--segno---- I Anno XVIII - N. 136-137 - Giugno-Agosto 1992 Abbonamenti 1992: ordinario: L. 50.000, sostenitore: L. 100.000, estero: L. 100.000. Un numero: L. 8.000, arretrato: il doppio. Gli abbonamenti vanno effettuati sul conto corrente postale n. 16666901 intestato a: Centro Culturale Segno, Casella Postale 565, 90100 Palermo. SOMMARIO EDITORIALE. La mafia non si tocca.• 19 LUGLIO 1992. G. Saladino, Che ci facciamo qui? • A. lngroia, Paolo Borsellino, l'ultimo eroe • F.P. Castiglione, Un'inquietante ipotesi sulle stragi siciliane. • DOCUMENTI. Falcone e Borsellino, un solo obiettivo [dalla strage di Capaci alla strage di via D'Amelio). • SEGNI DEL MESE. Simplicio Massimo, La bombocrazia I I limoni di Gramsci / La verità in Cosa Nostra / Trasformazioni della democrazia. • POLITICA. M. Spallino, La situazione dopo il 5 aprile. • RICERCHE. R. Cipriani, La mafia come nume tutelare • P. Innocenti, La prevenzione dalla droga in Europa • P. Perconti, La ricerca della sofferenza nella mistica di Angela da Foligno e Maria Maddalena de' Pazzi • G. Di Benedetto e S. Lucido, Sulla nonviolenza. Movimenti e forme di pratica politica. • POLITICA INTERNAZIONALE. A. $pataro, Mediterraneo militarizzato • G. Cinquegrana, La sicurezza della comunità Europea. • SCRITTURE. A. Asmundo, Le idee. • SPIRITUALITÀ. L. Asciutto, Fede e scienza.• CHIESA. Dichiarazione dei diritti e delle libertà nella chiesa. école Mensileperinsegnanti forti. Nuovrnri<. Mensile 1 Abbonamento annuale L. 40.000 I_:, ccp. 26441105 intestato a SCHOLE' FUTURO ff: Via S.F,.•= d'Assi,, 3 Torino I ~ 72 SAGGI/NERLING pagnato la mia via dell'esilio, ombre che preferirei di passare qui in silenzio, ma essa veniva sempre rischiarata da una luce immancabile: dalla libertà che è l'opposto dell'orrore, che è la fonte del coraggio e della speranza, sostiene nei momenti di debolezza, fa idealmente cadere tutte le frontiere, rompe tutti i freni. Quando ricordo oggi il passato, intravedo nella libertà dell'esilio l'unica forse componente euforica della nostra sorte. Ma non escludo che Milosz avesse in mente qualcos'altro, scrivendo della "libertà che fa orrore". Nei primo anni dell'esilio mi sono incontrato con un caro amico di Varsavia. In una conversazione molto lunga egli pronunciò una frase, che si è scolpita profondamente nella mia memoria: "La vostra libertà di esuli è vera, sì, ma inutile". Inutile nel senso, che nel mondo di allora non poteva portare frutti, era una libertà piena di valori nobili, ma che non portava a nulla. Una osservazione non priva di una certa ragionevolezza, eppure estremamente miope. Di come si sommano, a lunga distanza, gli atti e le parole della libertà sterile e inutile in apparenza, gli apparati polizieschi dei paesi comunisti sapevano di più del mio amico di Varsavia. E come si sono alla fine sommati, vediamo oggi con una chiarezza sufficiente. Anni fa, quando Solzeniczyn pubblicò la sua Lettera ai capi sovietici fui invitato dal settimanale romano "L'Espresso" per discuterne con il professor Lucio Colletti. Colletti è un uomo molto intelligente, eppure anche lui parlava della lettera di Solzeniczyn con una sfumatura di scetticismo ironico di fronte ai "buoni consigli" offerti da un esule ai governanti del suo paese natio. Oggi sappiamo quale peso hanno i vecchi consigli di Solzeniczyn nella situazione attuale dell'ex Unione Sovietica. Sono sicuro che a Solzeniczyn non faceva mai orrore la libertà dell'esilio ... La fine dell'esilio, la fine della lotta per l'indipendenza, è una buona occasione per un confronto del paese in gran parte idealizzato dagli esuli con il paese reale. Sono scomparse le barriere dei confini; sono state abbattute le barriere politiche e artistiche, sono cadute le gerarchie imposte dal regime, si sono dissolti come nebbia gli ordini e i divieti. Lo scrittore si sente libero, indipendentemente dal posto dove abita o lavora, nel proprio paese o all'estero. In una misura maggiore o minore partecipa nel ritorno del suo paese alla salute, alla tanto agognata "normalità". Come deve essere questa "normalità"? In quali condizioni rinascerà adesso anche una "normale" letteratura più o meno buona? L'ex esule capisce adesso meglio di prima, cioè negli anni della idealizzazione del proprio paese, come sia arrivato in profondità il processo della sovietizzazione parallelamente con la crescente resistenza contro il comunismo e con le assicurazioni libertarie. Sa che l'ex suddito deve gradualmente crescere al rango di un cittadino, anche se questa crescita dovesse protrarsi per più di una generazione. Non si fida della "libertà negativa" dei liberali classici - del genere di lsaiah Berlin - che vuol dire la semplice eliminazione di tutti gli ostacoli nello sviluppo economico; non si fida temendo il capitalismo "selvaggio", come fonte sicurà degli antagonismi, dei conflitti e delle perturbazioni sociali. Si sente più vicino a Ralf Dahrendorf, che consiglia di moderare il liberalismo classico con delle misure socialdemocratiche, la politica delle larghe possibilità e dei vasti diritti sociali. E ogni giorno di più e meglio si rende conto, che le cose un tempo da lui attese con pazienza come un meritato compimento futuro, non sono oggi che un nuovo e difficile inizio.
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