Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

di moltitudini senza patria, di immigrati, di profughi, di abbandonati, ma perché anche nella letteratura del Rio de la Plata -quella "colta" e quella "popolare" - fin da prima del suo arrivo pullulavano i personaggi della sua stessa razza, la cui vita è un'interminabile parentesi tra una nave che li ha portati via da un luogo ormai improbabile e un'altra, immaginaria, che dovrebbe riportarli indietro. È noto che Gombrowicz fu sul punto di ritornare in Europa con la stessa nave che l'aveva portato qui, pochi giorni dopo il suo arrivo, e che salì a bordo con le sue valigie, ma quando .la sirena suonò per annunciare la partenza scese di nuovo: la prossima sarebbe salpata quasi ventiquattro anni dopo. Ricardo Piglia dice di lui - poco tempo fa glielo rimproverarono su un giornale-: il miglior scrittore argentino del XX secolo è Witold Gombrowicz. Quest'affermazione è senza dubbio un'esagerazione ironica destinata a mettere alla prova il nazionalismo argentino, ma non è totalmente inesatta: il tema witoldiano per eccellenza, l'immaturità, l'incompiuto - che egli attribuiva alla cultura polacca - era senza possibilità di dubbio, dagli anni Venti, la preoccupazione fondamentale degli intellettuali argentini. E Gombrowicz osservava in questa realtà sociale - con molta acutezza in alcuni casi - il dispiegarsi multiforme del suo tema prediletto. Ma questo è solo un aspetto del suo rapporto con l'Argentina. Un altro che merita di essere segnalato è il seguente: buona parte della nostra letteratura - fin dalle origini, ma soprattutto nel XIX secolo e all'inizio dell'attuale - è stata scritta per stranieri in lingue straniere: tedesco, inglese, francese, italiano. Quando ancora non avevamo una letteratura, viaggiatori europei, marinai, scienziati, commercianti, avventurieri, perfino spie, notavano in rapporti, lettere, racconti, memorie, i caratteri del nostro suolo, del nostro paesaggio, della nostra società, delle nostre prime differenze con il resto del mondo. Se è vero, come si suppone, che fu nelle Galapagos-le terribili Isole incantate di Melville-che Darwin formulò per la prima volta la sua teoria dell'evoluzione, è lecito calcolare che l'andò maturando in Argentina, giacché nel suo delizioso Viaggio la tappa che precede le isole Galapagos è proprio la pampa e le Ande argentine. Questa letteratura di viaggiatori è contemporanea all'apparizione stessa del paese: così la prima fondazione di Buenos Aires che, come molte altre imprese argentine, finì con un massacro, è raccontata da un marinaio tedesco, che lasciò la testimonianza nella propria lingua. Félix de Azara, Millau, Mac Cann, Woodbine Hinchliff, Alfred Ebelot, un ingegnere di Tolosa assunto dal governo nel 1875 per scavare - tentativo vagamente kafkiano - un fossato di cinquecento chilometri destinato a frenare le invasioni degli indios, Albert Londres, l'incomparabile W. H. Hudson, che idolatrava perfino i nostri peggiori difetti, gli stessi che anche a Borges sembrano virtù, hanno disseminato di immagini ed esperienze argentine varie lingue del mondo. Gombrowicz si iscrive in una posizione particolare in questa tradizione. I suoi bronchi delicati, che felicemente lo obbligavano ad allontanarsi di tanto in tanto dal clima umido di Buenos Aires, ci hanno procurato testimonianze validissime su Cordova, Tandil, il Mar de la Plata, Santiago del Estero. Il suo sguardo non è solo quello di uno psicologo, di un sociologo e di un esteta, ma anche quello di un SAGGI/SAER osservatore politico e, a dispetto di certe affermazioni capricciose e della sua ossessione confessa per l'originalità-o for:sea causa di essa-, uno dei più veritieri. Il fatto di sentirsi, come dice tante volte nel Diario, il più povero, il più disperato degli uomini, spiega forse la sua preferenza per quello che chiama "il basso" - di cui torneremo a parlare più avanti-, per gli esseri oscuri, verso i quali né l'attrazione erotica, né la manifestazione vivente della sua famosa immaturità bastano a spiegare il suo interesse. Benché possa parere assurdo, trattandosi di Gombrowicz, e' è un elemento di militanza in questa affinità, un'opposizione deliberata ai circoli intellettuali e politici di Buenos Aires. Qui, dice, solo il volgo è nobile. A lui, che non si stancava di denigrare la democrazia e che a volte denunciava un certo masochismo (tema per altro verso intimamente witoldiano) nel farsi trattare da fascista, non sfuggiva comunque che, per quanto esaltasse l'aristocrazia dello spirito, questa carne calda e anonima era l'unica dignità irrefutabile della vita. Anche quando si tratti soltanto di un puro desiderio erotico, la dipendenza dei signori della società da essa, la necessità vampirica di gioventù, produce di per sé un'inversione di valori e annulla le gerarchie sociali. Più di una volta Gombrowicz suggerisce che tutta l'organizzazione sociale è pensata come un sistema di sfruttamento dei giovani da parte degli adulti. Le pagine su Santiago del Estero ricordano, per la loro esaltazione di questa bellezza spontanea e inconsapevole di sé, alcune emozioni di Gaugin nel Pacifico. E c'è anche la sua percezione chiara della luce di Santiago, dell'aria trasparente e felice di Tandil, della peculiarità dello spazio americano a Necochea, un'impressione planetaria, cosmica, la sensazione di un presente senza memoria che si espande intorno a lui fino all'infinito: "Vuoto e sabbia, foglie ... fragore che annega e addormenta. Spazi, distanze senza fine. Davanti a me e fino all'Australia solo quest'acqua solcata di linee brillanti, a sud le isole Falkland e le Oreadi e il Polo. Dietro, l'interno: il Rio Negro, la pampa ... Il mare e lo spazio risuonano nell'udito e davanti agli occhi, creano confusione. Cammino e mi allontano senza tregua da Necochea ... finché finalmente il suo ricordo arriva a sparire e non resta che il puro fatto di allontanarsi, incessante, eterno, come un segreto che io porti con me" (Diario argentino, VI). Come quelle di tutti i viaggiatori, molte delle osservazioni di Gombrowicz sono dei confronti, ma più di una volta l'evidenza dell'assoluto, di qualcosa di inedito, un elemento ancora non pensato al mondo, lo discosta dalla sua traiettoria e lo spinge a modificarsi e a crescere. Non sorprende: se Gombrowicz è stato giovane in Polonia, non c'è dubbio che è maturato in Argentina. Secondo quanto ci racconta lui stesso, nei primi anni a Buenos Aires il suo orgoglio principale era l'aspetto adolescente che confondeva i suoi interlocutori; a dispetto della frattura brutale dell'esilio, possiamo quindi attribuirgli una certa fedeltà all'immagine che aveva di se stesso prima e dopo il viaggio. Finché- il diario lo testimonia - sopravvenne la catastrofe: le prime rughe. Nella visione witoldiana del mondo, la maturità è un trauma terribile come potrebbe esserlo il parricidio in quella di Sofocle. In Feyerdurke, scritto prima del viaggio, il punto di vista è quello della gioventù, in Pornografia quello degli adulti. In Transatlantico, uno dei suoi capolavori, il narratore è, a seconda degli ambienti sociali che 51

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