SAGGI/ ANDERSON Che cosa ha/atto nascere la discussione sull'identità nazionale? La risposta va in parte rintracciata proprio nel declino del carattere nazionale. con un'analisi delle origini sociali dell'empirismo inglese e del razionalismo francese considerati tratti nazionali salienti, in pieno stile humiano. In Inghilterra, invece, chi trattò l'argomento in modo più sistematico fu un liberale. Nella sua opera National character, pubblicata nel 1927, Ernest Barker fornì una cornice teoretica per analizzare l'argomento e al tempo stesso un'applicazione pratica relativa all'Inghilterra. Barker divise i fattori che compongono il carattere nazionale in una base materiale - comprendente patrimonio genetico, posizione geografica e struttura socio-economica - e una sovrastruttura culturale che abbraccia leggi e governo, religione, lingua e letteratura, educazione, dove il secondo insieme è più significativo del primo e anche meglio riconducibile a una consapevole alterazione. Il carattere nazionale così composto venne più facilmente inteso come una "tradizione" tramandata, come l'opalina nelle sue innumerevoli sfumature. Barker riteneva che le nazioni dovessero coincidere con gli stati, eppure accettava che così non fosse per il Regno Unito. Egli giustificava le proprie ambiguità con una sofisticata distinzione: la Scozia è una nazione che è un semi-stato e la Gran Bretagna è uno stato che è quasi una semi-nazione. Lo studio di Barker restò l'ultimo tentativo ambizioso di analisi delle componenti del carattere nazionale. Non che l'idea fosse completamente scomparsa, ma essa retrocedette gradatamente fino a rientrare proprio in quella boscaglia del folklore e del feuilleton da cui Bauer l'aveva voluto far emergere. Trattatelli famosi come Il leone e l 'unicomo di Orwell e i discorsi radiofonici tipo Englishness of EnglishArtcontribuirono a tramandare un genere di presunzione convenzionale, mentre le biblioteche si riempivano di studi su "i russi", "i tedeschi", "gli italiani", "i francesi", un genere di solida tradizione, utile per soddisfare le curiosità riguardanti gli altri. Opere più serie e approfondite d'impianto comparativo, però, non ce ne furono. Negli anni Sessanta il carattere nazionale non era più considerato un tema interessante. Quali le ragioni del suo tramonto? Nel periodo più radioso questo concetto faceva parte di un'idea più vasta di cultura nazionale, e da quando nel XIX secolo entrò nell'uso corrente il termine non venne mai definito con precisione. Venne però introdotto in tempo per riassumere i quattro ingredienti principali: costumi tradizionali, valori codificati, arti nobili e oggetti d'uso quotidiano - ovvero i domini di socialità, moralità, creatività e consumismo. (In modo paradigmatico lasciateci dire: Fanny che beve troppa sangria al ballo di Mansfield Park). Ai tempi di Hume l'accento cadeva sulle prime due voci, i costumi e i valori, ai tempi di Bauer il terzo elemento era considerato quello più significativo, si trattasse di filosofia o di letteratura, ma fu solo con l'etnografia nazionale della mass observation che l'ultimo ingrediente ottenne il giusto riconoscimento con la pubblicazione della versione orwelliana del modello di vita medio inglese. Dalla Seconda Guerra mondiale in poi tutte questi componenti tradizionali delle varie' culture nazionali dell'Europa occidentale sono state messe a dura prova. Il mondo-oggetto di tutti i ricchi paesi capitalisti si è inesorabilmente ibridato oppure omologato, mentre i circuiti della produzione e scambio internazionale sono gradatamente aumentati. I vecchi indici di differenziazione hanno man mano perso il loro valore. Primo fra tutti il modo di vestire - i giorni del basco e della bombetta sono finiti ormai da un pezzo, e di un repertorio un tempo vastissimo ormai non sopravvive che il Tracht austriaco, forse perché ha sempre avuto qualcosa del travestimento. Poi la dieta - certo più resistente e tenace, ma anche il tempo in cui le foto di hamburger affisse nella metropolitana potevano essere imbrattate con scritte del tipo français, françaises rejetez cette bo1,1ffdeéshonorante è tramontato: fast food e nouvelle cuisine in linea di massima sono di casa ovunque. Poi i mobili - con l'invasione dei moduli Ikea. Se l'edilizia non ne ha granché risentito, a parte i palazzi per uffici e i residence, lo si deve soprattutto al fatto che molte case risalgono a prima del dopoguerra, invece di rispecchiare gli stili regionali. Nell'ambito dell'arte e della comunicazione la crescita dell'immagine ai danni della stampa, e del demotico relativo ai generi d'élite contribuiscono sempre più alla creazione di un'unica fascia spazio-temporale dell'immaginario delimitata dalla fibra ottica. La lingua, da sempre la barriera culturale più forte, nei momenti critici è stata scavalcata. Nel frattempo le discipline sociali, che un tempo propagandavano codici e usanza nettamente distinti, si sono indebolite; il sistema scolastico non comprende più ideali educativi contrastanti, da quando uno stesso grado di progressismo, nato dalla convinzione o dalla sfiducia, investe tutto quanto. Le aule, prima concepite come il crogiuolo della cultura nazionale, riflettono ormai ben poco della nazione, e talvolta anche della cultura. Se il carattere nazionale era il precipitato umano di una cultura nazionale - si pensi alla gamma di valori e norme di comportamento che ha promosso- il venir meno di quest'ultima non poteva non confondere le idee del primo. Ma quando ciò accadde, del concetto di carattere si cominciava giustamente già a sospettare. Così come un tempo la sua versione più efficace era stata fornita dalla narrativa realistica, anche i primi duri attacchi provenirono dal fronte letterario, con il dilagante rifiuto nel modernismo d'inizio secolo di qualsiasi stabilità dell'io, persino da parte di una figura di transizione come Lawrence. Il successivo impatto con la psicoanalisi indebolì ulteriormente la tradizionale concezione di carattere individuale come unità morale. Il termine aveva già perso sicurezza come categoria personale quando le trasformazioni delle condizioni culturali minacciarono la sua essenza di attributo nazionale. Si venne a creare una nuova situazione, in cui entrambe le accezioni potevano essere ripudiate. La logica di questo cambiamento è stata recentemente analizzata nelle sue conseguenze da almeno uno storico, Theodore Zeldin. Critico aspro nei confronti dell'impresa di Braudel sulle pagine della "London Review of Books", nella propria analisi pubblicata in The French rifiuta qualsiasi concetto di coerenza nazionale o individuale, partendo dal presupposto che oggi gli individui stanno sempre più differenziandosi gli uni dagli altri e sono sempre più divisi tra loro. Entusiasta, egli afferma che il risultato è una società in cui ognuno può ritagliarsi il proprio stile di vita da gaio straccione: con Durkheim messo a riposo l'anomia diventa un lusso quando la Francia entra nell'era del "capriccio". Perché i francesi, alla luce di questo "postpluralismo", dovrebbero continuare a essere chiamati così, non è detto: forse è anche questo un capriccio. L'unica ragione, secondo il libro, sembrerebbe essere che "tutte le umane passioni sono di scena in Francia". Pochi storici hanno voluto noyer le poisson in questo modo. 53
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