Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

INCONTRI/ ADONIS secolo) è stata proprio l'apertura all'altro che ha fatto la grandezza di quella civiltà e di quella cultura. In quel periodo gli arabi hanno saputo accogliere la filosofia, la scienza e la cultura provenienti da altri orizzonti culturali, facendone una sintesi straordinaria. Purtroppo però gli integralisti di oggi non comprendono l'importanza e la necessità di questa apertura all'altro. È per questo che lei dice che il problema della modernità della cultura araba non è tanto in rapporto alla cultura occidentale quanto al vostro passato ... Certo, c'è stato un processo interrotto. Il criterio della modernità per la poesia e la cultura araba non va cercato nell'imitazione dei modelli occidentali, anche se naturalmente esistono delle affinità di metodo e di atteggiamento. La modernità esisteva già nella cultura araba dell'epoca abbaside. Nelle opere di Abu Nuwas si ritrovano quasi le stesse idee di Baudelaire. È questa la tradizione a cui lei si richiama? Sì, ma bisogna tener conto che non è facile avere una poesia moderna in una società che non lo è, in una società ancora fondata sulla religione. Si potranno avere delle opere moderne nella forma, ma non nel loro significato complessivo. Per avere una poesia pienamente e totalmente moderna occorre una società moderna: è questa la nostra contraddizione. Lei però rappresenta la moderna poesia araba. Come hafatto? Io sono un marginale, sono marginalmente moderno. Inoltre sono nato in una famiglia che da un certo punto di vista contestava la tradizione. Nella mia famiglia infatti erano tenuti in grande considerazione gli autori mistici, i quali nella cultura araba sono sempre stati dei contestatori, dato che rifiutavano l'interpretazione ufficiale del Corano in nome di un'interpretazione personale. Di conseguenza, per loro tutto cambia: la visione del mondo, la concezione del rapporto tra gli uomini e tra i sessi, i valori, ecc. Questa cultura mi ha certamente aiutato nella ricerca della modernità. la cultura occidentale ha contribuito alla sua ricerca? Certamente. Anche se in realtà ciò che mi è sembrato più profondo e interessante nella vostra cultura sono proprio le opere che nascono da una certa critica dell'Occidente, come quelle di Rimbaud o Nietzsche, autori che hanno rimesso in discussione le certezze della vostra cultura. Rimbaud, Baudelaire e i surrealisti mi hanno aiutato a comprendere meglio alcuni aspetti di me stesso e della mia cultura. Allo stesso modo che per l'Oriente, anche per quanto riguarda l'Occidente non bisogna pensare ad un unico blocco compatto: esistono tanti occidenti diversi, c'è quello tecnico, quello religioso, quello nazionalista. Ed esiste anche l'Occidente di Rimbaud, a cui mi sento intimamente legato, così come mi sento totalmente contro l'Occidente della tecnica. Si può fare lo stesso discorso anche per l'Oriente: esiste l'Oriente fondamentalista, esiste l'Oriente dei commercianti, ma esiste anche l'Oriente dell' individualità, dell'ospitalità, dell'umanità essenziale. Questo è il mio Oriente, quello che accetta l'altro insieme a se stesso. Insomma, la mia critica nei confronti dell'Occidente vive accanto alla mia critica dell'Oriente. E lei come si sente tra Oriente e Occidente? Come ho già detto, ogni uomo è sempre in esilio, in qualunque 48 luogo si trovi. lo sono sempre in esilio, sono sempre alla ricerca di un altrove e di un altro da sé, per questo ho scritto che il mio corpo diventa il mio paese. I luoghi non contano più. Il patriottismo, il nazionalismo, la geografia stessa non hanno più importanza. Ciò che conta è la geografia del corpo e del cùore, la geografia personale. Ma le sue radici dove sono? Le mie radici sono nella cultura araba, non ho mai scritto in una lingua diversa dall'arabo. Sono totalmente preso nella lingua araba. Quindi non mi sento lacerato tra Oriente e Occidente, sono legato alla cultura araba, alla mia visione della cultura araba. Lei crede che i suoi lettori la intendano diversamente in Oriente e in Occidente? Non penso mai ai lettori. E poi comunque un poeta in fondo non è mai compreso in profondità: è per questo che la lettura della poesia si rinnova nel tempo. Ho però l'impressione che gli occidentali trovino nella mia poesia degli elementi diversi dagli orientali. Gli arabi sottolineano nei miei versi la rottura con la tradizione araba classica, sostenendo che ciò dipende dalle influenze occidentali.Gli occidentali invece apprezzano il carattere arabo e orientale della mia poesia che apporta alla poesia occidentale qualcosa di nuovo e di differente. Qual è il suo bilancio della poesia araba contemporanea ... Mi sembra che la poesia araba contemporanea sia di buon livello e non abbia nulla da invidiare alla poesia delle altre parti del mondo. Certo, nel mondo arabo esistono molti problemi di tipo politicoreligioso che pesano anche sulla vita letteraria. Da noi, ad esempio, la censura è una realtà concreta e si può pagare con la vita il proprio impegno letterario. In Occidente non avete assolutamente idea di cosa ciò possa significare. L'Occidente ha scoperto questa realtà con il caso Rushdie ... Purtroppo non è il solo. Il caso Rushdie è una singola esplosione in una situazione che dappertutto è esp1osiva. I poeti e gli scrittori arabi conoscono bene questa situazione. Nel suo poema Sepolcro per New York si legge una citazione di Tacito che recita "fanno della terra un deserto e chiamano ciò la pace". Non si può fare a meno di pensare alla situazione in Medio Oriente ... In Medio Oriente la situazione è assurda. In Palestina, da più di trent'anni ogni giorno qualcuno muore, bambini, prigionieri, uomini qualunque. Ogni giorno assistiamo ad'espulsioni e distruzioni. È una situazione che voi occidentali non potete neanche immaginare. Ma l'Occidente non è mai intervenuto, gli intellettuali occidentali non si sono mai mossi. Certo gli ebrei hanno diritto a un paese e a una terra, l'ho sempre detto e sostenuto. Mi sono sempre schierato dalla parte della pace e dei diritti del popolo ebreo, ma anche gli ebrei devono pensare agli altri, devono comprendere i palestinesi e riconoscere i loro diritti. Mi sono sempre domandato come sia stato possibile per il popolo ebreo diventare un popolo oppressore. Me lo domando ancora oggi, ma non riesco a dare una risposta. Vede una via d'uscita a questa situazione? No, purtroppo nel futuro vedo solo sangue. La religione è negazione dell'altro, il giudaismo e l'islam negano entrambi l'altro.

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