Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

INCONTRI/ ADONIS Non è facile avere una poesia moderna in una società che non lo è. Per avere una poesia pienamente e totalmente moderna, occorre una società moderna: è questa la nostra contraddizione. d'altra parte ho fatto nei loro confronti. Ma costoro non amano dialogare. Come spiega la crescita dell'integralismo nel mondo arabo? È anche colpa dell'Occidente che non ha mai capito in profondità la nostra società, trascurando tutti gli elementi che potevano essere comuni tra l'Oriente e l'Occidente, ignorando il lato creativo della nostra società. Oggi si parla molto d'integralismo e fondamentalismo, ma la maggior parte della popolazione araba non appoggia queste tendenze, al contrario è aperta e tendenzialmente laica: noi vogliamo una società civile e moderna, ma l'Occidente non fa nulla per aiutarci, appoggia le dittature, tace. Difronte a tali problemi gli intellettuali come devono comportarsi? Devono solo fare il loro lavoro, facendolo bene, mostrandosi sempre più radicali e sempre più disposti al dialogo. Ma sul piano pratico-politico non possono nulla. D'altra parte, oggi essere dalla parte del dialogo e difendere la libertà contro gli oscurantismi e gli integralismi è un impegno che acquista immediatamente connotazioni politiche. Se gli intellettuali facessero bene il loro lavoro, già questo sarebbe un gesto politico. Purtroppo però le cose non stanno così. A cosa serve scrivere poemi? Perché si scrive? Per decostruire le certezze, poeticamente parlando. E per costruire un altro mondo. Tutto ciò però in modo indiretto. Personalmente sono contro la poesia impegnata, che mi sembra assurda. Ma poi in fondo si scrive per se stessi, per respirare. Nella sua raccolta Il libro dell'assedio di Beirut la poesia sembra un modo per sopravvivere a una realtà tragica... Ho scritto quelle poesie sotto le bombe, nascosto in una cantina. Scrivere era un modo per respirare e continuare a vivere. Ma nelle poesie non parlavo direttamente di quello che accadeva attorno a me. Nella poesia gli avvenimenti esterni si dissolvono e diventano una specie di luce. Certo le circostanze possono avviare il processo creativo, ma non ho mai voluto comporre una poesia di circostanza. Quali sono le differenze più importanti tra la poesia araba e quella occidentale? In modo molto generale si può dire che la poesia araba è poesia del cuore, mentre quella occidentale è poesia dell'intelletto. L'astrazione e il linguaggio sono l'elemento determinante in Occidente, mentre in Oriente sono determinanti il corpo e l'emozione. Nell'Introduzione alla poesia araba lei parla della poesia preislamica affermando che l'oralità è il tempo, mentre la scrittura è il luogo. Cosa intende dire esattamente? L'oralità è legata al cuore, rappresenta il movimento interiore dell'essere umano, dunque il tempo. Un poema orale può nascere lungo il cammino del beduino, mentre per scrivere si necessita di un luogo. La scrittura è civile. A questo proposito, va detto che oggi la società araba vive ancora all'epoca dell'oralità, dato che è questa la modalità dominante nella nostra società: in fondo scriviamo ancora oralmente. La riflessione non è così presente come nella cultura occidentale e il testo non ha la dimensione verticale della cultura occidentale: il testo arabo ha una dimensione lineare e orizzontale, appartiene quindi ali' oralità. Nella nostra tradizione il pensiero non deve interferire nella poesia, la quale deve essere esclusivamente 46 canto. La poesia dunque è orale, non ha bisogno della riflessione, va compresa immediatamente, emozionalmente. Il testo scritto invece necessita della riflessione e del pensiero; un testo scritto può non essere compreso, può risultare enigmatico. Nel passato alcuni grandi poeti sono stati considerati filosofi o saggi, ma non poeti, solo perché nella loro poesia il pensiero aveva una funzione determinante. Io sono stato criticato per via dei concetti e delle riflessioni presenti nella mia poesia: secondo alcuni dei miei critici non sarei neppure un poeta. Ma in fondo, anche i più grandi poeti della nostra tradizione-Al-Maarri, Abu Nuwas, Abu Tammamhanno subito la stessa sorte. Purtroppo, per i cultori della tradizione, i veri poeti sono solo dei cantori e nelle loro opere la riflessione deve essere bandita. È stato il Corano che ha permesso di introdurre la scrittura e la riflessione nella poesia? Sì, il testo coranico rappresenta l'inizio della scrittura. Di fronte al Corano era necessario leggere, pensare e interpretare, tanto che il problema delle interpretazioni ha dato luogo a molte battaglie. Oggi però la cultura dominante continua avedere nel Corano un testo orale, caratterizzato da una sola interpretazione ufficiale che bisognerebbe accettare senza riflettere e discutere. Siamo ancora nel- )' oralità: la gente infatti non legge il Corano, non lo medita, lo ascolta come un canto. Anche questo è un modo di deformare il testo coranico. Eppure, secondo lei, la comparsa del Corano aveva permesso la nascita della grande poesia islamica ... Sì, perché i veri grandi poeti hanno rotto con la tradizione orale della poesia, hanno preso come modello di scrittura il Corano, un testo in cui il pensiero è determinante.Il testo poetico allora è diventato diverso, plurale, ricco di materiali eterogenei, proprio come avviene nel Corano. È per questo che la poesia è diventata più difficile e complessa, e il lettore per comprenderla deve possedere grandi conoscenze culturali e filosofiche. Il lettore di questa poesia è in fondo un altro poeta: è un creatore, non un semplice ascoltatore. Ma oggi, nel mondo arabo, richiamarsi a questa tradizione significa muoversi controcorrente, dato che è la cultura orale quella dominante. A proposito del rapporto tra poesia e senso, lei dice che la poesia permette una conoscenza metaforica della realtà... I poeti che hanno imitato il modello del Corano nei fatti però si contrapponevano ad esso. Il Corano infatti rappresenta la parola di Dio in cui è contenuta tutta la conoscenza del passato, del presente e del futuro: in questa prospettiva per la poesia non ci sarebbe più alcuna speranza di conoscenza, dato che essa non dovrebbe mai mettersi in concorrenza con Dio, limitandosi solamente a ripetere ciò che sta scritto nel libro sacro. Ma quei poeti, di cui prima ho fatto il nome, in realtà hanno proposto un'altra conoscenza del mondo, un'altra rivelazione che metaforicamente entrava in conflitto con quella del Corano. Insomma, se il Corano ha la pretesa di dire la verità definitiva e totale, la poesia invece si muove sul piano della metafora, offrendo molte possibili verità. Il mondo infatti non è finito e regolato una volta per sempre. La realtà umana è inesauribile e il poeta può solo rivelarne qualche frammento: la poesia quindi è per forza metaforica e multipla. Un poeta non dirà mai una verità unica e definitiva, altrimenti l'arte diventerebbe rigida e immobile. Attraverso la metafora poetica, la conoscenza del mondo diventa

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