ILCONTESTO Perù: a proposito del 11 fuilgolpe'' Incontro con Pablo Macera a cura di Oscar Fernandez Orozco Nuovitipi di golpe Joaqu{n Sokolowicz Nei giorni successivi al "golpe bianco" del presidente Fujimori del 5 aprile scorso, in Perù, i sondaggi indicavano che la maggioranza della popolazione era favorevole a tale rottura della legalità istituzionale. Si può presumere che ancora oggi, cinque mesi dopo, il numero dei peruviani d'accordo con lo stato d'emergenza proclamato dal presidente eletto sia superiore-forse lo è addirittura più di prima-a quello degli oppositori: la cattura del capo di Sendero Luminoso, l'organizzazione che da dodici anni insanguina e terrorizza il paese, appare infatti come un successo dell'intesa tra Fuj imori e i generali non più disturbata da censure garantiste né da lungaggini imposte dai dibattiti e inchieste in Parlamento. Per la verità, i militari erano già liberi di condurre come ritenevano più efficace la guerra contro i senderisti (opponevano brutalità a brutalità); non pare che si debba attribuire la detenzione del "Poi Pot" sudamericano, il marxista-mistico Abigail Guzman, ad altro se non allo sviluppo di uno scontro bellico in corso. Lo stesso vale per la caduta in trappola, alcune settimane prima, del comandante dell'organizzazione guerrigliera guevarista Tupac Amarù. Certo sono allarmati i peruviani politicizzati antifascisti, mentre i partiti hanno formato un governo clandestino per affermare l'importanza della continuità del sistema democratico. Sospesa la Costituzione, sciolto il Parlamento, il Potere giudiziario nelle mani del capo dello Stato (e diffatto dei suoi soci, i generali), non c'è poi alcuna garanzia che - secondo quanto annunciato - tutto tornerà normale dopo un anno e mezzo e che gli elettori verranno convocati per dar vita a nuovi organi rappresentativi. Sembra di rivedere un vecchio film sudamericano: nel 1973, in Uruguay, il presidente (eletto) Juan Bordaberry adottò provvedimenti simili a questi; seguì poi, per undici anni, una dittatura militare feroce dietro la presenza puramente formale di un capo dello Stato fantoccio che firmava i decreti e appariva nelle cerimonie pubbliche. I tempi sono cambiati, però. Oggi sembra improbabile uno sviluppo del genere in Perù, così come nella maggior parte dell'America Latina: un regime di dipendenza esclusiva dalle caserme non avrebbe l'appoggio degli Stati Uniti. Dal punto di vista di Washington, non serve arrivare a tanto nelle attuali circostanze internazionali, considerato anche che la brutalità di ce1te dittature militari si è dimostrata controproducente (ha generato movimenti popolari antiamericani e gruppi armati); tanto più che ormai in tutti quei paesi la politica economica è sulla strada tracciata dagli organi finanziari gestiti dalla superpotenza in società con pochi altri potenti. Il Perù, territorio grande quattro volte l'Italia affacciato al Pacifico, potrebbe avere vita agiata grazie alla produzione agricola (patate, frumento, riso, cotone, caffè, canna da zucchero), all'allevamento ovino, la pesca, la ricchezza mineraria - tuttavia monopolio di aziende statunitensi - (rame, argento, ferro). Ha invece un'economia disastrata. Le grandi baraccopoli in mezzo a Lima (non alla periferia, ma nel cuore della capitale), nate e cresciute con l'arrivo di folle di contadini poveri attirati dall'illusione di un lavoro in industrie poi non decollate, basterebbero da sole a indicare l'avanzata della miseria. Ma non finisce tutto lì: nelle campagne e nelle miniere delle regioni andine la disoccupazione e i salari da fame forniscono continuamente manodopera ai narcotrafficanti. Il Perù è, con la Colombia e la Bolivia, uno dei maggiori produttori mondiali di coca. Beninteso, il paese (nel quale centoquattordici di ogni mille neonati muoiono prima di raggiungere un anno di vita) è lontano dai livelli di sottosviluppo e miseria, ben più drammatiche, di altri come la Bolivia o Haiti. limo, 1992. Foto di Ivo Soglielli (Agenzia Contrasto). L'ex presidente Alan Garda, socialista, predecessore di Fujimori, tentò di opporsi alle prepotenze internazionali. Fissò un limite per il pagamento delle rate e degli interessi del debito estero - non più di una minima percentuale degli introiti dell'export - in modo da favorire la ripresa economica. Nel primo anno di questa politica il prodotto nazionale registrò un crescita senza precedenti da parecchi decenni. Garda finì travolto, però, dall'offensiva scatenata dall'estero con appoggi interni (grandi imprenditori, latifondisti): niente più crediti, nuove chiusure al commercio peruviano, mentre sulle Ande i senderisti per il tanto-peggiotanto-meglio, moltiplicavano le loro imprese e così apportavano un colpo di grazia alla sostanziale liquidazione del governo. Fujimori, quand'era conosciuto solo dai suoi studenti di Matematica all'Università, figlio di immigrati giapponesi con fama di tecnocrate costruita nel giro di pochi mesi da giornali e televisione di proprietà di alcuni gruppi economici, vinse le elezioni, due anni e mezzo fa, soprattutto grazie all'insofferenza tra i peruviani verso i partiti tradizionali con i loro giochi per conquistare fette di potere e le loro beghe. La stessa insofferenza che avrebbe poi prodotto consensi verso il colpo di mano del presidente. Anche se non è chiaro cosa possa esserci in fondo alla strada imboccata con il "golpe bianco". L'intervista che segue con uno dei più noti storici della società peruviana è apparsa sulla rivista "Debate" nello scorso luglio. Che impressione le hanno fatto gli avvenimenti dell'aprile? Per diverse ragioni - prima morali che intellettuali - dobbiamo analizzare questi fatti con particolare serietà, poiché è possibile che, oltre le stesse intenzioni degli attori evidenti e immediati, sia iniziata una fase finale di definizione non tanto di un regime politico ma di un tipo di società o di cultura. Se ne renda conto o,no il presidente Fujimori, tra gli effetti della sua decisione ci sarà purtroppo che molti usciranno di scena (ma forse dovrei dire usciremo) "con i piedi davanti". E mi riferisco non a centinaia, ma a decine di migliaia di peruviani. La sua prima impressione è che a breve scadenza entreremo in una fase accelerata, aggravata 21
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