Linea d'ombra - anno X - n. 75 - ottobre 1992

insopportabile anche per lo stile cabarettistico. I registi usciti dal comunismo sembrano divisi tra il rifiuto storico del passato e il pessimismo cosmico sul futuro: il rumeno Dan Pita mette insieme un delirio sulla storia che inevitabilmente si ripeterà uguale a sé stessa; il franco-georgiano Ioseliani ( Caccia allefarfalle) rimpiange, pur con delicatezza, il passato zarista e disprezza la modernità incarnata da una russa che vende il castello della zia francese e dai giapponesi che lo acquistano; la georgiana Gogoberidze (Valzer sul fiume Peciora) ripropone l'ennesima storia di deportati e di purghe staliniane, anche se con una cifra stilistica non banale. Il Roncsfilm dell'ungherese Szomjas, pur ripetitivo e confuso, che riesce comunque a trasmettere, con un accorto uso dei filtri; la sgradevolezza del post-comunismo: il muro è crollato e tutti sono brutti sporchi e cattivi, pronti ad accoltellarsi per una lite in condominio. Szomjas - autore di un western ambientato nell'Ungheria del 1837 (Il vento soffia sotto i piedi) -riprende i temi diAllemagne neuf-zéro di Godard, passato l'anno scorso a Venezia, mettendo in scena una domanda che nessuno pensava sarebbe mai stata posta: 'abbiamo vinto, e allora?' La mancanza di misura, frutto forse di una certa idea romantica del!' Autore, è del resto un male comune a molti cineasti presenti quest'anno a Venezia, come Luis Puenzo, Itami, Jakubisko e Wieczynski, autori di pellicole che comunque difficilmente passeranno in sala (con l'eccezione, temo, di Puenzo, distribuito da RaiTre). Del tutto senza misura cinematografica è l'assenza di Peter Handke: non è chiaro perché lo scrittore austriaco abbia sentito la necessità di riprendere con una telecamera i lunghi monologhi dei suoi attori. Una serata di letture di brani poetici, magari con un attore famoso, era la forma più civile e rispettosa di proporsi al pubblico. Un film che non solo raggiungerà a fatica le sale, ma che anche gli eroici frequentatori del Lido hanno rischiato di perdere a causa dell'embargo contro la Serbia, è Tango Argentino diGoranPaskaljevic. Tango tocca tutti temi che affliggono gli animi dei popoli ex comunisti, riuscendo ad indicare uno sbocco agli affanni di un'intera generazione. Nikola, il bambino protagonista, vive con una sorella malata e con i genitori che non hanno tempo di occuparsi di lui, troppo indaffarati ad arrotondare i loro magri salari. Il padre, professore di musica, suona nelle feste di nozze e non disdegna avventure extraconiugali, mentre la madre accudisce anziani malfermi e lavora come hostess per una agenzia che la porterà a fare viaggi all'estero. Da principio Nikola, che subentra alla madre nella cura degli anziani, ha il piglio dell'uomo d'affari in erba, ma a poco a poco costruisce rapporti di sin30 CONFRONTI cero affetto con i vecchietti, i quali ritrovano la voglia di vivere, e il film ruota in gran parte attorno al sodalizio del bambino con Julio (Mija Aleksic), un vecchio cantante di tanghi argentini. Nikola sogna di vendere pop-com alle gare di cavalli, così da potersi permettere, un giorno, una casa in campagna dove ballare tutti assieme il tango argentino, suonato dal1'amico Julio. L'aggressivo arrivismo della generazione di mezzo contrasta con la capacità di stabilire rapporti umani dei vecchi e dei bambini, senza rinunciare (Nikola) ad impegnarsi seriamente nel proprio 'lavoro', rifuggendo da facili scorciatoie. Tango argentino è passato nella rassegna curata da Emanuela Martini "Finestra sulle immagini", il contenitore di gran lunga più interessante e coraggioso della Mostra. Esercizi di metacinema, film stravaganti, monologhi recitati da grandi comici, inchiesta a sfondo politico hanno aperto squarci inimmaginabili ai frequentatori del Lido abituati alla gestione Biraghi, che sacrificava gli spunti innovatori a favore dei soporiferi Wertmtiller e Monicelli o delle megaproduzioni americane. I tragitti impliciti ali' interno delle "Finestre" - cui vanno aggiunte le intersezioni e contaminazioni possibili - erano innumerevoli e qui non possiamo che accennare ad alcuni temi. Il percorso "ingiustizie e pregiudizi dei bianchi" includeva Incidente a Oglala di Michael Apted, prodotto da Robert Redford, che documenta un sopruso subito dagli indiani della riserva di Pine Ridge; C'era una volta di Ian Roberts, una favola morale i cui protagonisti-vittime sono dei neri di oggi dell'East London; Un tavolo per due di Koto Bolofo, sulle sorprese che può riservare un amico di matita del colore sbagliato. Il filone "spazzatura" aveva buoni portabandiera in La vita è un gas di Philip Davis, la breve storia di due popolani accaniti consumatori dijunk-food che faranno una triste fine, e Roncsfilm di Szomjas, il cui titolo inglese era, appunto, Junk-Movie (Film-spazzatura), mentre l'humour corrosivo abbonda va in Antonia & lane della britannica Beeban Kidron e in Il mostro in una scatola, monologo torrenziale del1'attore Spalding Gray. Il kitsch tutto americano, paravento dietro cui si celano aberrazioni e paranoie, era descritto con forti toni iperrealistici in TuttosuLurleendi F. Dauman e Telefono di Tim Pope, autore dei video per i Cure. La vera sorpresa sono stati alcuni straordinari cortometraggi di animazione, che meriterebbero un discorso a parte, come Dalla spinta allo spintone di Bill Plympton, la morte dello stalinismo in Boemia di Jan Svankmayer e le due opere dei geniali fratelliQuay, Il pettine dal museo del sonno e Stille Nacht Il, Siamo ancora sposati?, quest'ultimo commissionato dalla casa discografica indipendente 4 AD per il gruppo musicale "His name is alive". (Leggenda vuole che Greenaway si sia ispirato ai Quay per i due gemelli di Lo zoo di Venere). Sembra davvero giunto il momento di tornare ad una consuetudine dei vecchi cinema, almeno di quelli di provincia e parrocchiali: affiancare brevi cortometraggi ai film canonici. Proviamo a suggerire alcune coppie virtuose. Insieme ad Americani di James Foley- la "morte di un commesso viaggiatore" degli anni '80, tratto da una commedia di Mamet -, potrebbe ben figurare il divertente Solly's Diner dell'americano Larry Hankin, con protagonista un personaggio di nome "A volte Jones", che non riesce a sbarcare il lunario, si inventa una rapina, ne sventa un'altra e alla fine rimedia un pasto gratis. 'A volte Jones' potrebbe essere il figlio stralunato del protagonista di Americani (Jack Lemmon), cui nessuno ha mai raccontato come era fatto il 'sogno americano', mentre Sammy di Sante d'Orazio - la storia vera di un barbone nel 'profondo' di New York-, avrebbe potuto accompagnare (e sostituire) la storia finta di un barbone passata a Venezia qualche anno fa, La leggendadelsanto bevitore di Olmi. The bigfish, 11 minuti di Donnellan e Ormerod, su un bambino irlandese di famiglia cattolica affascinato da tutto ciò che è pescabile al punto da portarsi a casa una carpa, potrebbe precedere leon the pig farmer di Jean e Sinyor, uno dei pochi titoli interessanti della "settimana della critica", storia di un simpatico ragazzo ebreo londinese che scopre di essere figlio del proprietario di una fattoria di maiali. Mezzogiorno di fuoco di P. Mulloy, un'animazione western che mette in scena l'attesa della folla di un duello insensato che non si farà, ben figurerebbe prima di A midnight clear di Keith Gordon, film pacifista sull'assurdità di un duello tra un gruppo di spauriti tedeschi e un'altrettanto spaurita pattuglia americana durante la seconda guerra mondiale, oppure del bellissimo Alba di sangue di Li Shaohong, tratto da Cronaca di una morte annunciata di Garda Marquez, storia di un duello cui si prepara solo una delle due parti. Il film fa giustizia di un romanzo altamente cinematografico, che ebbe la sventura di essere portato sullo schermo qualche anno fa da Rosi. Non resta che sperare in distributori ed esercenti coraggiosi e, nel frattempo, gustarsi in sala le opere che sono già uscite o prossime all'uscita, come l'indipendente americano ln the Soup di Alexandre Rockwell, con Steve Buscemi e Seymour Casse), La donna col, violino di Claude Sautet, un film "da camera" con una splendida Béart, il cui sottotitolo potrebbe essere 'le grandi anime si nascondono' (daDe l'amourdi Stendhal) e Qiulu va in tribunale di Zhang Yimou;· almeno in questi casi, illettore può fare ameno dei resoconti festivalieri e diventare spettatore in sala. È sempre più raro.

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