Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

CONFRONTI Noto come uno dei grandi maestri dell'orchestrazione delle pause e dei silenzi, gli abbiamo chiesto quale sia il ruolo del silenzio nei suoi spettacoli. Krejca ci ha risposto: "Vorrei innanzitutto sapere che cosa lei intende con silenzio. Che cosa è il silenzio? li silenzio è forse la ricerca del pensiero successivo? O è una pausa? Sappiamo che esisteva già prima che esistesse il lìnguaggio umano, sappiamo che è uguale al suono, ma per contrasto. Il silenzio non significa che la vita termina, o che qualcosa si sia definitivamente spezzato. Il silenzio è collegato alla vita e non si può astrarlo, sottrarlo, alla vita. Il silenzio non esiste senza legami, senza rapporti, senza milioni di rapporti. Per questo è così difficilmente definibile e, al tempo stesso, così umano. Nel secondo atto del Giardino dei ciliegi c'è una pausa e, subito dopo, un personaggio chiede: 'Cos'è stato?' e tutti gli rispondono diversamente. Nelle indicazioni di regia Cechov specifica che durante quella pausa si sente il suono di una corda di violino spezzata. Nella mia versione non si sente nulla. Si sente solo il silenzio, e nonostante questo tutti i personaggi capiscono che qualcosa si è rotto, e questo qualcosa fa paura, e contamina tutti, perché nessuno nega di aver sentito qualcosa. Così questa pausa ci indica che tutti i personaggi hanno qualcosa in comune, e questo qualcosa è la paura, la paura di se stessi, degli altri, degli dei, del cosmo, della conoscenza, delle speranze umane, del destino e così via. Infatti, oggi come oggi, si può dire che esistono due mondi, un mondo umano e un mondo civilizzato. Il miscuglio di questi due mondi ha creato un vero e proprio gulasch ungherese di pessima qualità. Il teatro però è parte organica del mondo umano. Infatti, oltre all'homo sapiens e all'homo faber c'è anche l'homo ludens, l'uomo che gioca. Ad esempio, quante persone capiscono veramente che cosa stia accadendo in questi giorni con la Russia che giace in rovina mentre le trombe dell'occidente suonano un inno al commercio e al consumo. Anche queste sono pause, sono pause della storia. Se pensiamo che il consumo sia la somma felicità siamo rincoglioniti, siamo Pludek. Il consumo di oggi è la spazzatura di domani e alla fine ci ritroveremo tutti in una grande cloaca. C'è una cosa da aggiungere ed è difficile da dire e non lo dico perché devo dirlo; anche perché non è una cosa popolare da dire ora: ho vissuto sia la censura ideologica di questo incredibile totalitarismo, di questa pazzia sociologica e politica, sia la censura del dollaro. Non so quale sia più terribile. Entrambe sono terribili. Ma è più facile ingannare la censura ideologica. La censura, la moda, il dollaro, che sembra apparentemente così naturale, è terribile, è invincibile. Qui c'è proprio questo contrasto e la gente inizia a essere fuori di testa. Naturalmente è facile credere alla libertà, alla democrazia, ma accettare che la libertà sia un dovere, che la libertà sia una responsabilità, che la libertà sia anche un ordine e così via, questo è molto difficile e da combattere quotidianamente. Lo stesso vale anche in teatro. Bisogna rinnovarsi tutti i giorni e tutti i giorni bisogna lottare perché il teatro è qui e ora, hic et nunc, e tutti i giorni nasce un qualcosa di nuovo. Per questo il teatro è così vivo, così umano, e cambia, così come cambiamo anche noi". Praga, primavera-estate 1992: nonostante il fatto che la responsabilità di quanto scritto rimanga esclusivamente mia, vorrei qui ringraziare il Judith E. Wilson Fund della Facoltà di Inglese all'Università di Cambridge (U. K.) che ha contribuito alle spese di viaggio e Barbara Day della Fondazione Jan Hus, Itka Martinova del Ministero della Cultura, Maria Prochaekova dell'Istituto Teatrale e Daniela Miklossy della televisione ceca, senza il cui paziente, intelligente e preziosissimo aiuto non sarebbe stato possibile scrivere questo articolo. Vorrei infine dedicare queste pagine a Susan ed Ernest Gellner che mi hanno incoraggiato a guardare, capire e amare questa splendida città. (G. G.) , MARIETTI Hans Blumenberg La legittimità dell'età moderna Un'analisi dei percorsi che hanno portato, dal medioevo ad oggi, all'affermarsi del concetto di modernità come categoria esistenziale. Una panoramica approfondita e affascinante del tentativo da parte dell'uomo di trovare, attraverso una ragione "secolarizzata", un senso al proprio essere al di fuori di ogni motivazione trascendente. A. Heller - F. Fehér La condizione politica postmoderna Indagini e interventi sul concetto di postmodernità, inteso come spazio-tempo delineato da coloro che abbiano problemi o quesiti da porre alla modernità. Dall'etica del cittadino alle forme di moralità della politica, dalla giustizia sociale al ruolo dei movimenti culturali, un itinerario attraverso le emergenze del dibattito contemporaneo. Josef Leo Seifert Le sette idee slave Finalmente in traduzione italiana un classico delle ricerche sull'origine e il significato della cultura slava. Un affresco suggestivo, per molti versi ancora insuperato, per cogliere il senso più profondo delle rivoluzioni succedutesi in Europa. Pia Pera I Vecchi Credenti e l'Anticristo L'analisi dello scisma dei Vecchi Credenti Asacerdotali, avvenuto in Russia nel XVI secolo, permette di comprendere nelle sue più profonde implicazioni un capitolo decisivo nella travagliata storia dei fondamentalismi religiosi. Vitaliano Mattioli Rilettura di una conquista Un indispensabile inquadramento culturale dei problemi legati alla storia della presenza spagnola in America Latina, frutto di un lavoro decennale di ricerca e di verifica nei luoghi stessi del continente latino-americano. Costruire la società multirazziale Indagini e interventi sull'integrazione socio-culturale dei popoli e delle culture nel bacino del Mediterraneo. Da Giuseppe De Rita e Igor Man, da Maurice Borrmans a Rachid Boudjedra, un gruppo di voci qualificate si interroga sulla possibilità di costruire una società multiculturale. Salvatore Cambosu Due stagioni in Sardegna A trent'anni dalla morte di Salvatore Cambosu, la pubblicazione di questo affresco della società agro-pastorale sarda degli anni '50- '60 riapre il discorso critico su uno degli autori più amati dell'isola e più conosciuti a livello nazionale. 37

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