Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

CONFRONTI revole, i particolari, i più minimi e maledetti particolari. Come fu fondata la piccola rivista "Mikado", per esempio, che, nelle mostre del circolo di Sascha Anderson, non ha mai avuto e non ha tuttora un grande ruolo, nonostante essa fosse, per il numero di copie distribuite, la più solida tra le riviste di letteratura non ufficiali di Prenzlauer Berg. E questo egli poteva prevederlo con grande precisione il 29 marzo 1984. Allora il maggiore Heimann avrebbe potuto affilare la lama del coltello, nonostante lo stolto Hager non abbia mai voluto ricorrere a tali mezzi: "È ormai certo che gli ultimi due numeri di questa rivista sono stati copiati, credo con un procedimento 'offset'. Essi intendono ora ridurre di nuovo l'edizione a cinquanta copie etc.". Sarebbe senz'altro costato ben più che il posto di lavoro al nostro amico Thomas, lo stampatore, se ciò non avesse fatto comodo a chi si trova al di sopra della Stasi. Dico "al ~i sopra" perché la Stasi era un vero e proprio groviglio di tentacoli, il quale tuttavia non poteva permettersi di colpire alla testa il mostro: chissà quante volte gli uomini della Stasi avranno maledetto quei vegliardi del Politburo ... Ma eccomi giunto nuovamente a te, Sascha, a te maledetto, come ha già detto giustamente Biermann - che l'ha poi però anche con eleganza ritrattato-, in confronto a te gli altri erano dei poveri inetti. Tu eri preciso come nessun altro. Tu sovrastavi sopra noi tutti e sopra tutte le altre spie (forse l'unica eccezione sono coloro della casa di Markus Wolf). Accanto a te eravamo davvero tutti naif. Tu non solo ti sei accaparrato la valuta occidentale, mentre a noi hai lasciato solo la posta in gioco (per mia fortuna ho avuto a che fare di rado con i tuoi affari), ma no, tu hai voluto partecipare anche al gioco ben più importante dei demiurghi socialisti. Senz'altro avevi l'impressione di essere addirittura migliore di loro. Lo so, con la tua biografia, tenterai di farti tanto di quel denaro, come del resto hanno cercato di fare, talvolta con successo, tutti gli altri criminali esperti nel mestiere dello scrittore. Attualmente la mia attività di scrittore non ha nulla a che fare con il tema trattato a questa conferenza. E così mi è accaduto: 1) di aver accettato davvero ingenuamente questo invito; 2) purtroppo, di aver letto i giornali. Ora sono a Chicago, dove mi animo per ciò che a casa mia o, là dove mi capita di essere, non trova spazio se non in discorsi occasionali. Non voglio trasformare questo luogo nel foro per una sorta di ira personale, per quanto dobbiate concedermi - e Vi prego di scusarmi - che questo discorso non può essere del tutto scervo di emozioni. Tali emozioni si possono considerare ataviche, non moderne, di certo non post o ex post moderne. Probabilmente, esse trovano la loro origine in un codice morale con radici molto profonde. Esso può apparire fuori moda, ridicolo e, soprattutto, mi trovo in imbarazzo nell'esporlo qui pubblicamente. Ciò che mi fa riflettere è il fatto che tale codice morale è il risultato dei 30 anni che ho trascorso nella Rdt. Dunque, i miei standard morali, e di conseguenza anche quelli con cui giudico Sascha Anderson, Reiner Schedlinski e gli altri collaboratori informali del ministero per la sicurezza nazionale della Rdt, specialmente se della mia età o con un curriculum simile al mio, sono di fatto quelli in cui anche i colpevoli sono cresciuti. Le biografie sono diverse, è logico, ma, in particolare a partire dagli anni Ottanta si era sviluppato tra noi, nelle città di Dresda, Lipsia e specialmente Berlino, un dialogo molto intenso che imponeva principi comuni, almeno in certi contesti. Per fare un esempio, si fondava su tali principi soprattutto la cosiddetta pratica del "silenzio eloquente", allora molto diffusa.L'area più delicata in questo senso era infatti quella del rapporto con il meccanismo onnipresente della Stasi. A costo di ripetermi, dirò ancora una volta: al livello entro cui si 40 muovevano persone quali Knud Wollenberger o Ibrahim Boehme, o Jutta Braband, o, appunto, dove si muovevano anche i poeti delatori, per lo meno al livello della intellighenzia più giovane e critica del sistema e/o dissidente, non esisteva tabù più grande. L'inosservanza di questo tabù, ad ogni rinnovato tentativo di chiarimento, da parte di autori di cui stimo l'opera mi colpisce così profondamente che mi sento costretto a esprimermi come l'ho fatto finora. Alla domanda che mi è stata posta sulla responsabilità degli intellettuali non posso che dare una risposta di carattere morale che risulta dall'esperienza accumulata negli anni passati ali' interno di un mondo chiuso verso l'esterno e che è il prodotto di una situazione sociale ormai tramontata. Dai discorsi con colleghe e colleghi, con amici di altri paesi ex-socialisti, ho imparato quanto straordinariamente simili possano essere anche i fenomeni più irrilevanti. Secondo quanto ho potuto dedurre da un rapporto "dpa" che risale al febbraio 1992 e da un discorso riprodotto nell'allegato settimanale "Magazin" del "Sueddeutsche Zeitung" datato 16 aprile 1992, gli ex collaboratori informali della Stasi Sascha Anderson e Rainer Schedlinski ritengono che il livello del dibattito corrente su questo tema sia degenerato in una sorta di isterismo. Da parte mia rifiuto una tale interpretazione. Il ministero per la sicurezza nazionale della Rdt altro in fondo non era che il fornitore di corte di farabutti di due specie. Alla prima appartenevano coloro che erano con la corda al collo, sulla cui esistenza tuttavia si decideva ogni volta in maniera diversa secondo le categorie di pietà e convenienza (mai di giustizia). A questo gruppo appartenevano i membri della "Chiesa dal basso" oppure della "Iniziativa per la pace e i diritti dell'uomo" e anche artisti o autrici e autori critici e anticonvenzionali oppure semplicemente gente che voleva abbandonare il Paese, che non riusciva ad accettare l'impiego loro assegnato. Nel secondo gruppo, in realtà gli unici veri e propri farabutti, si annoveravano i collaboratori informali. Questi portavano il materiale grezzo, oltre se stessi, all'attenzione dei fornitori di corte- la Stasi-i quali tenevano in esercizio le proprie dita di demiurghi sulla tastiera umana. È possibile che alcuni di questi fossero dei ricattati indifesi, gente di cui eventualmente aver pietà. Coloro che erano nelle condizioni di pensare e che sapevano cosa stessero facendo, semplicemente superarono il limite oltre il quale non si riesce o non si vuole più guardarsi allo specchio. Franz Fuehmann, tra l'altro uno degli autori personalmente traditi da Sascha Anderson in seguito ali' antologia del 1980-81, precedentemente citata, per lo meno ha trascorso, sebbene per altre ragioni, gli ultimi dieci anni della sua vita ad esercitarsi a sopportare di nuovo il proprio volto. In seguito ali' esperienza di due dittature interiorizzate ci ha lasciato in eredità sulla sua tomba una frase: "Porgo il mio saluto a tutti i giovani colleghi scrittori che hanno scelto come valore supremo della loro attività la verità". Non c'è nulla di ridicolo nella rappresentazione della verità che va intesa come tensione verso una forma di verità soggettiva. Se davvero abbiamo una responsabilità, essa è questa. I) Kolbe riprende qui quanto già aff~rmato daJuergen Fuchs nel suo primo articolo della serieLandschaften der Luege apparso nello "Spie gel" del 18 novembre 1991, n. 47, p. 282.11 libro di Klemperer, intitolato Lti. Lingua Tertii lmperii. Sulla lingua nel terza Reich, uscì nel 1947. Le poesie di Kolbe sono tratte da Bornholm Il. Gedichte, Aufhau Verlag, Berlins/Weimar 1989, 2° edizione, meno l'ultima, da Grenzfallgedichte a cura di A. Chiarloni e H. Pankake Aufbau-Verlag, Berlino 1991, compresa in origine nella raccolta Vaterlandkanal. (N.d.T.)

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