STATI-NAZIONE E IDENTITA NAZIONALE Braudel e la Francia Perry Anderson traduzione di Giusi Valent Perry Anderson, fondatore e direttore della "New Left Review", è autore di una importante ricerca sullo sviluppo dello Stato (Lo Stato assoluto, Mondadori 1980) e di altri saggi, tra cui li dibattito nel marxismo occidentale (Laterza, 1977) e Ambiguità di Gramsci (Laterza 1978). Femand Braudel, lo storico più illustre del suo tempo, deve la propria fama internazionale a due insigni volumi sul M~dit~rraneo all'epoca di Filippo II, pubblicati nel 1949, e alla tnlogia sulla civilizzazione materialista del capitalismo mondiale, data alle stampe tra il 1967 e il 1979. Morì nel 1986, pochi mesi prima dell'uscita dei volumi iniziali dell'ultima sua opera, rimasta incompiuta. Più localizzata come argomento e limitata nella trattazione, L'identità della Francia ( 3 volumi, Einaudi, 1988) è stata generalmente considerata un affascinante ma relativamente esil_e epilogo all'opera complessiva. In effetti questo progetto conclusivo, intrapreso da Braudel a più di settant'anni, era concepito in modo grandioso: il nucleo, due tomi dedicati a geografia, demografia e produzione, che sono sopravvissuti, è costituito da più di mille pagine. Avrebbero dovuto seguire altri due volumi: uno riv?lt~ alla politica, alla cultura e alla società francese, l'altro alle relaz1om_co~ l'esterno. Questi quattro volumi sulla "identità" sarebbero stati poi completati da due opere successi ve, rispettivamente sulla "nascita" e il "destino" della Francia, in cui Braudel progettava di riassemblare in una storia unitaria del paese le strutture separatamente analizzate nei primi quattro studi. Forse incredulo davanti a un piano tanto ambizioso, Sian Reynolds nella sua garbata traduzione inglese si è preso la libertà di sopprimere interamente questa parte. Quali erano le mire di questo grande disegno? Gli argomenti precedentemente trattati da Braudel erano in linea di massima originali - solo di rado riprendeva questioni già dibattute in precedenza. Questa volta invece egli scelse il tema più tradizionale, su cui già esisteva una vasta letteratura, e in gran parte autorevole. Per quale motivo dunque una nuova storia della Francia? Perché, diceva Braudel, "negli ultimi cinquant'anni la professione dello storico è radicalmente mutata" per Io sconfinamento nel suo malprotetto territorio di "varie scienze sociali - geografia, economia politica, demografia, scienze politiche, antropologia, etnologia, psicologia sociale, studi sulla cultura dei paesi, sociologia". Il principio da cui partiva Braudel era che queste innovazioni rendevano possibile una più profonda esplorazione delle costanti che caratterizzano la Francia, una discesa speleologica negli abissi di "una storia oscura, che scorre sotto la superficie, incessantemente -e che questo libro si propone, se possibile, di riportare alla luce". Le sotterranee longues dureés in tale modo individuate renderanno allora possibile una comprensione comparata di quello che storicamente era Io specifico della Francia: solo delle strutture durevoli nel tempo, infatti, a differenza di fatti che affiorano e poi svaniscono, permettono di identificare delle significative differenze tra le varie esperienze nazionali. Tacitamente (non è mai detto in modo esplicito) questo è anche il doppio significato del termine "identità" presente nel titolo del libro: indica quello che persiste e quello che viene meno, suggerendo che in fondo è poi la stessa cosa. La premessa alla indagine interdisciplinare di Braudel è costituita dal fatto che in Francia il peculiare e il permanente avevano coinciso. Braudel parlando della sua impresa diceva che era come un gioco d'azzardo. Fino a quando avrebbe continuato a vincere? 48 L'opera che possediamo ha un fascino enigmatico, in parte dovuto al suo essere incompiuta. Braudel ha sempre aspirato alle grandi generalizzazioni, ma il suo punto di forza era il particolare. In questo libro, d'impianto dichiaratamente soggettivo, questa tendenza è più indocile che mai, spesso però anche responsabile di una sfumatura più delicata e umana. Il primo volume offre una descrizione fisica delle principali regioni della Francia e la mappa degli insediamenti: dall'analisi generale di villaggi e città alle riflessioni più particolareggate sul ruolo commerciale del corridoio del Rodano, la supremazia agricola del bacino di Parigi, la strategica roccaforte di Metz e Toulon. Il secondo volume delinea un profilo demografico della popolazione dell'esagono, l'organizzazione delle attività agricole (bestiame, vino, cereali) e termina con un esame delle caratteristiche storiche di credito, commercio e industria in Francia. Lo stile per sua natura vivace, scorrevole, e l'uso intelligente degli esempi, conduce senza sforzo il lettore in terreni che altrimenti potrebbero sembrare opinabili, a volte addirittura aridi. E' facile capire come mai molti critici si siano soffermati sulla piacevolezza del testo, lamentando però il fatto che Braudel cammin facendo sembra perdere di vista il proprio scopo iniziale. Nel suo complesso infatti il lavoro manca di qualsiasi dimensione comparativa, anche sporadica. I vari contesti europei, che secondo logica avrebbero dovuto sottolineare la specificità dell'esperienza francese, sono si può dire totalmente assenti. Il risultato è che gran parte dell'opera di Braudel si basa su ampi resoconti di schemi di insediamento, usanze agricole o procedure commerciali, spesso diffuse in tutta l'Europa occidentale. La sua attenzione corre liberamente dalla remota preistoria all'epoca contemporanea, investendo con apparente disinvoltura una grande gamma di popoli più che di identità, e quello che era una caratteristica francese in realtà retrocede a ciò che era medievale o moderno. Braudel inizia dicendo che il tema era affascinante ma elusivo, e tale dimostra di essere. Tuttavia, tra la mole allegramente divagante di questa storia che, come era suo desiderio, non conosce argini né confini, troviamo delle asserzioni che in linea di massima servono a indicare la speciale posizione della Francia nel continente. La prima è la tesi secondo cui, di tutti i paesi europei, la Francia è sempre stata la più varia come doti naturali, e questo è l'argomento più ricorrente di tutta l'opera. Secondo alcuni studiosi le caratteristiche fisiche non sarebbero che un elemento storicamente marginale, questa empirica affermazione di Braudel a favore della Francia invece rivela la supremazia teorica che egli in genere attribuiva alla geografia nelle questioni sociali. Le determinazioni spaziali, ha dichiarato altrove, sono "le più antiche e le più importanti di tutte, fondamentali per qualsiasi approfondimento storico". In questo caso la Francia ha il vantaggio di essere una felice esemplificazione del principio. La sua varietà regionale, sosteneva Braudel era sinonimo di ricchezza materiale e culturale - una profusione di ambienti contristanti e di risorse senza eguali tra i paesi limitrofi. La Francia è sempre stata "l 'affa~cinante trionfo del pluralismo, dell'eterogeneo, del mai-del-tutto-la-stessa-cosa". Braudel nel celebrare la diversità della Francia ha molti predecessori, tra cui Lucien Febvre che egli stesso cita come proprio diretto maestro. Il tema, però, in definitiva è tratto da Michelet, la
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