IL CONTISTO per dire), Iran e Turchia si contendono l'egemonia, in nome di vecchie e nuove velleità imperiali, ma anche di diverse concezioni del ruolo dell'Islam, sulle ex-repubbliche musulmane sovietiche del Caucaso e dell'Asia centrale. Il Sudan si afferma come il nuovo "santuario" dell'islamismo radicale e integralista. Scontri aperti tra modernisti e integralisti islamici sono in atto o covano sotto la cenere in Algeria e Tunisia. E in Egitto si assiste a massacri di cristiani copti da parte di integralisti islamici. Ora, in un momento in cui occorre fare di tutto per allontanare lo spettro delle guerre di religione, l'Europa e l'Occidente avevano tutto l'interesse a far propria la difesa dei musulmani della Bosnia, in nome di alcuni dei principi fondanti della nostra cultura. (Il fatto che Izetbegovic progettasse da tempo di fare della Bosnia uno Stato islamico non è colpa da far pagare ai suoi connazionali e compagni di fede- ben lungi, peraltro, dall'essere tutti degli integralisti). Al di làdi ogni altra considerazione, la Bosnia è stata anche per questo un'occasione perduta, che accende nuovi rancori nel mondo islamico. La difesa dei musulmani di Bosnia (e domani forse del Kosovo) è stata abbandonata nelle mani della Turchia e dell'Iran, o della Conferenza islamica che progetta brigate internazionali. Con scarse conseguenze, per ora: ma fino a quando i governi occidentali (ma anche quelli dell'Europa orientale e della Russia) penseranno di poter contare sull'attuale relativa fragilità e inettitudine dei governi musulmani, e sulle divisioni e rivalità che li paralizzano? 4. Mi sembra assai difficile provare oggi simpatia per i serbi, cui spettano indubbiamente le responsabilità maggiori della situazione attuale, a causa della loro lunga incapacità di accettare una divisione consensuale e pacifica dell'ex Jugoslavia, delle loro storiche e oggi rinnovate tradizioni bellicose, delle loro spregiudicate ambizioni egemoniche grandi-serbe. Ma trovo altrettanto errata e pericolosa una demonizzazione globale del popolo serbo in qualche modo analoga a quella che fu riservata (e lo è ancora in parte) ai tedeschi. Gli stereotipi hanno sempre qualche ragione (a volte - ed è il nostro caso - ne hanno molte), ma non sono mai sufficienti. In particolare, non credo che nessuno di noi possa sentirsi al riparo da tragedie come quella che la Bosnia sta vivendo 6 Mi manca qualcosa... Certo, noidonne! Con il numero di ottobre: • L'etàdi frontiera: tra il lifting e l'ascesi • Giustizia: SilviaBaraldiniaspetta ancora • Sarahe Anna, un matrimoniolesbico • Esu legendaria, tantissimilibri MENSILEDI ATTUALITÀ,POLITICA,CULTURA. IN EDICOLA I PRIMI DELMESE. in nome di una supposta maggiore civiltà o solidità istituzionale. Il riemergere dei vecchi particolarismi e il formarsi di nuovi, in una situazione caratterizzata da crisi economica e da un impatto di dimensioni epocali (e crescenti) con le migrazioni dal Sud e dall'Est, le tendenze disgregatrici, i razzismi che ritornano, gli integralismi religiosi autoctoni o di importazione sono tutti fenomeni che appartengono, ogni giorno di più, anche all'Europa occidentale: per quanto possano apparirci (e siano in effetti) più solide, da noi, le barriere protettive. Anche per questo, a nessuno è permesso, oggi, chiamarsi fuori o illudersi che guerre civili, orrori e massacri siano cose che riguardano sempre un "altrove" lontano. Se lontana, geograficamente e culturalmente, era la Cambogia, questo non può certo dirsi per un paese che fronteggia le nostre coste adriatiche. Poscritto Questo articolo che Goffredo Fofi vuole gentilmente riprodurre in "Linea d'ombra", mi venne chiesto da Roberto Roscani,per "l'Unità", ai primi di agosto. Ebbe una gestazione assai lunga e combattuta, e fu pubblicatosolo il 28 dello stessomese. Credoche i problemi, le incertezze e le inquietudinidi chi lo ha scrittoappaianochiaramenteal lettore. In ogni caso, questo non è un articolo di uno specialista in questioni balcaniche (quale io non sono, né pretendoovviamente di essere), ma di una persona scandalizzata e preoccupata. Lo riproduco nella sua primitivaversione, con pochissimecorrezioni formalie una sostanziale,benchébrevissima. Enpassant, avevo ricordato i "massacri tra islamisti e cristiani copti" in Egitto. Rileggendo, non so spiegarmiquesto lapsus. Inrealtà, ciò che accadeoggi inEgittoè che molti cristiani copti vengono massacrati da integralisti islamici, il che è molto diverso. Non si è mai abbastanza attenti. Semprerileggendo,aunaventinadi giornididistanza,mi sonochiesto se qualcosa nella situazione sia cambiato. Assai poco, direi, in Bosnia, dove la strage continua. Qualcosa, forse, nell'opinione internazionale, presso la quale i serbi hanno guadagnato qualche punto, mentre ne hanno persi i musulmani. Negli ultimi giorni, infatti, i serbi hanno alternato ai colpidi cannone alcuneproclamazionidi buonavolontàe di disponibilità a trattare. Ma no.nè chi non veda come questo atteggiamento si leghi strettamente al fatto che i serbi della Bosnia hanno ormai quasi vinto la loro guerra, e che la "cantonalizzazione" dei musulmani è tragicamente vicina a essere un fatto compiuto (con la complicità anche dei croati). I musulmani hanno ucciso due soldati francesi dell'Onu, e pare siano stati loro anche ad abbattere l'aereo italiano. Si dice che punterebbero con questi gesti, nella situazione disperata in cui si trovano, a provocare un interventomilitare dall'esterno. Si tratta, senza dubbio, di gesti criminali e suicidi, che hanno per ora solo contribuito ad alienare ulteriormente ai loroautorilegià scarsesimpatieinternazionali.Ma resta,comeun pesoper noi tutti, la loro disperazione. Nell'articolo, pur richiamandol'attenzionesul rischiodi demonizzare un intero popolo, non esito ad attribuire ai serbi la responsabilità principale della tragedia; di più, ad accogliere in qualche misura lo stereotipo delle loro tradizioni storichedi bellicosità e di violenza.Mantengoquesta posizione.E consiglio la letturadel romanzodiM. Cmjanski, Migrazioni, /, Milano, Adelphi, 1992. I problemi che avevo esposto sull' "Unità" sono stati ripresi sullo stessogiornale, il 5 settembre,da Franco Cassano, il quale ripropone, con interessantie appassionate argomentazioni, il tema dell'"economia della violenza", nonché della possibilità (e dei modi) di iniziativedall'esterno, atte, in determinate circostanze, a fermare un massacro.Mi sembra però che Cassano sfugga alla domanda che sembra a me la più importante - e lapiù angosciosa. Questa:cosa fare, inpresenzadi unmassacro,quando nessunapprezzabile risultato sembrapoter essere ottenuto nè dall'equilibrio tra le potenze (oggi inesistente)néda istituzioni internazionalifragili e incerte, né dalle organizzazioni del pacifismo? Infine, per concludere un Poscritto già troppo lungo, vorrei segnalare al lettoreche in passato ho affrontatopiù volte, e inmanierapiù specifica (ma sempre, nelle mie intenzioni, problematica), il tema delle contraddizioni della non-violenza: soprattutto nel capitolo finale, su "Gandhi e i dittatori", del volume Gandhi in Italia, Bologna, Il Mulino, 1988.
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