Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

CONFRONTI assai differenziate di diverse fazioni dell'intellighenzia nella Germania dell'Est e dell'Ovest, !'"affare Anderson" è cresciuto inaspettatamente di significato e ha spostato il dibattito pubblico, come è spesso accaduto nel corso della storia, sulla questione del rapporto tra arte e morale, domanda che, anche in questo ultimo caso, non troverà risposta. Al punto attuale del dibattito, in cui domina un'atmosfera di tensione, non si può dire se, in questo caso particolare, una cattiva morale abbia come conseguenza una letteratura scadente, ancora una volta non si potrà dire se l'arte al servizio del bello abbia una qualche connessione con il vero e il bene e, infine, non si potrà dire se l'arte pura o quella di natura politica si presti meglio alla corruzione. Il quesito se Anderson e i suoi amici di Prenzlauer Berg siano poeti scadenti trova soddisfazione, a mio parere, solo nel testo letterario e non nella frequenza e precisione dei rendiconti del delatore. I freghi di penna "normativi" del genere di quelli di Schirrmacher del ."Far" il cui unico scopo consiste nella stroncatura delle tendenze letterarie che essi discreditano a livello morale ed estetico, risultano inopportuni e rappresentano una tipica forma di pensiero tedesca, quella dell' aut/ aut. A lungo andare i testi migliori saranno quelli che meglio si avvicinano alla verità, cioè, alla situazione schizofrenica vissuta dai "poeti-delatori", sempre nel caso che questa letteratura riesca mai a resistere al giudizio futuro senz'altro più neutrale. Ho incominciato questo mio intervento con un tono personale e con un tono personale desidero concluderlo. Cosiddettigiovani scrittori Uwe Kolbe Avrei voluto parlare pressappoco di "La cosiddetta letteratura della cosiddetta giovane generazione di scrittori", secondo le supposizioni sul concetto di letteratura espresse, tra gli altri, dal capitano Scholz e dal maggiore Heimann, pubblici ufficiali presso il ministero per la sicurezza nazionale. Quantomeno, così suonava il titolo provvisorio del breve intervento che avevo programmato per il nostro incontro. Concedetemi ora di esporre brevemente perché le mie osservazioni assumeranno, o meglio dovranno assumere, un carattere assai più personale che teorico. Trovai le supposizioni sul concetto di letteratura di cui sopra leggendo gli atti della Stasi che mi riguardano. Ebbene sì, essi portavano un bel nome per una missione strategica: "poeta". In effetti la mia professione era descritta più o meno come segue: "attivo in qualità di poeta - libero professionista (non è membro della Associazione degli scrittori della Rdt)". In effetti negli atti il discorso ruota sempre intorno alle poesie, si menzionano persino volumi di poesie già pubblicati. E questa è una delle ragioni per cui sembra ancor più strano che poco oltre, nel medesimo resoconto sullo stato delle cose del gennaio 1983 si dica: "Kolbe si era avvicinato ... ai cosiddetti scrittori della giovane generazione già noti operativamente per il loro rifiuto dell'autorità e la loro ostilità nei confronti dello Stato, quali Matthies Frank-Wolf (...), Rathenow Lutz (il cui archivio operativo (OV) era intitolato "Assistente", (HA XX/9), Papenfuss, Bert (OPK "Fuss" [Piede], HA l) ...". A questo punto era ovvio che gli scrittori suddetti semplicemente avevano in comune il fatto di essere "scrittori della giovane generazione", fors' anche addirittura soltanto di essere scrittori o poeti in generale. Come prova dell'uso penetrante ed evidentemente necessario dell'epiteto "cosiddetti", riferito negli atti al nostro contesto di scrittori vi offro un'altra citazione un po' più lunga, ma altrettanto caratteri38 Sascha Anderson, è doveroso dirlo, ha leso molte persone e guesto non è giustificabile in alcun modo. Ha tradito i suoi amici. E un dato di fatto da non dimenticare. Se abbia tradito la sua letteratura, non è ancora certo.L'idea che la Stasi si sia trasformata in un operatore letterario mi sembra assurda.D'altro canto non mi sembra impensabile che la Stasi si sia fatta garante di una corrosione del sistema di tipo apolitico, sia per distogliere I' attenzione da una opposizione politica basata sul confronto diretto direzionandola, invece, verso un gruppo di artisti impegnati solamente nel loro lavoro e in null'altro, e perciò "innocui", sia per aprire consapevolmente una valvola di sicurezza con lo scopo di canalizzare, avendone il controllo, la tensione accumulata e/o disciogliere l'incrostazione creatasi al suo interno. Anderson è ai miei occhi l'agente di una strategia di garanzia del sistema che, mediatore disonesto, voleva aprire nuovi spazi con l'attivismo culturale con cui intendeva anche porre rimedio alle proprie lacune di natura morale. Sascha Anderson è un amico, un vicino di casa e un compagno di conversazioni da undici anni. Gli sono riconoscente per i suggerimenti e le discussioni scambiati. Soltanto dopo aver preso in esame gli atti della Stasi che mi riguardano deciderò se ci sarà qualcosa di perdonabile nelle sue azioni e, in quel caso, vedrò se riuscirò a perdonarlo. Da quando sono a conoscenza di questi fatti irrecusabili ho delle difficoltà a guanfarlo negli occhi. Lui mi guarda dritto in viso. È curioso da quale lato si mostri la colpa. stica: "Nel 1981 Kolbe aveva preso parte - insieme a Anderson Alexander, già operativamente noto - al progetto, ideato da Franz Fuehmann, per un'antologia di cosiddetti autori della giovane generazione che avrebbe dovuto essere pubblicata nella serie dei quaderni dell'accademia delle arti della Rdt. Le opere dei cosiddetti autori della nuova generazione che Kolbe e Anderson hanno raccolto, fatta qualche rara eccezione, sono caratterizzate nella valutazione qui espressa da una posizione aggressiva e controrivoluzionaria nei confronti del socialismo reale e dei suoi organi". Capirete, dunque, come una simile massa di informazioni mi abbia dato di che pensare. Tuttavia, mi resi ben presto conto, per la presenza del termine "controrivoluzionario", che si trattava del solito - benché assurdo - dibattito sul concetto di rivoluzione. Rimaneva dunque ancora poco chiaro chi avesse etichettato proprio quelle autrici e quegli autori con l'appellativo "giovane generazione". Tra l'altro nell'antologia erano compresi testi di persone certo non più giovani quali Gert Neumann, Bettina Wagner e Wolfgang Hilbig, allora ancora residenti nella Rdt. Mi sono dunque scontrato col fatto che gli ufficiali della Stasi avevano evidentemente una concezione assai precisa del "vero scrittore" e di quale letteratura questi dovesse produrre. Eccomi così giunto all'argomento di cui intendevo parlare in questa sede. Purtroppo però, in seguito alla nausea sempre crescente che mi procura la lettura dei giornali nelle ultime settimane, non ho potuto concentrarmi su questo argomento adeguatamente. Vi offro un esempio di ciò che intendo dire affinché non mi fraintendiate. Nel "Sueddeutsche Zeitung" del 21-4-1992 Andreas Kuehne scrive, commentando una mostra sulle riviste indipendenti della Rdt: "L'artista di maggior successo e, allo stesso tempo, il più coerente della subcultura di allora è, senz'ombra di dubbio, Sascha Anderson. Il suo piccolo tradimento - se tale si può considerare - non è di grande importanza se confrontato con l'impresa di essere riuscito a interiorizzare realmente le massime del postmoderno". Ora, ci tengo soltanto a ricordarvi che tra gli atti della Stasi compare un resoconto datato 8 settembre 1981 che

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