.SAGGI/SAIR Fra Gombrowicz e Borges ci fu una cena catastrofica ... Gombrowicz esaltava l'immaturità e l'altro, Borges, smantellava con insistenza l'illusione dell'identità. eccessivo, di tipo reattivo, e l'adorazione, segreta o confessa, per la letteratura europea. "Al posto della parola Polonia, metta la parola Argentina", consiglia con decisione a Dominique de Roux nei suoi Entretiens (p. 68). Questo conflitto, in cui Gombrowicz identifica senza difficoltà il sintomo dell'immaturità e che nei due paesi ha origini storiche molto diverse, rappresenta probabilmente la tensione principale della letteratura argentina e ricorre in tutta la sua storia dall'apparire dei grandi testi fondatori nella prima metà del XIX secolo. Il lettore argentino può apprendere cose più essenziali sulla propria letteratura leggendo nel Diario di Gombrowicz i giudizi che si riferiscono alla letteratura polacca che nelle pagine veementi- e a volte convinte a priori di quello che apparentemente dovrebbero esaminare - di alcuni dei nostri storici della letteratura. Questa ambivalenza rispetto alla letteratura europea, mescolanza di distanza geografica e prossimità intellettuale, di rifiuto e fascinazione, benché non contribuisca a facilitare il compito dello scrittore argentino; presenta alcuni vantaggi indiscutibili, se si assume l'atteggiamento witoldiano per eccellenza, il punto di vista esterno: "J'avais quasiment la certitude que la révision de la forme européenne ne pouvait etre entreprise qu'à partire d'une position extra-européenne, de là où elle est plus lache e moins parfaite". (Entretiens, p. 82). In un discorso del 1967, Jorge Luis Borges incominciò sviluppando a proposito di Joyce un'idea che aveva già applicato all'insieme della letteratura argentina venticinque anni prima in una conferenza celebre, "Lo scrittore argentino e la tradizione". Thorstein Veblen, nella sua "Teoria della classe oziosa", sostiene che, se gli ebrei sono stati capaci di innovare in tanti campi della cultura occidentale, ciò non si deve a presunte differenze di razza, ma al fatto che, essendo nello stesso tempo dentro e fuori da questa cultura, a un ebreo sarà sempre più facile innovarla che a un non ebreo. Borges individua la stessa situazione per gli irlandesi rispetto all'Inghilterra e per l'insieme della cultura argentina rispetto all'Occidente: " ...gli bastò sentirsi irlandesi, diversi, per innovare la cultura inglese. Credo che noi argentini, noi sudamericani in genere, ci troviamo in una situazione analoga; possiamo affrontare tutti i temi europei, affrontarli senza superstizioni, con un'irriverenza che può avere, e già ha, conseguenze felici". Negli stessi anni, a pochi isolati l'uno dall'altro, ignorandosi e probabilmente detestandosi a vicenda, il papa dell' intelligentzia europeizzante e l'emigrato polacco, i duellatori irreconciliabili di Transatlantico, per dare un senso al proprio lavoro, definivano la stessa strategia rispetto alla tradizione dell'Occidente. Questo ci porta a un altro aspetto dei rapporti fra Gombrowicz e l'Argentina, quelli che mantenne con Borges, anche se sarebbe più esatto dire quelli che non mantenne. È noto che fra di loro ebbe luogo una cena catastrofica e alcuni incontri casuali, fugaci e sdegnosi. La cena catastrofica ricorda un po' quella che si svolse fra Joyce e Proust, nel maggio del 1922, a casa di un certo Sidney Schiff, incontro durante il quale, secondo Joyce, a Proust sembravano interessare esclusivamente le duchesse mentre a lui, Joyce, interessavano esclusivamente le cameriere. L'affermazione di Gombrowicz secondo cui Borges e lùi non potevano intendersi perché aBorges interessava la vita letteraria e a lui la vita tout court - esiste una leggenda persistente sul vitalismo di Gombrowicz, simile a quella sul suo individualismo - è smentita dalla curiosa mania witoldiana di arrivare nelle città argentine dell'interno e convocare immediatamente gli intellettuali della regione per sottometterli a una specie di esame letterario e filosofico prima di permettere loro di sedersi con lui a un caffè e ascoltarlo pontificare per ore. L'accusa di europeizzante che Gombrowicz lancia continuamente contro Borges è infondata, giacché il termine presuppone un'adesione acritica a tutto ciò che proviene dall'Europa; e l'unico senso in cui Borges è europeizzante - sentendosi, .secondo la definizione di Veblen, nello stesso tempo dentro e fuori - è esattamente lo stesso di Gombrowicz. In quanto al preteso snobismo aristocratico di Borges, che non perde occasione per ricordare i suoi antenati militari e le sue origini inglesi, se qualcosa ce lo ricorda sono proprio le pretese nobiliari di Gombrowicz e la sua abitudine di recitare con abbondanza di dettagli il proprio albero genealogico, per la disperazione dei suoi interlocutori. Quest'ultima rassomiglianza, puramente aneddotica, non deve farci dimenticare altre coincidenze più singolari: a parte il punto di vista esterno, non è difficile scoprire in entrambi, forse come conseguenza di questo punto di vista, lo stesso gusto per la provocazione, la stessa sfiducia teorica di fronte all'avanguardia e, soprattutto, lo stesso intento demolitorio nei confronti della forma; uno, Gombrowicz, esaltando l'immaturità e l'altro, Borges, smantellando con insistenza l'illusione dell'identità - probabilmente a partire dallo stesso maestro, Schopenauer. C'è un altro punto inaspettato di coincidenza: l'attrazione per "il basso". Il culto del coraggio, la predisposizione a intervistare prosseneti destri nell'uso del coltello e a vedere nei r_egolarnentidi conti fra delinquenti di quartiere una rinascita della canzone di gesta, equivalgono in Borges all'inclinazione di Gombrowicz per l' adolescenza oscura e anonima dei quartieri poveri di Buenos Aires, in cui gli sembrava di incontrare l'espressione vivente di uno dei suoi temi fondamentali. Naturalmente differiscono in molti punti - per esempio, uno pretendeva di essere infinitamente modesto e l'altro infinitamente arrogante-, ma tutte queste coincidenze profonde meritano di essere prese in considerazione perché sono quelle che garantiscono la pertinenza, l'attualità delle loro opere, che fanno sì che queste opere, strettamente contemporanee l'una ali' altra, a dispetto dell'involucro diverso con cui sono giunte fino a noi, ci appassionino con uguale intensità - e a volte anche, perché non dirl9, quando in certi momenti ci infastidiscono o deludono, lo fanno per ragioni molto simili: paradossi forzati, giudizi lapidari e gratuiti, auto-imitazione, "reassessement eterne!". Dopotutto, furono vicini per ventitré anni, respirando nello stesso tempo l'aria sottile e velenosa di Buenos Aires e dialogando, ciascuno a suo modo, da queste sponde remote, con la cultura occidentale. Di questo dialogo il Diario di Gombrowicz è la manifestazione più evidente. Alcuni dei suoi lettori si sono lamentati, senza dubbio a ragione, perché non hanno incontrato nelle sue pagine la trascrizione fedele di molte circostanze di cui furono testimoni o protagonisti. Ma in questo rimprovero c'è un errore di prospettiva: a differenza di quelli di Gide, di Thomas Mann o di Pavese, il diario di Gombrowicz si occupa molto poco della vita 53
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