Personaggidell'ultima Cina Francesco Sisci Lo conobbi nell' 89, a febbraio. Faceva freddo a Pechino, si era da poco sciolta la neve e agli incroci orientati da nord a sud un vento arrivato direttamente dalla Mongolia, spazzava i passanti, gli penetrava i sette strati di imbottitura di fine di cotone e li lasciava esausti, senza fiato, fino al prossimo incrocio. Dissero che era il più grosso imprenditore privato della capitale. Quelli che lavoravano per lui allargavano gli occhi e dicevano "È un leader, un leader". Non sembravano impiegati in un normale ufficio di import-export ma arruolati per una fede, o almeno una causa, quella dell'impresa privata che stava crescendo e rafforzandosi in Cina. Mu Qizhong, o Mu Jaoban, padron Mu, come lo chiamavano i suoi oltre cento dipendenti, era il proprietario di una delle più grandi imprese private della Cina. Non era il solo, tanti altri avevano imprese private; la maggior parte però, erano privati nei fatti ma non per legge, cioè facevano affari sotto la copertura di una ditta statale a cui passavano una parte dei profitti. La ditta di Mu Jaoban era invece tutta privata e si vantava d'esserlo, con un fatturato annuo di circa 40 miliardi di lire e un capitale fisso di circa quattro miliardi. A gennaio '89 fu anche invitato a Ginevra per la conferenza annuale del World Economie Forum, era l'unico rappresentante degli imprenditori privati cinesi. "La seconda ditta privata più grande a Pechino ha un capitale di circa 150milioni di lire-raccontava il suo segretario-a Canton, a Wenzhou ce ne sono di più grosse, ma non qui". Mu non era il più grande capitalista della Cina comunista, forse non era nemmeno nella lista compilata a Hong Kong nel 1988 dei 30 miliardari in dollari della Cina popolare, èerto però sembrava il più intellettuale. Nel suo passato aveva tre libri di politica - marxismo leninismo cioè - una condanna a morte nel '75 come controrivoluzionario e un anno di prigione come antisocialista. "Conosco bene tutti quelli che lavorano alla riforma in Cina" raccontava. Sembrava il curriculum perfetto del politico di quegli anni ma "mi interessa fare le riforme, non pensarle" diceva senza sorridere e l'aria severa in un corpaccione alto e grosso che non sembrava nemmeno cinese. I soldi gli interessavano? Forse, ma quello che è molto più importante, diceva, è lo sviluppo del paese. Questo sì gli stava a cuore, del resto già nel '74 aveva scritto che il socialismo cinese aveva bisogno di un impulso commerciale, come la sua impresa. "Quello che ho fatto era necessario, non dobbiamo pensare all'impresa secondo una concezione del passato, tutte le vecchie idee, il vecchio marxismo-leninismo, lo stesso capitalismo oggi non sono adatti aquesto mondo che si muove molto rapidamente. Non si possono usare in modo semplicistico quelle teorie per dire che laCina adesso stadiventando capitalista. Sta succedendo solo che ali' interno dell'economia pianificata esiste anche un mercato che rende l'economia più agile". IL CONTESTO Questo ha un fine: "Il prossimo secolo è il secolo del Pacifico, il secolo della Cina. Sono tutti cinesi quelli che vivono sul continente, a Hong Kong, a Taiwan, e perché no anche a Singapore, ce ne sono poi tanti in Malaysia, Indonesia, Thailandia, Filippine. Una Cina generalizzata farà ritornare alla giusta dignità il popolo cinese". Mu è convinto che se ci fossero più imprese come la sua la Cina si svilupperebbe più in fretta. "Per sviluppare la società bisogna sviluppare le forze produttive, questo è uno degli assunti principali del marxismo". È una posizione precisa. Nell'83 era stato arrestato per la seconda volta perché "il suo lavoro non era fare soldi ma combattere il socialismo" come scrivevano le motivazioni ufficiali. Allora la sua ditta fu sciolta d'autorità, i suoi collaboratori finirono in prigione insieme a lui. A risolvere il caso intervennero articoli sul "Quotidiano del popolo", e sul "Quotidiano economico", allora diretto da uno strenuo riformatore. La storia si concluse solo dopo un anno. Nell'84, quando si avviava la riforma nelle città, fu liberato e creava la prima grande impresa privata della Cina. Eppure avrebbe potuto scegliere una via più morbida, come facevano e continuano a fare tanti; affiliarsi a un organismo statale, oppure darsi il nome di impresa cooperativa. Questo è anche un modo più cinese di affrontare le questioni. Ma Mu, dritto come un fuso, aveva affrontato la morte criticando Mao nel '75, poteva spaventarsi per la minaccia di qualche anno di prigione? dice. La sua determinazione nasceva nel '71 dopo la morte di Lin Piao, quando, come quasi tutti in Cina, aveva cominciato a dubitare della rivoluzione culturale. "La storia dell'incidente aereo era ridicola, e poi quell'uomo era stato fino a poco tempo prima il compagno d'armi, l'erede designato e ora moriva a quel modo? Come si può spiegare? Allora mi sono sentito disperato". Aveva organizzato un gruppo di ricerca sul Maoismo. "A quel tempo potevamo studiare soloMao. Poi piano piano hanno permesso di leggere Marx, Lenin, Stalin, e dopo ancora anche Hegel e allora cominciavamo a capire qualcosa". Fino al '75, quando tutti finirono in prigione e lui fu condannato a morte. Ma la morte di un altro, di Mao in persona, nel '76, gli salva il collo, la pena è sospesa, comincia la lunga revisione della sentenza e poi arriva il rilascio, nell' 80. A quel punto, a 40 anni suonati, decide di mettere in pratica le sue idee, come un vero rivoluzionario. È giusto espandere il commercio? Bene, si fa prestare un centinaio di migliaio di lire da Foto Select/ Agenzia Contrasto. 19
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