Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

CONFRONTI sulla Stasi "il passato nazista non ancora dominato venga fatto ricadere interamente sulle spalle dei cittadini della Rdt", o come sostiene il presidente del Pen Gerd Heidenreich da cui cito: "Qui si tenta di fare i conti a posteriori con la letteratura critica della Rft sulla scia della questione Stasi". E così ci troviamo nella situazione paradossale in cui alcuni raggruppamenti dell'intellighenzia di sinistra non vogliono confrontarsi con il problema dell'eredità del patrimonio culturale socialista, esattamente come accadde con la borghesia tedesca nei confronti dell'eredità nazista (e, ringraziando il cielo, in quest'ultimo caso quasi l'intera intellighenzia era in esilio, se non era stata eliminata o non si trovava nei campi di concentramento). Per comprendere questi strani schieramenti bisogna rendere più esplicito il fatto che sull'intero dibattito incombe l'ombra di un paradigma di fondo, rimasto inespresso, ossia che il dibattito è investito dalla questione di un giusto o erroneo antifascismo. Si fa pressione perché la domanda generica, che si accompagna al cosiddetto concetto di "colpa collettiva", trovi risposta: saremmo noi riusciti a fare meglio dei nostri padri e nonni, avremmo dimostrato il coraggio necessario alla resistenza, saremmo stati in grado di evitare una nuova dittatura o non siamo piuttosto un popolo incapace di coraggio civile? La zona occidentale della Germania non può rispondere a questa domanda perché qui, per un caso fortunato della storia, è stata introdotta la democrazia, con l'ausilio dei pacchi di soccorso e del piano Marshall. Gli unici che possono dare una risposta positiva a questa domanda sono i fuoriusciti della Rdt e i rivoluzionari dell'autunno del 1989, per esempio Baerbel Bohley, Wolf Biermann e Juergen Fuchs. Il tono inquisitorio che essi hanno adottato nasce da tale consapevolezza e si può dire lo stesso nei confronti poco originali stabiliti con il nazismo quali per esempio quello implicito nell'espressione già menzionata "Auschwitz delle anime". Eppure quasi tutti i combattenti di queste province spirituali traggono esempi, metafore e riferimenti dal nazismo. Nel dibattito sulla Stasi si cerca di assolvere, risolvere e rimediare ai deficit storici. Juergen Fuchs lo dichiara apertamente: "Si tratta per noi tutti di una vera e propria scuola di opinione, ancora una volta una ripetizione, una coazione alla ripetizione perché ciò che è assente è la verità ... così come la redenzione e l'opportunità del perdono". E poi l'amara conclusione: "I responsabili, così pare, si sono perdonati tra loro da lungo tempo". Gli errori della incompiuta denazificazione nella Rft vanno evitati, la destalinizzazione deve essere totale, responsabili e vittime vanno separati attentamente. La clemenza dei vecchi autori della sinistra quali Grass, Heym o Christoph Hein trova la propria esplicazione nella volontà di rimanere legati al progetto del socialismo (in Germania) poiché esso va inteso come il successore moralmente legittimo dell' eredità nazista. L'inesorabilità del giudizio dei fuoriusciti e dei rivoluzionari dell'autunno '89 si spiega se si tiene conto del fatto che essa deriva da un concetto di totalitarismo che non distingue tra Auschwitz e i Gulag. L'insufficiente ricostruzione storica del nazismo della Rft (funzionari con alte cariche di stato) e quella errata della Rdt (sfruttamento dell'antifascismo come ideologia di legittimazione di una dittatura socialista) dovranno essere rettificate sugli atti della Stasi, dove il passato è stato trascritto con grande nitidezza, assurti a valore simbolico (l'Ovest non ha mai voluto avere gli archivi degli alleati). Fortunatamente per gli occidentali il passato ora in crisi riguarda esclusivamente l'Est e 36 questa verità non li addolorerà. La remissione per le proprie omissioni nel confrontarsi col passato si può ottenere a buon prezzo. Per l'Est l'archivio della Stasi ha un significato completamente diverso. 1)Tanto più grande e gigantesca si prova che fosse la macchina delle manipolazioni, quanto più gli ex cittadini della Rdt si possono sbarazzare del peso di una mancata resistenza e del loro stato di minorità. Come è ormai dimostrabile essi furono manipolati e, perciò, non sono responsabili (un fenomeno che Hannah Arendt aveva notato all'epoca del suo primo viaggio in Germania dopo la seconda guerra mondiale: lo sforzo compiuto dai tedeschi per negare il proprio coinvolgimento attivo); 2) Quanto maggiore era la cifra di persone coinvolte nella delazione, tanto più ampia diventa l'immaginaria partecipazione alla resistenza e con essa è dunque possibile raggiungere, facendo riferimento alla documentazione presente negli atti, la tanto desiderata identità soggettiva: ogni cittadino oggetto di sorveglianza si trasforma dunque in soggetto che ha opposto resistenza al regime, anche se egli stesso non se ne era mai reso conto prima d'ora. Lo smascheramento dei delatori è un fenomeno spiacevole che si accompagna a quello che marchia il popolo, in passato oppresso, come traditore. Questa è la ragione per cui i mass media dell'Est sono più inclini verso una politica di solidarietà e di comprensione nei confronti della psicologia della delazione, mentre i media dell'Ovest, in nome del loro risarcimento, sono spietati. Inoltre si può aggiungere, solamente a livello speculativo, come responsabile di tale atteggiamento dell'Ovest, oltre al paradigma della forma corretta o errata di antifascismo, il disagio del cittadino della Rft nei confronti della riunificazione, di fatto non voluta e che ora si rivela troppo costosa e che riduce il dibattito sulla Stasi ad una critica generica dei cittadini orientali ("Ossis") accusati di essere una popolazione di spioni. Si potrebbe anche ipotizzare che i risultati delle ultime elezioni, che esprimono una nuova ondata di animosità nei confronti degli stranieri da parte dei cittadini dell'Ovest ("Wessis"), rappresentino il prodotto di un differimento del rifiuto avvenuto sul piano interiore dell'"Ossis". Torniamo ora ai casi particolari dei due scrittori di Prenzlauer Berg: Sascha Anderson e Rainer Schedlinski. La ragione principale dello choc provocato dallo smascheramento dei due poeti d'avanguardia rivelatisi delatori, fu la loro centralità nel circolo di Prenzlauer Berg, simbolo della dissidenza, dell'avanguardia e, soprattutto, di una forma di ribellione completamente rimossa dallo stato. Una collaborazione con la Stasi da parte di autori ufficiali o semiufficiali, con le loro stagionali calibrate dichiarazioni di fede nel socialismo e per altro già pubblicati nella Rdt, non avrebbe altrettanto sconvolto. Il punto di fuga spirituale di entrambe le letterature tedesche del dopoguerra era rappresentato da un'identità derivata dal concetto comune di resistenza, ali' Ovest estrema, a causa della mancata legittimazione (democratica) dello stato postfascista, ma presente anche all'Est sotto forma di difesa del singolo dalle autorità, per esempio evidente nei gesti, per quanto minimi, di una scrittrice come Christa Wolf. Questa identità nella resistenza fu minacciata dallo sconvolgimento storico e quasi scomparve: all'intellettuale occidentale venne a mancare l'obbiettivo ultimo del socialismo che conferiva alla resistenza un alone di trascendenza. Gli era rimasta tuttavia la possibilità di un gesto antiautoritario, del coraggio di un uomo

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