Linea d'ombra - anno X - n. 76 - novembre 1992

CONFRONTI Ogni giorno qualcosa di nuovo Panoramica sul teatro cèco contemporaneo Gabriella Giannachi Praga è in un periodo di rapida transizione. Strade, ristoranti, negozi cambiano nome, palazzi e bandiere mutano colore, ricchezza e povertà passano di mano in mano. Si ha quasi la sensazione di respirare ancora la stessa aria dei fervidi ed entusiasti giorni della rivoluzione di velluto. Quasi. Fra i turisti regnano un'atmosfera di festa, un curioso desiderio di avventura, una febbrile corsa al consumo. Tutti comprano, comprano, comprano ... comprano fino ad avere le borse traboccanti di terribili souvenir, di terracotte, marionette, cristalli e, soprattutto, colbacchi, spillette con la falce e il martello, ritratti di Lenin e Marx, naturalmente, storpiati in modo orribile. I cechi, invece, non comprano. Non possono permetterselo. Così, ad esempio, nel cuore dello Hrad, all'inizio del Vicolo d'oro, si appoggia ad un muro scrostato un vecchio, dalla pelle secca, il cappello calcato fin sugli occhi, due fessure arrossate e stupite. Sembra aspettare. Non mendica, non si muove. Immobile, guarda, sbigottito, sfilare centinaia di turisti di ogni nazionalità. Il suo volto è la memoria di un altro mondo che sembra quasi voler ricordare al grande supermercato praghese che non si può ancora una volta cambiare tutto velocemente, superficialmente, e che lui, come tanti altri, potrebbe anche far parte di quello straordinario libro che è Praga Magica, che i cechi dovrebbero tradurre per non dimenticare troppo in fretta quello che veniva prima, e prima ancora, di questo nostro vecchio secolo. Così, di notte, sul Ponte Carlo, ci lasciamo come tanti altri incantare da una delle più belle scenografie d'Europa e ci perdiamo nel delizioso gioco cromatico delle luci di quello stesso castello che, in rapida successione, ha tristemente visto la sua città invasa dal nazismo, dal comunismo e, quindi, dal consumismo. Mentre, lentamente, gli esuli ritornano e i turisti sfilano dal Ponte Carlo allo Staromestske namestf e quindi nuovamente su per il Ponte Carlo, verso il castello, curiosamente, seguendo lo stesso famoso itinerario di Josef K.; americani, tedeschi, arabi e giapponesi comprano rapidamente la città, e la vita continua, con difficoltà, ma continua. Naturalmente si ha la sensazione di dover guadagnare il tempo perso: di dover pubblicare, aggiornare, premiare e punire, creare nuove leggi e abolire quelle vecchie, dare spazio a nuove strutture, nuove voci, nuove immagini, tentando però di non commettere errori,o, per lo meno, di commetterne il meno possibile. Petr Oslzly, attore, autore e regista teatrale al Divadlo na provazku (Teatro al laccio) e, attualmente, assistente personale di Vaclav Havel allo Hrad, commenta così a proposito del settore teatrale: "purtroppo, la situazione legislativa non è cambiata rispetto al passato. Non ci sono ancora leggi che impediscano alla cultura di essere un'istituzione a scopo di lucro, o che vietino ai Comuni o al Ministero della Cultura di interferire con la gestione dei teatri. Bisogna quindi che il Parlamento si affretti a difendere il teatro dall'influenza della politica, soprattutto in questa nazione in cui tutti i nuovi uomini politici conoscono il grande potere della cultura. Dobbiamo evitare di ricadere nella situazione in cui si trova l'Occidente dove il pensiero culturale è dominato dal pensiero politico perché, come si sa, questo può essere molto, molto pericoloso". Il settore teatrale, che tanto ha fatto, e tuttora fa, per comprenl'Ulisse al laterna Magika (fata di Vajlech Pisarik). dere e migliorare, denunciare e proteggere, procede quindi un po' a tentoni, ancora sospinto dal vecchio successo e, al contempo, teso verso la ricerca di nuovi valori, nuovi ruoli. Così, come ci racconta Vladfmir Prochazka, drammaturgo al Cinohernf klub (Club della prosa), "in passato il teatro ha giocato un ruolo fondamentale perché vi si poteva dire molto di più che sui giornali o in televisione. Oggi, però, molti teatri stanno attraversando una grave crisi di pubblico e questo è semplicemente dovuto al fatto che la gente ha molti più interessi di una volta. Un giovane ingegnere, ad esempio, deve imparare il tedesco, o l'inglese, e non ha tempo di andare a teatro. Il problema è che ora il teatro è solo teatro". È vero, ora il teatro è solo teatro, ma per comprenderne meglio la situazione attuale e, al contempo, afferrarne l'ottimismo, la tenacia e l'alta qualità artistica e politica, occorre però ritornare almeno di poco indietro nel tempo e ripercorrere alcuni dei punti salienti della sua lunga e interessante storia. Durante l'Ottocento le messe in scena dei gruppi di dilettanti 29

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