STORIE/MUNRO Sembrano raggrinzite e ridicole, le rose fatte da sua madre. Ma la loro fatica, la loro fluttuante indipendenza, il loro compiacersi della propria sciocca essenza le paiono ammirevoli. Un segno di speranza. Meneseteung. circospette e tutti i suoi calcoli solitari sui probabili meriti di lei, sulla sua indubbia onestà e sulla sua adeguata bellezza. Non riusci va a immaginarsela come moglie. Ora, questo è possibile. È sufficientemente eccitato dai suoi capelli sciolti-prematuramente grigi, ma folti e morbidi - il suo viso arrossato, le sue vesti leggere, che nessun altro, oltre al marito dovrebbe vedere. E anche dalla sua indiscrezione, agitazione, assurdità, bisogno? "Verrò a prenderla più tardi", le dice. "Andremo insieme in chiesa". Domenica scorsa, alt' angolo tra la Pearl e la Dufferin Street, una signora che vi risiede ha scoperto il corpo di una donna di Pearl Street, che all'inizio si pensava morta, ma che si è scoperto in seguito essere solo ubriaca fradicia. È stata risvegliata dal suo stupore celestiale-come definirlo altrimenti-dalla persuasiva fermezza del signor Jarvis Poulter, un vicino, giudice di pace, cui si era rivolta la signora. Incidenti di questo genere sconvenienti, preoccupanti e disonorevoli per la nostra città, soniJdiventati fin troppo comuni. V Siedo nel profondo del sonno, Come su di un fondo marino. E fantastici Cittadini dell'Abisso Mi salutano graziosamente. Non appena sente Jarvis Poulter allontanarsi e il cancello richiudersi, Almeda corre al gabinetto. Tuttavia, non si sente pienamente sollevata e si accorge che il dolore e il gonfiore al basso ventre dipendono da un accumulo di sangue mestruale che non ha ancora preso a fluire. Chiude a chiave la porta posteriore. Poi, ricordando le parole di Jarvis Poulter riguardo alla chiesa, scrive su un pezzo di carta: "Non sto bene, voglio riposare". Lo infila bene nel telaio esterno della finestrella della porta. Chiude anche quella. Sta tremando, come dopo uno spavento o un pericolo. Ma accende il fuoco, per poter preparare del té. Fa bollire l'acqua, misura le foglie, prepara una grossa teiera; il vapore e l'odore accrescono la sua nausea. Se ne versa una tazza, prima che diventi troppo forte e vi aggiunge parecchie gocce di calmante. Si siede a bere senza scostare la tendina. Là, al centro della stanza, c'è il setaccio, appeso a un manico di scopa tra due sedie. Polpa e succo d'uva hanno colorato il panno rigonfio di un color violaceo. Plop, plap, giù nel catino. Non riesce a star seduta, guardando una cosa del genere. Prende la tazza, la teiera e la bottiglietta della medicina e se ne va nella camera da letto. È ancora là, seduta, quando cominciano a passare i cavalli, sollevando nugoli di polvere, diretti in chiesa. Le strade diventeranno calde come cenere. È lì quando si apre il cancello, e risuonano i passi decisi di un uomo sulla veranda. È così vigile il suo udito che le sembra di sentire il rumore della carta che viene estratta dal telaio e spiegata - quasi lo sente leggere, il suono delle parole nella sua mente. Poi, il rumore dei passi che si allontanano, scendono i gradini. Il cancello che si chiude. Le appare un'immagine di lapidi - questo la fa ridere. Lapidi marciano lungo la strada, con stivaletti ai piedi, i loro lunghi tronchi protesi in avanti ed espressioni preoccupate e severe. Le campane della chiesa suonano. Poi, l'orologio dell'ingresso batte le dodici: è passata un'ora. La casa si sta riscaldando. Continua a bere té aggiungendovi la medicina. Si rende conto che la medicina le sta facendo male. Che è la causa della sua eccessiva debolezza, della sua assoluta immobilità, del suo abbandono senza resistenza a ciò che la circonda. Va bene così. Forse è necessario. Questo è quel che le sta intorno - parte di quel che le sta intorno - nella stanza da pranzo: pareti ricoperte di parati con ghirlande verde scuro, tende di pizzo e tende di velluto scuro alle finestre, un tavolo con un centrino lavorato ali' uncinetto e un vaso con frutti di cera, un tappeto grigiorosa con mazzolini di rose azzurre e rosa, una credenza con passatoie ricamate contenente diversi piatti decorati e bricchi e il servizio da té in argento. Parecchie cose da osservare. Poiché ciascuna di quelle decorazioni, ornamenti, sembra piena di vita, pronta a muoversi, scorrere e mutare. O esplodere, forse. Il compito di Almeda, nel corso della giornata è di tenerli d'occhio. Non per impedire la loro trasformazione quanto per coglierli nell'atto, per capirlo, per divenirne parte. Accadono così tante cose in questa stanza che non sente il bisogno di uscirne. Non la sfiora neppure il pensiero. Naturalmente, in queste sue osservazioni, Almeda non può evitare le parole. Lei, forse, crede di sì, man on può. Subito, questo scintillio e questa tumefazione cominciano a suggerirle parole - non parole precise, ma un flusso di parole, da qualche parte; quasi pronte a manifestarsi a lei. Poesie, addirittura. Sì, certo, poesie. O una poesia. Non è questa l'idea? Un'unica grande poesia che contenga tutto e che, oh, renda tutte le altre poesie che ha scritto insignificanti, semplici tentativi, errori, scherzi innocenti? Stelle e fiori e uccelli e alberi e angeli nella neve e bambini morti al crepuscolo-non è certo questo. Bisogna portarvi dentro l'osceno baccano di Pearl Street e la punta lucida dello stivale di Jarvis Poulter e la natica di pollo spennato con il suo fiore nerazzurro. Almeda è ora lontanissima da ogni umana solidarietà o paura o da gradevoli considerazioni domestiche. Non pensa a ciò che si potrebbe fare per quella donna o a come tenere in caldo il pranzo per Jarvis Poulter e stendere ad asciugare i suoi lunghi indumenti intimi. Il succo d'uva ha traboccato dalla bacinella e scorre sul pavimento della cucina, macchiando gli assi in modo indelebile. Deve pensare contemporaneamente a tante cose-Champlain e gli indiani nudi e il sale nelle profondità della terra, ma oltre al sale ai soldi, all'istinto del profitto sempre in fermento nella mente di gente come Jarvis Poulter. E anche alle brutali tempeste invernali e a quel che stupidamente e goffamente accade a Pearl Street. Spesso, i mutamenti di clima sono violenti, e se ci pensi, non c'è pace neppure sulle stelle. Tutto questo può essere reso solo se incanalato in una poesia, e la parola "incanalato" è pertinente, poiché il titolo della poesia sarà-è - "Meneseteung". Il titolo della poesia è il nome del fiume. No, in realtà, è il fiume, il Meneseteung, che è la poesia - con le sue cavità e rapide, e deliziose pozze, d'estate sotto gli alberi, e di scricchiolanti blocchi di ghiaccio prodotti alla fine dell'inverno e le devastanti inondazioni a primavera. Almeda scruta intensamente il fiume della sua mente e il centrino, e le rose lavorate all'uncinetto che galleggiano. Sembrano raggrinzite e ridicole, le rose fatte da sua madre - non assomigliano molto a fiori veri. Ma la loro fatica, la loro fluttuante indipendenza, il loro compiacersi della propria 79
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