Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

• nel giudizio su Craxi. È un uomo che ha tanti lati che certamente non posso apprezzare, e in tante cose credo che abbia veramente torto, ma è un uomo politico. Oggi voterebbe socialista? Lei ha avuto la gentilezza di ricordare Gigliola, mia moglie. Ebbene, lei votava socialista e io voto repubblicano. E non ci sono scontri in famiglia? No, anzi! Per introdurre il capitolo sull'Unione Sovietica mi permetto di citare Giancarlo Pajetta in II ragazzo rosso va alla guerra, il quale ricorda il giovane "giellista" Franco Venturi, che neanche di notte e coi tedeschi vicini dimentica di essere un intellettuale. Era Pajetta che non la vedeva bene come intellettuale o erano in generale i comunisti che allora non vedevano molto bene gli intellettuali? Il fatto di continuare ad avere una passione per lo studio è effettivamente una cosa che per me è impossibile superare. Devo dire la verità, io ho sempre pensato che fosse necessario fare il possibile, fare il proprio dovere per abbattere i paesi totalitari, e certamente il fascismo italiano. Ma la mia vocazione era quella dello studioso. Di fronte a me avevo l'esempio di mio padre, un uomo che è andato volontario in guerra ed è stato ferito a un occhio, uno storico dell'arte con un occhio di meno per via della guerra, e che però, finita la guerra, è tornato a fare lo storico dell'arte'. Lei invece, finita la guerra va dal '47 al '50, su invito di Manlio Brosio, a Mosca come addetto culturale all'Ambasciata italiana, e lì comincia a fare una ricerf!a sulla storia russa, sul populismo russo. Com'è nata quest'idea? Pensando soprattutto 25 aprile 1945. INCONTRI/Yl!NTURI all'Unione Sovietica, alla fine degli anni Quaranta, un posto insomma non ideale ... È una questione personale e non penso che possa effettivamente interessare, ma quand'ero al confino in Basilicata ho conosciuto un altro confinato, un giovane confinato, ancor più giovane di me, che si chiamava Jadran Ferluga. Era lì con la famiglia, era un triestino italiano di origine slava che era stato mandato al confino proprio per via della sua origine insieme al padre e a un fratello - Igor. E abbiamo cominciato a discutere con Jadran cosa dovevamo fare e lui mi ha detto: "Beh, impariamoci il russo, io come slavo sono facilitato, ti aiuterò." Per risultato, gli accenti del mio russo sono spesso sbagliati perché gli accenti degli slavi sono spesso sbagliati rispetto a quelli della Russia, ma comunque io uscii dal confino sapendo il russo, nel senso che potevo leggere un testo russo. Chi mi mandò il testo su cui abbiamo fatto gli esercizi fu Ada Gobetti, la vedova di Piero, che naturalmente scelse il libro adatto a noi con molto spirito ... Ed era Delitto e castigo. Ho imparato il russo con questo libro. Quando poi ho finito di fare il giornalista, perché sono stato un anno e mezzo direttore di un quotidiano a Torino, c'è stata la Russia. Il giornale era "Giustizia e Libertà" .... "Giustizia e Libertà". Quando questo giornale è finito, incontrai Brosio, che era sempre stato nell'ambiente dei resistenti, uno dei capi della Resistenza a Roma, antifascista da sempre, che mi disse: "È vero che lei sa il russo?" E io: "Beh, come lo si può imparare al confino, se le basta .." "Vuol venire in Russia?" E io: "Molto volentieri". E disse anche un'altra cosa, se mi permette. Su quel famoso articolo della Pravda ... Io gli dissi "Se vuole che le scriva il prossimo articolo di fondo della Pravda posso scriverlo senza problemi, perché in Russia scrivono sempre lo stesso ogni giorno e io so già quello che ci sarà scritto domani". Nel '47-'48 il clima sovietico era quello che era. Insomma, accettai ben volentieri, in parte per rassegnazione di fronte al fallimento (mettiamoci pure le virgolette, se volete) del Partito d'Azione. Finito il giornale, che non ha mai trovato i soldi necessari, finito il Partito, che si era spezzato internamente, cosa avrei dovuto fare? Solo il professore? Certo, questa è una vocazione, ma una vocazione a cui non bisogna abbandonarsi sempre e troppo. E invece con il lavoro in Urss ebbi la possibilità di vivere in un paese che mi interessava straordinariamente e di capire veramente quel che lì accadeva. La formazione degli uomini del Partito d'Azione e in particolare di quelli di Giustizia e Libertà era tutta in polemica e in discussione con i comunisti. Non poteva esserci conoscenza migliore del comunismo di quel tempo che tre anni come io li passai a Mosca, che mi hanno dato 65

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