Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

interpretazioni del ruolo del paese nel mondo, come apportatore di cultura, libertà o valori. Braudel si è inserito in questa tradizione, tenendo però conto del contesto storico in cui scriveva. Con la presidenza di Mitterand, la Francia aveva ormai ogni illusione di grandeur risvegliata con la Quinta Repubblica e con il governo di De Gaulle. Dal punto di vista economico non poteva più condurre una politica indipendente dalla Comunità dominata dalla Germania, dal punto di vista diplomatico il paese era rientrato in seno ali' Alleanza Atlantica capeggiata dall'America, e dal punto di vista culturale il suo prestigio era stato difeso da mirabili opere provenienti da Londra o da Orlando. Come se ciò non bastasse la Francia ospitava entro i propri confini quattro milioni di musulmani nordafricani, scompaginando qualsiasi immagine razziale e molti degli ideali repubblicani del paese. Un tempo la Francia era stata la nazione europea per eccellenza dell'immigrazione. Nessun altro paese era in grado di assorbire polacchi, italiani, ebrei e belgi come la Francia. Ma con gli arabi maghrebini era un altro discorso. Lo shock storico che essi rappresentano per la consolazione narcisistica deve essere messo a confronto con l'insolita natura dello stato-nazione francese. Spesso si dimentica che la Francia è l'unico significativo esempio in tutta l'Europa occidentale di un antico stato territoriale che coincide con una comunità nazionale. Germania e Italia hanno visto a lungo il proprio territorio diviso; Spagna e Gran Bretagna restano tuttora composite da un punto di vista nazionale. In simili condizioni la strada per l'ascesa di Le Pen era SAGGI/ ANDERSON spianata. Con la vitt~ria elettorale del Fronte nazionale il termine di identità francese si impone all'attenzione dei politici. Il libro di Braudel viene pubblicato all'inizio del 1986, subito affiancato da altri volumi polemici sullo stesso argomento che riflettono tutto lo spettro ideologico - L 'identité française, patrocinato da Espace 89, per la sinistra, e L 'identité de la France del Club del' Horologe, per la destra. Come è prevedibile, immigrazione e educazione sono al centro di queste disquisizioni. Braudel affronta questi temi in tono discreto e leggermente apprensivo, come qualcosa di imprescindibile. È in questo clima di tensione e di confusione intellettuale che il suo libro è riuscito a vendere 400.000 copie - affermandosi a ragione come un pubblico evento. Nello stesso anno la vita pubblica tedesca veniva scossa dalla cosiddetta "disputa degli storici", scoppiata nell'estate del 1986. Dal punto di vista formale oggetto della discussione era il significato della Soluzione Finale, ma il suo effettivo campo di battaglia politica, unanimamente riconosciuto, diventò il futuro dell' identità nazionale. I conservatori Michael Stilrmer e Andreas Hillgruber sostenevano, di fatto, che i crimini del Terzo Reich non avevano cancellato la tradizionale e critica posizione della Germania al centro del continente. L'identità nazionale storicamente più discontinua d'Europa continuava a essere ancorata a fattori geografici: i tedeschi erano sempre il popolo del centro, così come li aveva definiti Nietzsche, e la loro riunificazione non poteva essere rimandata all'infinito. Controparte nella disputa, Hans-Ulrich Wehler e Jiirgen Habermas rifiutavano qualsiasi definizione geopolitica di nazione come retrograda eredità del passato, spazzata poi via dal regime nazista. Secondo Habermas, l'identità nazionale tedesca - e in verità qualsiasi moderna identità accettabile - non può che essere "post-convenzionale", vale a dire basata sulla ricezione critica dei principi universali. Habermas sostiene che la forma politica della maggioranza collettiva costituirebbe un "patriottismo costituzionale" che perdura solo in occidente. I fatti hanno dimostrato il prezzo da pagare per questa mancanza di senso storico quando ripetendolo tre anni dopo l' SPD lasciò Kohl padrone dell'unità tedesca. Se in Francia l'autoanalisi nazionale era una reazione alla perdita di coerenza e di prestigio, in Germania le stesse preoccupazioni portarono alla riconquista di potere e prestigio nel mondo. I primi anni Ottanta avevano già prodotto un'ondata di antologie in cui studiosi di spicco discutevano il concetto di identità nazionale e delle forme che aveva assunto in Germania. Dietro a un simile sondaggio c'era il formidabile successo economico della Repubblica Federale. I pericoli di questa connessione hanno costituito l'argomento principale dello studio vivacemente condotto dal giovane storico inglese Harold James, A German ldentity. In un brillante schizzo James suggerisce che storicamente le concezioni dei tedeschi riguardo alla propria identità come nazione tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo sono passate attraverso una serie di definizioni culturali, politiche e economiche (in pratica da Herder a Mommsen, a Rochau), per poi ripetere il ciclo nel XX secolo (da Manna Hitler, a Erhard). L'attuale orgoglio relativamente benigno per il marco tedesco, paragonato all'alterigia del Griinderzeit- il successo economico è una base in sé poco sicura per il senso d'identità nazionale, perché suscettibile a fasi depressionarie e disillusioni. Quello che occorreva erano invece stabili istituzioni politiche che comandassero una fitta rete di collabora55

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