Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

DALLA STORIA DEL 11 TRISTE" Prologo Sono nato a Buenos Aires nel 1947 nella clinica del Centro Gallego. Riporto questo particolare perché non è affatto secondario: è il primo dato di una biografia contrassegnata in tutti i suoi aspetti da quella che i documenti definiscono doppia nazionalità e che io ho vissuto come doppio amore, doppio dolore, doppia lotta e in definitiva come uno sradicamento quasi irrimediabile e una ossessione per il mistero della identità che ha caratterizzato la maggior parte della mia produzione intellettuale. Nei miei primi tre romanzi - Segundas personas, El viaje Espanol, Oscuras materias de la luz- ho affrontato da differenti punti di vista il problema dell'esilio e della condizione di senza patria. Il primo si incentra sul massiccio esodo avvenuto in Argentina negli anni Settanta. Il secondo narra il destino dei repubblicani spagnoli che lasciarono il paese nel 1939 e il loro ritorno o quello dei loro figli dopo la morte di Franco: è, per me, il lavoro autobiografico per eccellenza. Il terzo è una riflessione senza riferimenti geografici che si sviluppa attorno a una storia d'amore, sull'esistenza di chi è stato strappato al suo ambiente di origine e ha dovuto ricominciare da un'altra parte. In tutti e tre si conduce un discorso parallelo sulle relazioni tra politica emorale, storia e memoria, violenza e ribellione. Per completare il panorama dirò che i due romanzi successi vi alla Historia del Triste - La libertad de Italia e Territorios Vigilados - hanno una doppia ambientazione: Buenos Aires e Barcellona; e che i protagonisti sono spagnoli che trascorsero la giovinezza dall'altra parte dell'Atlantico. Nel mio primo saggio, che venne pubblicato quindici anni fa, mi sono occupato delle Politiche demografiche in America Latina e la tesi dottorale, che leggerò prossimamente a Barcellona, tratta de La popolazione del Rio de la Plata. Non racconto tutto questo per riassumere un curriculum, compito che spetta più alla quarta di copertina che al prologo di un libro, ma per spiegare ai miei lettori l'eccezionalità della Historia del Triste all'interno di una produzione contraddistinta in generale dall'ambiguità geografica. Crist6bal Artola, il Triste, non è solamente un personaggio di Buenos Aires ma è, in grande misura, una personificazione della sua città, che non può essere spiegata senza gli abitanti dei suoi sobborghi, come del resto questi non si spiegano senza tale contesto. Il Triste nacque in me come una risposta simultanea a due domande che, partendo dalla acuta consapevolezza della partecipazione dell'individuo alla Storia, si sovrapponevano: fino a che punto ogni uomo è conscio degli effetti delle proprie azioni sul destino generale? è come vivono gli altri la propria realtà storica? Crist6bal Artola è assolutamente altro dentro di me, il suo essere è totalmente differente dal mio, non condivido con lui nessun codice, e tuttavia non mi è estraneo: egli ha influito profondamente sul mio divenire; da marciapiedi opposti abbiamo STORIE/VllQUEZ RIAL condiviso gli stessi avvenimenti. Quando cominciai a scrivere il romanzo, ero sicuro che ciò che ci separava fosse la lucidità, la mia lucidità; sapevo che io stavo facendo la storia schierato dalla parte del progresso e credevo che lui, senza esserne cosciente, fosse schierato dalla parte opposta. Qunado terminai, le cose non mi risultavano più tanto chiare. In sintesi, né io ero più così convinto del mio ruolo e delle supposte verità in nome delle quali lo avevo svolto, né lui, il Triste, ignorava totalmente quali fossero le proprie funzioni. Tuttavia, continuava a persistere una distanza fra di noi: conscio del fatto che i miei passi come individuo si ripercuotevano sul cammino degli altri, mi ero impegnato a muoverli in una determinata direzione, deciso ad andare fino in fondo verso quello che io reputavo il bene generale; Crist6bal Artola nella misura in cui cominciava a capire le conseguenze delle sue mosse, optava per ridurle al minimo. A un certo punto della sua storia il Triste, per ragioni oscure perfino a se stesso, indirizza tutti i suoi sforzi a ottenere i propri mezzi di sussistenza con la minor quantità possibile di conseguenze per il resto degli uomini: un cammino come un altro verso la dignità. La città- non un insieme di edifici ma un posto e degli anni insostituibili - ossia la nostra epoca storica - proponeva ad entrambi le medesime contraddizioni. Lui le affrontava a modo suo secondo valori appresi fin dall'infanzia, legati, in particolar modo, a una concezione del lavoro ben diversa da quella che io, intellettuale della classe media altamente politicizzato, potevo avere: lui vendeva le sue capacità per sopravvivere, poco importava se chi le comprava lo facesse con un fine "onesto". lo mi sforzavo di comprendere le sue motivazioni. Mi ci volle molto per rendermi conto che anch'egli cercava di capire le mie. Non per generosità, ma per salvarsi. Del resto nemmeno io ero mosso dalla generosità, benché fossi convinto del contrario: come lui, volevo salvarmi. Per capirlo dovetti leggere nella sua esistenza, scrivere la sua storia, attaccarmi con tutto l'amore e con tutto l'odio di cui ero capace all'aria di Buenos Aires, ai rumori della memoria di Buenos Aires, alle sue cloache, ai suoi morti, alle sue prostitute, ai suoi assassini. Ero arrivato a scorgere, senza vane paure, l'abisso della morte. Però il mondo della tortura, del dolore fine a se stesso, inflitto da una mano umana, sfuggiva e continua a sfuggire alla mia comprensione. Benché Crist6bal Artola avesse fatto della morte il suo mestiere, si scontrava con le stesse assurdità con le quali io mi ero scontrato. Tornavamo a incontrarci in questo limite estremo. Per me, come per lui, lì aveva inizio la tragedia. Abitavamo nella stessa città e nello stesso mistero degli uomini che erano giunti fino a quel punto. Il mio viaggio terminava in Spagna e il suo sul mucchio delle vittime. In ogni istante ci univa la storia e ci separava l'estrazione sociale. lo credevo di stare scrivendo una storia al servizio della sua classe e lui viveva una storia al servizio della mia: entrambi ci eravamo posti al di fuori della logica dei fatti e dovevamo sparire. Sparimmo. Crist6bal Artola deve essere sepolto in una fossa comune da qualche parte nel sobborgo dove è cresciuto. lo non vivrò mai più a Buenos Aires. 59

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