la storia non è affatto finita. Nel mio ultimo libro dico in una poesia che sembra sia cominciato un secondo capitolo della storia. La storia non è finita, e naturalmente non sono finite neanche le ideologie e neanche le utopie. Puoi dire qualcosa del nuovo romanza che stai scrivendo? No, questa è l'unica superstizione che io rispetto: non anticipo niente su ciò che sto scrivendo, perché le poche volte che l'ho fatto mi sono trovato poi con dei fiaschi! Come lavori? Scrivo e correggo molto, ma cambia anche molto a seconda del genere. Elaboro i racconti nella mia testa per anni e ali' improvviso li scrivo in un fine-settimana. Molte volte li ho ben chiari in testa ma mi manca il titolo e mi manca la fine e non li scrivo finché non li ho trovati. La cosa che faccio più di frequente e più regolarmente è scrivere versi, il più soggettivo di tutti i generi e quello che mi piace di più, insieme al racconto. Ma con i racconti sono molto lento, il meno che ci metto è cinque anni! Si tratta di un genere molto difficile, ma che mi affascina sia come lettore che come scrittore, un genere estremamente seducente. Diceva Borges che se si scrivesse un romanzo con il rigore con il quale si deve scrivere un racconto sarebbe insopportabile perché i difetti che può avere un romanzo ne possono accrescere l'interesse, mentre il racconto è una struttura rigorosa, quasi matematica. Sarà per questo che ci metto tanto a scrivere e perché non mi piace mettere semplicemente insieme 20 racconti scritti in un determinato periodo e infilarli in un libro così, senza altro motivo. Anche un libro di racconti deve avere un filo conduttore. In Montevideanos c'era la città di Montevideo, in Cony sin nostalgia l'esilio, inlamuerte y otras sorpresas lamorte, in Geografias il ritorno dall'esilio. Invece in poesia il filo conduttore è la vita stessa dell'autore. Di romanzi ne ho scritti solo cinque. Ne leggo molti, ma la difficoltà maggiore a scriverne è per me la mancanza di un tempo continuato. Una poesia posso scriverla durante un viaggio in aereo, ma per un romanzo devo trovarmi nel mio ambiente, circondato dalle mie cose. Dal tempo di Cumpleafios de Juan Angela oggi sono passati molti anni. Cosa è cambiato nella tua poesia? Los cumpleanos de Juan Angel l'avevo pensato come un romanzo fantastico, perché in un solo giorno ci sono molti compleanni e il protagonista attraversa diverse età in sole 24 ore. Poi ali' improvviso mi venne un'illuminazione: "Non è un romanzo fantastico, è un'idea poetica, e se è un'idea poetica perché, invece di fame un romanzo, non la faccio in versi?" ... Fu una sfida tremenda, perché bisognava che restasse una narrazione, ma seguendo certe regole della poesia. Fu allora che avvertii più profondamente l'influenza di Vallejo, perché Vallejo faceva sempre a pugni con il dizionario, con le parole. Neruda seduceva 66 la parola, Vallejo invece la violentava, e quando non trovava la parola nel dizionario, se la inventava. Los cumpleanos è il libro in cui ho inventato più parole, ed è il libro più sperimentale. Venendo a oggi, io che ho sempre scritto in versi liberi ho derivato dalla collaborazione con i cantanti - che vogliono sempre la rima - un certo gusto per la rima, ma la maggior parte delle mie poesie continua ad essere in verso libero. Nell'ultimo libro, per esempio, ci sono molti sonetti. Ho usato una struttura così rigida con intenzioni umoristiche, burlandomi del suo rigore. Il tuo ultimo libro di poesia è segnato dalla solitudine. Oggi è un luogo comune dire che siamo molto soli. Che cos'è Las soledades de Babel? Guarda, credo che è come sempre un libro soggettivo. Siamo soli sempre, ma un~ volta le solitudini parlavano la stessa lingua, in alcuni momenti comunicavano tra loro e questo era la base dell'amore, dell'amicizia, della solidarietà. Ora ogni solitudine parla una lingua diversa, come sulla torre di Babele, e per questo è molto più difficile stabilire la comunicazione. Ne consegue un' eclisse della solidarietà in generale, non solo in poesia ma nelle relazioni umane. E questo provoca egoismo, provoca il postmodernismo. Tutto questo ha anche a che fare con lo sviluppo e l'ideologia del capitalismo, che si fonda sull'accentuazione dell'individualismo a danno del sociale e del collettivo. La brutta situazione economica in cui viviamo fa sì che non si possa utilizzare come si vuole il legittimo spazio dell'ozio. Questo spazio era una volta, nel nostro paese, un angolo per la comunicazione, per le riunioni famigliari, per la lettura, per gli spettacoli. Oggi c'è un' eclisse di questo spazio, e da questo risulta una minore comunicazione tra la gente. In Uruguay c'è molta letteratura di giovani, anche se non tutta ha la diffusione necessaria.Deriva anche dalfattoche chi controlla le pagine culturali accetta solo, in generale, chi è d'accordo con la sua linea. Cosa pensi della nuova letteratura uruguayana? C'è un gruppo di giovani che vuol confrontarsi con la generazione del '45 e con la successiva. Ci accusano un po' di tutto, ma ce ne sono altri che intendono differenziarsi per ciò che fanno e non per ciò che disfano. In Argentina per esempio c'è tutta una cultura sotterranea che cerca di offrire una proposta di tipo nuovo ... La generazione del '45 e quella successiva (Galeano, Cristina Rosi, Silvia Lego ...) hanno realizzato un'opera rilevante, e tra noi ci sono stati buoni rapporti, ci siamo criticati molto duramente, ma si trattava di rapporti che fluivano ... Cosa pensi della politica culturale e della diffusione della cultura nel nostro paese? Nella capitale si sta facendo qualcosa, ma le possibilità sono poche, per mancanza di denaro; pon parliamo poi del livello nazionale, perché allora per la cultura non si fa proprio niente.C'è un generale decadimento delle attività culturali: la gente legge molto meno, va meno a teatro, va meno al cinema ... inoltre è cresciuta la cultura del video e della televisione, è diminuita l'influenza che aveva una volta la critica letteraria ... Attraversiamo un'epoca di sconcerto, e però bisogna continuare a creare, in tutti i campi.

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