cui storia della Francia tratteggiava con accenti lirici le differenze tra le varie province, "diverse come clima, costumi e linguaggio", tuttavia unite da una reciproca condivisione e influenza; e più direttamente ancora da Vidal de Bianche, il cui Tableau de la geographie de la France del 1903 affermava che "la parola che meglio caratterizza la Francia è la varietà". Per Vidal, "l'armonia" delle parti costitutive e la "fertilità del suolo, il piacere di vivere in queste zone" creano un clima che rappresenta una "forza benefica, un genius loci, che prelude alla nostra vita come nazione e le conferisce qualcosa di sano". In altre parole, il motto di Febvre "l'appellativo della Francia è la diversità" era già un tropo esistente da tempo, Braudel ci ha leggiadramente ricamato sopra. Solo che non si è sforzato di supportare questa tesi con delle prove, come aveva fatto Vidal quando faceva notare che la Francia è l'unico paese europeo che combina una zona mediterranea, una atlantica e una continentale. Questi contrasti climatici sono abbastanza evidenti, ma che siano sufficienti per determinare una diversità regionale maggiore a quella degli altri paesi è un altro paio di maniche. Anche la Germania è formata da tre grandi aree geografiche, Reno, Baltico e le Alpi, con differenze che-contrariamente alle affermazioni di Vidal - sono pari o superiori a quelle della Francia. I Lander infatti sono molto più marcati nei loro profili regionali di quanto non lo siano oggi le emaciate provinces. Di fatto sembrerebbe più plausibile affermare che la Francia si è distinta storicamente dai paesi confinanti non tanto per la sua varietà geografica quanto per la precoce unità politica, così come dice un altro storico di Annales, Pierre Chaunu. Egli amava soffermarsi sulla singolarità della Francia "super stato", ali' epoca del Rinascimento quattro volte maggiore per estensione e numero di abitanti dell'unica monarchia a essa paragonabile, la rivale d'oltre Manica. Anche Braudel sembra prenderne atto quando allude alla diversità delle province francesi come a un effetto acuito dalla centralizzazione monarchica. In quel periodo, inoltre, il trionfo dello stato unitario era con ogni probabilità una delle cause della popolarità di questo tema della varietà nazionale - secondo l'ideologia francese, l'uno simbolica compensazione dell'altro. Se ne ha una conferma nel caso opposto, di una Italia priva di unità nazionale. In questo paese, durante la rivoluzione del 1848, Manzoni rifiutava con veemenza l'appoggio del ben intenzionato Lamartine: "Non capite che non c'è parola più dura da scagliare contro di noi di quella della diversità, simbolo per noi di un lungo passato di sciagure e abiezione?" Più dei fatti è forse proprio questo culto della diversità regionale che ci può dire qualcosa di specifico sulla storia della Francia. Braudel nel suo lavoro avanza una seconda ipotesi circa la peculiarità della Francia, meno rilevante o meno approfondita, ma • di tipo analogo. Passando dalla geografia alla demografia, egli sostiene che la grande sfida dell'immaginazione storica oggigiorno è di superare l'artificiosa divisione tra preistoria e storia così come era tradizionalmente concepita, una divisione che i progressi della archeologia hanno ormai reso anacronistica. Una volta fatto questo, dice, ci si trova davanti a un fenomeno macroscopico. La Francia ha una tradizione di insediamenti continui e intensi più remota di qualsiasi altra parte del continente. Verso il 1800 a.e. la sua popolazione era di circa cinque milioni di abitanti, vale a dire che la "composizione biologica" di base comune alla popolazione SAGGI/ ANDERSON francese era già presente quattromila anni fa. Nel!' affrontare questo argomento Braudel si rifà alla nozione di "civilizzazione neolitica nazionale" proposta dal maggiore preistorico francese, Jean Guilaine, autore di una recente opera intitolata La France d'avant la France. Ancora una volta il tema è tutt'altro che nuovo. Nell'introdurre la sua teoria della diversità spaziale francese, Vidal poneva l'accento sul fatto che essa era completata da una continuità temporale. "Il rapporto tra territorio e popolazione in Francia è contraddistinto da un particolare carattere di antichità e continuità... È stato spesso notato che da tempo immemorabile nel nostro paese gli abitanti si sono succeduti gli uni agli altri negli stessi luoghi". Il fascino della preistoria oggi è molto diffuso, e alcuni dei motivi di questo interessamento da parte di Braudel possono anche essere ricondotti alla fiction d'ambientazione plurisecolare di Raymond William. Una volta trasposto in chiave protonazionale, la distanza dal mito è breve, e l'affermazione di Braudel dei cinque milioni di contadini in epoca neolitica la annulla (Guilaine stesso infatti non ne ipotizza più di due, massimo quattrocentomila). Anche in questo caso gli attributi dell'identità dimostrano di essere più speciosi che specifici. Le tesi sulla diversità e sulla continuità hanno una matrice comune, e possono essere lette invece che come delle conclusioni tratte da una storia empirica, come i pilastri di una ideologia nazionale. Tutte le mitologie etniche, è stato notato, hanno un carattere territoriale oppure genealogico, ossia riconducono l'identità di un gruppo a un luogo originario oppure a una stirpe ancestrale. Le ideologie nazionalistiche posteriori hanno rielaborato questi mitemi di base nei propri concetti di "spazio poetico" o "memoria eroica", così come li definisce Anthony Smith nel suo studio fondamentale intitolato The Ethnic Origins ofNations. In un passaggio commovente, Braudel confessa la propria passione per la Francia ma promette che nel suo libro la metterà da parte, e 49
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