Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

qualcosa d'infinito: la poesia infatti scopre continuamente qualcosa d'altro e di diverso. Ma la parola può esprimere la realtà? Fortunosamente no. La parola può solo evocare un aspetto della realtà, ma non può mai esaurirla. Ciò che per me è importante è la possibilità offertaci dalla poesia di vedere ed esprimere le cose differentemente. Ma la poesia non è un mezzo, è la vita stessa: per un poeta, comporre è vivere, come amare. E per il lettore? La poesia può aiutarlo a meglio interrogare il mondo. Nulla di più. La vera poesia offre al vero lettore la possibilità di entrare nelle profondità della poesia, del mondo e di se stesso. È per questo che la poesia moderna assume una connotazione tanto eversiva nei confronti della tradizione araba? Sì, perché rimette automaticamente in discussione tutti i valori Foto di Dino Fracchia (Contrasto). INCONTRI/ ADONI$ culturali, politici e sociali della tradizione. La poesia è il genere eversivo per eccellenza perché da sempre rivaleggia con la parola di Dio, che nel Corano ha criticato i poeti, un poco come aveva fatto Platone quando aveva bandito i poeti dalla cittadella della verità e del pensiero. Come ho detto, nella cultura araba il pensiero e la riflessione sono monopolio del Corano, che concepisce la riflessione esclusivamente come ripetizione o traduzione. Non a caso nel mondo arabo è difficile trovare grandi pensatori, dato che non è concessa alcuna autonomia di pensiero a proposito dei tre grandi problemi della nostra società: la religione, la politica e la sessualità. Nessuno osa dire liberamente ciò che pensa su questi problemi, di conseguenza l'unico modo per poter esprimere qualcosa di nuovo è far ricorso alla poesia, che così entra necessariamente in conflitto con il Corano e tutto ciò che rappresenta: la legge, la tradizione, l'ordine sociale, religioso e politico. C'è stato un tempo in cui la cultura araba non era per nulla chiusa al molteplice e alla diversità ... È vero. All'epoca d'oro della dinastia abbaside (VIII e IX 47

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