Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

SCIENZA/VINEIS fenomeno di interferenza dovuto al potente effetto del fumo di tabacco su alcuni tipi di tumori; la cattiva definizione dell'esposizione agli agenti causali in molte indagini, e la pressoché totale assenza di dati quantitativi sull'esposizione. Tuttavia, tali limiti non devono essere interpretati a senso unico, in quanto possono portare sia a sovrastimare sia a sottostimare l'entità dei rischi per la salute. In quanto alla valutazione extra-scientifica, essa è spesso implicita e va rigorosamente portata alla luce. Un esempio di frequente riscontro è il calcolo rischi-benefici, ispirato a un'etica utilitaristica. Per esempio, recentemente in un articolo comparso su "Science" si è sostenuto che abbattere l'inquinamento di Los Angeles costa troppo rispetto ai benefici che derivano dal traffico veicolare, trasporto delle merci, ecc. Analogamente, la sentenza del 1980 della Corte Suprema sul benzene, che portò a elevare il limite "accettabile" a 10ppm, corrispondente a 50 morti in più per leucemia nel corso della vita di 1000 operai esposti, si basò su valutazioni del tipo rischio-beneficio. Se posizioni di questo tipo sono spesso discutibili sul piano etico, diventano particolarmente pericolose quando sono implicite, appartengono cioè ad una "hidden agenda": un piano preordinato intorno al quale si mira a realizzare il consenso con una confusione, appunto, tra fatti e loro , interpretazione. Alcuni comuni errori nella comunicazione sull'ambiente Il primo errore - molto comune - lo definirei del "ricorso all'esperto" e consiste nel voler dimostrare a tutti i costi che vi è o non vi è un danno rilevante per la salute, magari facendo dire all'esperto cose diverse da quelle che egli vorrebbe. Secondo questo atteggiamento, solo con il parere dell'esperto si può dare la giusta impostazione ad un problema, o ottenere consenso. Spesso i gruppi ambientalisti ricorrono ad argomentazioni di carattere sanitario, anche se non è necessario dimostrare che esiste un rischio per la salute al fine di prendere misure di trasformazione dell'ambiente. Una confusione in cui molto di frequente si incorre è se si voglia proteggere la salute dell'uomo dall'ambiente o viceversa l'ambiente dai danni inferti dall'uomo (due cose ben diverse anche dal punto di vista etico). Un altro tipico fenomeno è la "fallacia giornalistica": lo scienziato sopravvaluta una osservazione e le dà una rilevanza sociale e applicativa che essa non ha, talora per amore della notorietà o mania di protagonismo. Una terza la definirei "fallacia riduzionista" (o anche dello "scarso valore aggiunto"): lo scienziato, intervistato, si limita a riassumere sinteticamente alcuni dati con poco sforzo e senza evidenziarne i limiti, magari approfittando della propria fama e contribuendo così a far pensare che il problema di cui parla è marginale. Il valore aggiunto a quanto già si sa (il beneficio marginale per la collettività) è modesto se non addirittura negativo a causa dell'"effetto alone" creato. Una quarta è stata chiamata invece "fallacia espansionistica": lo scienziato ritiene che tutti i problemi siano risolvibili all'interno della scienza, cioè che i particolari criteri che gli scienziati si danno per giudicare i risultati del proprio 92 lavoro siano estendibili al mondo intero e dunque anche alle considerazioni extra-scientifiche. Tipico di questo atteggiamento è il confondere una stima quantitativa con la rilevanza qualitativa del problema. Per esempio, il fumo "spiega" il 90% delle morti per cancro al polmone, l'inquinamento atmosferico solo l' 1-2% (almeno secondo alcuni dei pochi studi disponibili), e pertanto il fumo è molto più importante dell'inquinamento. Rientra in questa categoria dell'ideologia "espansionistica" degli scienziati, anche il documento sottoscritto dai 218. Conclusioni Sarebbe sleale se citassi solamente gli errori nella comunicazione senza presentare la mia posizione, che nel caso specifico dell'inquinamento atmosferico è la seguente. Sul piano quantitativo probabilmente non vi sono danni elevati per la salute a causa dell'esposizione all'inquinamento urbano nei paesi occidentali, però il problema non è solamente quantitativo. L'ambiente è un valore in sè, anche nei casi in cui la ·sua alterazione non comporta danni sanitari; vi è infatti in esso un valore estetico, affettivo, simbolico. Inoltre il bilancio costirischi-benefici è spesso svolto in modo limitativo, per esempio computando da una parte i morti in più e dall'altro la crescita dell'economia. È chiaro che tale bilancio è molto grezzo, in quanto non tiene conto di diversi aspetti qualitativi sul piano dei danni (per esempio l'opacizzazione dell'aria, l'alterazione del paesaggio, l'odore) e delle alternati ve possibili sul piano dei costi e dei benefici. È ovvio che gran parte del traffico veicolare nelle città sarebbe oggi evitabile con una mescolanza di migliore pianificazione, di mutamenti culturali, di maggiore osservanza delle leggi. Molte auto, soprattutto in Italia e tenendo conto degli spazi disponibili, sono inoltre sovradimensionate. Un'etica utilitaristica corretta vorrebbe la valutazione di tutte le soluzioni alternative, prima di prendere una decisione circa la massimizzazione dell'utilità sociale. Considerando la definizione dei diritti delle diverse figure coinvolte, trovo ridicolo che vengano messi sullo stesso piano (come spesso viene fatto) i diritti dell'automobilista-categoria contingente- a quelli del pedone - categoria, se mi si consente, universale finché non sarà radicalmente cambiata la fisiologia umana. Una delle maggiori difficoltà sta nel fatto che ancora troppo poco si è iniziato a riflettere sui principi etici a livello di popolazione anziché del singolo individuo. Limitandosi al campo di cui mi occupo, la medicina,vi sono grosse difficoltà a tradurre su scala di popolazione i tradizionali principi di etica medica: per esempio, il principio dell'autonomia decisionale presuppone che esista un'informazione pertinente e soddisfacente, che venga trasmessa in modo completo e corretto, e sia con;edata dei necessari elementi per una valutazione scientifica adeguata; il principio della . "beneficialità" (fare del bene) richiede un bilancio rischi-benefici allargato, cioè che tenga conto delle alternative disponibili, e non ristretto come spesso proposto dal management industriale; e il principio della uguaglianza deve tenere conto della disomogenea distribuzione dei rischi entro la popolazione.

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