Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

TRA POESIA E FILOSOFIA Incontro con Lars Gustafsson a cura di Maria Cristina Lombardi Lars Gustafsson, considerato il più grande scrittore svedese vivente, è tradotto e conosciuto in tutto il mondo. Nato nel 1936 a Viisteras, nella Svezia centrale, ha lasciato il suo paese nel. 1973 e vive negli Usa dove insegna Storia del pensiero europeo all'Università di Austin, nel Texas. Poeta, narratore, saggista, drammaturgo, ha coltivato tutti i generi letterari sperimentando tecniche nuove; la sua versatilità gli ha permesso di addentrarsi in campi disparati quali la matematica, la pittura, la musica. La speculazione filosofica sembra fungere da trait-d'union nella sua vita e nelle sue opere, che offrono il confronto fra diverse concezioni della vita e del mondo. Aspra è la sua critica degli attuali sistemi sociali, primo fra tutti di quello svedese. Dopo la pubblicazione in Italia di Morte di un apicultore e Preparativi di fuga, è ora la volta, sempre presso Iperborea, di Un pomeriggio di un piastrellista, uno dei suoi romanzi più riusciti per l'originalità con cui viene rappresentato il tema del mistero dell'esistenza, simboleggiato da una casa dall'aspetto sinistro e inquietante, dove il p·rotagonista tenta invano di ricomporre il puzzle della sua vita. Mentre da Guida è uscito ora di un altro breve romanzo, di grande interesse nella sua particolarità,// tennis, Strindberg e l'elefante, in cui la vita è concepita come un gioco, fatto di regole e convenzione che, però, non debbono essere del tutto stabilite in anticipo, ma nascere e svilupparsi nel corso del gioco stesso. Per l'anno prossimo sono in programmazione altre due sue opere, dallo stesso autore considerate fra le sue migliori: La vera storia del signor Arenander, presso Iperborea, e Lo strano animale del nord, presso Guida. Lars Gustafsson ha ricevuto nel 1991 il premio "Una vita per la letteratura" dal Centro Culturale Pier Paolo Pasolini di Agrigento. Sin dall'opera del suo debutto, Sosta del 1957, e poi ne Ultimi giorni e morte del poeta Brumberg, sembra che il suo cammino letterario sia stato caratterizzato da un approccio alla vita come a un mistero, a qualcosa comunque di enigmatico. Anche ne La vera storia del signor Arenander si ha la sensazione di una natura della realtà sfuggente e misteriosa. Qual è l'origine di questo senso di estraneità alla vita e al mondo che si avverte costantemente nelle sue opere, al di là dei conflitti interiori dei vari personaggi? Si è sempre sentito come Gunnar Ekelof, un outsider? Sì, ho sempre concepito il mondo come qualcosa di fortemente estraneo. Anche se, certo, questa sensazione era più accentuata in me quando ero bambino. Mi pareva in qualche modo di essere io stesso a suscitare questo fenomeno e credo che questo si accordi abbastanza, in linea generale, con la filosofia più moderna come esperienza fisica - penso alla fisica francese. Da piccolo, ero un bambino molto solo e solipsista. li mondo mi sembrava uno spettacolo teatrale che non riuscivo a capire. Qualcosa di quella sensazione mi è rimasto, naturalmente non con l'intensità di allora, e ha dato un notevole contributo alla nascita delle mie opere. L'elemento minaccioso e labirintico che le caratterizza non è una superficie, un artificio artisticÒ, ma qualcosa di profondamente interiore. Anche quando scrivo di problemi sociali, questo alone di mistero resta sempre. Nel I 970, nella sua produzione si registra una svolta. Si rivolge di più ali' analisi dei problemi sociali e si lasciano un po' da parte le questioni filosofiche. Le opere del ciclo Crepe nel muro sono l'espressione, possiamo dire, di una fantasiosa descrizione della Svezia contemporanea. La lana, un'aspra critica della burocrazia svedese e della piattezza della scuola che non sa occuparsi dei suoi lars Gustafsson in una foto di Giovanni Giovannetti. allievi più dotati, è il romanza del ciclo che le ha procurato più problemi, ed è stato, si dice, all'origine dei suoi dissapori con Olof Palme. Ce ne può parlare? Questa è una buona domanda e, come tutte le buone domande, ne fa sorgere altre contemporaneamente. È una consuetudine abbastanza diffusa dividere l'opera di uno scrittore in vari periodi: alcuni più oscuri, altri che analizzano aspetti politico-sociali, altri ancora più rivolti ai problemi esistenziali dell'individuo. Queste divisioni sono utili, se si deve tenere un seminario su uno scrittore, ma non dobbiamo esagerare. Non so assolutamente niente di cosa Palme pensasse dei miei libri. A me è sempre sembrato un personaggio sgradevole, fin dall'inizio. Proveniva da un ambiente molto benestante e protetto, una famiglia di grossi commercianti, fece carriera e diventò primo ministro. La sua conversione alla socialdemocrazia mi è sempre sembrata troppo rapida, poco convincente. Certo, non avrei mai immaginato che finisse così tragicamente. Non è stato un grande statista, è stato l'amministratore capo di una élite burocratica, un signore che ha amministrato la bancarotta. Non so se avesse letto i miei romanzi, non ne ho idea. Senza dubbio le Crepe nel muro descrivono la Svezia di Palme; dalle scuole (in La lana), che oggi in qualche modo sono cambiate, al mondo degli affari politici (in Festa di famiglia): un tempo che Strindberg avrebbe chiamato della "menzogna pubblica". È difficile stabilire se i miei cinque romanzi fossero politici o di critica sociale; forse politici sì, ma ora penso che lo fossero solo in superficie. Quel muro, allora, era un muro ben più complesso di un muro politico? Proprio come la luce, attraversando un prisma, crea una gamma di colori diversi, così mi sembra che le angolature delle idee e le luci di quel tempo, a guardarle oggi, siano diverse. A parte La lana, negli ultimi libri del ciclo mi occupo maggiormente di questioni esistenziali, anche se non si è voluto vederle. Per esempio, nell'ultimo, Morte di un apicultore, che palesemente presenta problemi impossibili da riso Iversi a livello politico, c'è una scena iniziale, in cui il protagonista si trova nella sala d'aspetto di un ospedale per le proprie analisi mediche: ebbene, anche questa scena è stata interpretata "politicamente", come una critica al sistema ospedaliero 89

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==