500 ANNI D'AMERICA Incontro con Mario Benedeffi a cura di Kintto Lucas traduzione di Saverio Esposito Mario Benedetti (Paso de los Toros, Uruguay 1920) è vissuto a lungo in esilio in Spagna, dove ancora vive parte dell'anno. Ha narrato la realtà metropolitana di Montevideo, con attenzione alle psicologie e al loro rapporto con iI contesto sociale e culturale e anche a quello politico. Si è affermato con le raccolte di racconti El ultimo viaje ( 1951) e Montevideanos (1959), con il romanzo La tregua (I 959, tradotto da Feltrinelli solo nel 1983), un piccolo gioiello della narrativa latinoamericana di ambiente urbano. Tra i suoi numerosi altri libri, ricordiamo ancora il romanzo Gracias por elfuego (1965), i racconti La muerte y otras sorpresas'(l968), i saggi Letras del continente mestizo (1967), le poesie Los cumpleanos de Jean Angel (1971), Poemas de otros (1974), Vientodel exilio ( 1983) eccetera. L'intervista che pubblichiamo è apparsa su "Palabra suelta", n. 15del 1992, che ringraziamo per averci permesso di tradurla. Siamo nell'anno del quinto centenario. Insieme ad altri intellettuali latino-americani, tu hai firmato una nota di rifiuto dei festeggiamenti che celebrano la conquista. I governi dell'America Latina dedicano molta attenzione all'anniversario perché c'è in gioco molto denaro e vogliono ritagliarsi una fetta dalla torta. L'arrivo di Colombo in America ha avuto senza dubbio un grande rilievo storico, perché ha reso il mondo più vasto. La conquista che è venuta dopo Colombo e ha causato la morte di circa settanta milioni di aborigeni, è una cosa che va studiata, ma non certo commemorata. A questo riguardo, io ho un atteggiamento molto critico. Si celebra la conquista, e non si ricordano neanche le poche cose difendibili della colonizzazione. Per esempio, quali? Per esempio le missioni dei gesuiti nel Paraguay. Grazie a loro (che ovviamente lo fecero come mezzo di propagazione della fede) il guaranì ebbe una grammatica, un linguaggio scritto, e per questo il Paraguay fu l'unico paese bilingue in tutta l'America Latina, e tutti i paraguayani parlano, oltre al castigliano, il guaranì. In Uruguay i gesuiti furono alleati di Artigas. Di Fray Bartolomé de las Casas non si parla... Questa sarebbe stata un'occasione propizia per affrontare un'autocritica sulle due sponde dell'Atlantico: non solo delle atrocità commesse dagli spagnoli ma anche dei massacri realizzati dopo l'indipendenza dai governi creoli. Nel nostro paese, in Uruguay, il genocidio fu portato a termine da un personaggio dell'Indipendenza come Bernabé Rivera; fatti simili avvennero altrove. Non si è dato conto neanche dei milioni di aborigeni morti di miseria, di . malattia, di fame, di scarsità dal giorno dell'Indipendenza fino a oggi. No, non c'è proprio niente da festeggiare. Lei vive sei mesi all'anno in Uruguay e sei in Spagna. Come viene visto in Spagna il quinto centenario? C'è una grande agitazione, in Spagna, per queste feste. Marni pare che ci si trovi di fronte a un doppio linguaggio: da un lato una grande retorica in rapporto all'America Latina e dall'altro una legge sugli stranieri che per i latino-americani è terribile. Mi si 64 racconta in continuazione di persone, con tanto di nome e cognome, soprattutto giovani, che vengono caricati su un aereo e rispediti a casa. In questo periodo c'è in generale un atteggiamento molto ostile nei confronti di chi viene dal Terzo Mondo, ma in particolare dei sudacas, come noi latino-americani veniamo chiamati. Con le macerie del muro di Berlino si sta costruendo il muro d'Europa, per non lasciar entrare "gli altri", che sono i "sudacas", i turchi, i maghrebini, i neri d'Africa, ecc. Tu sei comunque molto rispettato... oppure hai avvertito qualcheforma di discriminazione anche nei tuoi confronti, o nei confronti di altri scrittori latino-americani? Nel mio caso, no. Durante l'esilio, ho vissuto molti anni in Spagna, vi ho dato alle stampe molti libri e vi ho tenuto vari corsi universitari. Sì, vengo spesso attaccato, e ho affrontato molte polemiche, ma non direi che ci sia stato in esse qualcosa di personale. Nei mezzi di comunicazione si parla molto molto poco della letteratura latino-americana, o dei cantanti latino-americani, o degli artisti in generale. Il boom dell'America Latina, oggi è morto e sepolto. L'unica cosa che conta oggi è il romanzo spagnolo. Vogliono per la grande vetrina del '92 un grande romanzo spagnolo, e allora pubblicano qualsiasi cosa uno spagnolo si metta in mente di scrivere. Con questa mancanza di discriminazione fanno gravi danni ai buoni romanzieri spagnoli. Un altro modo in cui si annulla quello che non è spagnolo? Porto un esempio personale, il mio Inventario ha avuto otto edizioni e in Spagna non ne è mai apparsa una sola recensione, fosse favorevole o contraria, si è preferito dimenticarlo.
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