Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

SAGGI/ ANDERSON Nel frattempo c'era stato un cambio di registro. Nell'ultimo decennio, il discorso delle differenze nazionali era slittato dal concetto di carattere a quello di identità. I due termini spesso vengono usati come fossero intercambiabili, in realtà le loro connotazioni sono diverse. Quello di carattere è in linea di massima un concetto ampio, che comprende tutti i tratti distintivi dell'individuo o del gruppo; è autosufficiente, non necessita cioè di riferimenti esterni per essere definito e si presta a modifiche parziali o generali. Il concetto di identità, invece, ha un valore più selettivo perché evoca ciò che è interiore ed essenziale, è un termine relazionale, perché per definirlo occorre intervenire con elementi esterni, e perpetuo, in quanto indica qualcosa che è uguale nel tempo. Parlando di individui noi usiamo il termine "identità" principalmente in due modi: uno semi-ontologico, quando cioè vogliamo alludere ali' intimo più profondo della personalità, l'altro sociale, solitamente quando ci riferiamo ai ruoli nell'ambito della divisione del lavoro. La tensione tra le due accezioni è evidente. Si potrebbe affermare che, paragonata al carattere, l'identità è qualcosa di più profondo ma anche di più fragile: se da un lato poggia su basi metafisiche, dall'altro è sociologicamente sensibile e dipendente. Non è un caso che nella terminologia corrente si parli di "mutazione" del carattere, ma "crisi" dell'identità. E viceversa, il carattere in genere non è mai oggetto di una crisi, né l'identità è passibile di mutazioni - tranne che in senso melodrammatico, dove però più che essere alterata, essa viene mascherata. Ciò che separa i due concetti non è semplicemente la differenza tra evoluzione eri voluzione. C'è un altro importante elemento di contrasto: il secondo termine implica autoconsapevolezza, il primo non necessariamente. L'identità in altre parole presenta sempre una dimensione riflessiva o soggettiva, mentre il carattere può al limite rimanere completamente oggettivo, qualcosa colto dagli altri ali' insaputa dell'interessato. Ciò che vale per l'individuo, vale anche per il popolo. Se il carattere nazionale era considerato una radicata inclinazione, l'identità nazionale è una proiezione autocosciente, implica sempre un processo di selezione in cui la massa empirica del vivere collettivo viene sintetizzata in un emblema. La soggettività a questo punto è inscindibile dal simbolismo. I simboli catturano il passato e preannunciano il futuro. La memoria è fondamentale per l'identità, mentre non lo è per il carattere. Lo stesso vale per la missione- la raison d 'e tre di un determinato contributo al mondo, più che il mero e tre di una singola esistenza al suo interno. Insieme questi due elementi danno ali' idea di identità nazionale la sua forza normativa. Lo stesso concetto di carattere nazionale non è mai stato puramente descrittivo, per la ragione addotta da Kant, che il carattere è anche la virtù dell'autocontrollo. Fouillée potrebbe ribattere che era sua intenzione discutere dei lati buoni dei francesi non per adulare i suoi connazionali, ma per spronarli a tener fede ai propri ideali. Orwell, per il quale descrivere e celebrare i compatrioti in pratica era una cosa sola, sentiva tuttavia di assumersi un vitale compito di elevazione, infatti le sue analisi avevano lo scopo di "portare alla superficie la vera Inghilterra". In questo caso, come lo stesso titolo araldico suggerisce, l'opera di estrazione e sublimazione ormai è già sulla linea dell'identità nazionale. Lo stesso termine usato da Orwell -il "genio innato" -resta sospeso tra i due concetti. Il suo termine però prelude a molti dei temi della letteratura a venire: "l'Inghilterra sarà sempre l'Inghilterra , un 54 animale immortale che vaga tra futuro e passato e che, come tutte le cose viventi, ha il potere di mutare fino a divenire irriconoscibile restando ciononostante sempre la stessa". Decisamente più unicorno che leone. In maniera più dotta, meno demagogica, l'identità nazionale doveva in sostanza rappresentare la fusione del concreto e dell' ideale, del mutevole e dell'eterno. Braudel esprime in modo eloquente il versatile risultato: "Cosa intendiamo allora per identità nazionale della Francia, se non una specie di superlativo, una problematica centrale, il plasmarsi della Francia con le proprie stesse mani, il risultato vivente di ciò che un passato interminabile ha depositato, strato dopo strato, proprio come l'impercettibile sedimentazione sul fondo del mare alla fine creò le solide fondamenta della crosta terrestre? In definitiva si tratta un residuo, un amalgama, il risultato di somme e mescolanze. È un processo, una lotta contro se stessi, destinata a nonfinire mai, se dovesse finire tutto andrebbe a pezzi. Una nazione, per avere una propria essenza, deve pagare lo scotto di continuare in eterno a cercare se stessa, trasformarsi incessantemente in direzione del proprio sviluppo logico, confrontarsi senza sosta con gli altri e identificarsi con la parte migliore di sé, quella più essenziale". La prosa qui, facendo il verso alle concrezioni che evoca, oscilla continuamente tra gli strati geologici e quelli deontologici - tra ciò che è avvenuto in tempi immemorabili e ciò che dovrebbe avvenire in una dimensione trascendentale - come principi di definizione. L'identità della Francia in questo senso può essere vista come una classica formulazione del genere, nella sua forma più dignitosa e lungimirante. Che cosa ha fatto nascere la discussione sull'identità nazionale? La risposta in parte va rintracciata proprio nel declino del carattere nazionale. Quando i confini rassicuranti di quest'ultimo in seguito ai mutamenti sociali del dopoguerra sembrarono vacillare, si sentì il bisogno di un valore morale sostitutivo. Il concetto di identità, nell'accezione più ristretta del termine, calzava a meraviglia, suggerendo un legame più intimo e idealizzato rispetto alla rozzezza dei rapporti quotidiani. Ma c'era un ostacolo. Quello di identità può essere il concetto più profondo, ma - sia per le nazioni sia per gli individui - anche quello più effimero. La rigidità della sua proiezione sociale in poche e care immagini lo rende possibile preda dell'ansia strutturale. E motivi d'ansia non tardarono ad arrivare. Gli sviluppi che minarono alle fondamenta il carattere dell'Europa furono sostanzialmente originati dal mercato. Sulla loro scia due cambiamenti sostanziali hanno investito lo stato: l'emigrazione di massa dalle aree extraeuropee e il consolidamento della Comunità Europea. Le controversie tra cittadinanza e sovranità alterano l'identità nazionale molto più del consumismo e dello svago. Il piano politico simbolico è il suo habitat naturale. Questo il quadro generale in cui va collocato il crescente interesse per l'identità nazionale registrato a partire dalla metà degli anni Ottanta. Il libro di Braudel è uno dei suoi prodotti. Di tutte le nazioni europee, la Francia è sempre stata quella più generosa di autoritratti storici, che da Guizot e Michelet in poi hanno offerto via via nuove

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