CONFRONTI Paese del Sud (foto di Gianni Berengo Gardin/ ArtE). ne ha bisogno per un problema suo, per lo sbandamento emotivo che la bambina provoca in lui. Insomma il ritorno alle radici non come ricerca della propria identità ma come fuga all'indietro, istintiva e regressiva, di fronte all'ambiguità dolorosa del presente che i due bambini rappresentano. Il cinema neorealista ha quasi sempre narrato l'epopea di un popolo meridionale emarginato e straccione che prende coscienza nella tragedia della propria condizione. Da Il cammino della speranza e La terra trema a Rocco, gli uomini del Sud erano condannati a lottare contro nemici esterni. Oggi, il dramma che col cinema proviamo a raccontare appare più sottile, più sfuggente, più profondo. Perché il nemico ormai è dentro: nella non coscienza del proprio essere ai margini, che fa gridare con tono di trionfo "Mafia, mafia!" ai protagonisti di Meri e che fa vantare Rosetta della propria bocca, la prima cosa che gli uomini ammirano in lei. Mi sembra insomma che il vero problema, oggi, non sia più quello di descrivere la presa di coscienza attraverso il dolore e la miseria, ma di raccontare il dramma e insieme la speranza racchiusi nella non-coscienza. Sì, anche la speranza. Perché nel caso di Antonio, il protagonista di Ladro di bambini, solo la scarsa coscienza del proprio ruolo e della propria condizione consente di sfuggire al rampantismo e al disincanto, di tener vivo dentro di sé il desiderio di rapportarsi con il mondo, da semplice, di riscoprire valori elementari come il dovere, la solidarietà, l'amicizia. 4. Dunque per rappresentare cinematograficamente il Sud in modo diverso, è importante cominciare a pensare il Sud non più come problema "altro" o cultura "altra" rispetto all'Italia, ma come una delle contraddizioni dell'Italia stessa, che trova nel Sud un polo e l'altro a Milano. D'altro canto, va ricordato ad esempio come, rispetto alla mafia, mentre in passato la relazione affari/ criminalità era tutta concentrata in Sicilia, ora il problema si articoli in una strategia finanziaria e politica che coinvolge l'intero territorio nazionale. Il discorso sulla cultura e mentalità specifiche del sud si svuota di significato quando vediamo che nel bene, ma purtroppo soprattutto nel male, è avvenuta una sostanziale unificazione di problemi, atteggiamenti, comportamenti a livello nazionale. In questo senso, lavorando alla sceneggiatura di Muro di gomma, tra gli atti dell'istruttoria su Ustica la cosa che più mi ha colpito è stata la testimonianza del medico calabrese che esaminò il cadavere del pilota del Mig libico precipitato sulla Sila. Dopo una prima frettolosa diagnosi, il medico ci ripensa e afferma che la data della morte va retrodatata di quindici giorni.Un dettaglio importantissimo, che ha depistato le indagini a lungo. Ma la causa di questa imperdonabile approssimazione non è la penuria delle attrezzature degli ospedali del Sud sempre più fatiscenti, non sono le minacce mafiose o i ricatti politici. No, l'omertà di questo piccolo medico di provincia è prodotto soltanto di ignavia: "Lei non sa cosa significhi vivere in un piccolo centro del Sud, ci si conosce tutti e se un altro notabile ti chiede un piacere è ridicolo dire di no: tanto qui non succede mai niente di importante ...". Dunque non più depistaggio per ragioni di potere, per calcoli politici, per interessi economici e di classe, ma complicità come esito estremo della rassegnazione, del non contare, del non esistere. Una complicità che a questo punto non riguarda più soltanto un paesino sperduto della Sicilia o un piccolo medico calabrese. Una complicità che ci riguarda tutti. E allora, se una volta il cinema raccontava il Sud soprattutto per sottolineare la sua diversità, il suo ritardo, credo che oggi, al contrario, sia il Sud ad offrire al cinema storie, personaggi e modelli culturali che aiutano meglio di altri a raccontare la nuova condizio- . ne di smarrimento in cui vive l'intero paese. 17
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