NON SOLO INQUINAMENTO Per un'etica della comunicazione scientifica Paolo Vineis Paolo Vineis (Alba 1951) è medico e lavora al servizio di epidemiologia dei tumori all'Ospedale maggiore di Torino. Conduce ricerche in epidemiologia dei tumori di origine ambientale e si occupa di metodologia della ricerca scientifica. Ha scritto tra l'altro Modelli di rischio (Einaudi 1990) e L'osservazionemedica (Garzanti 1991). Esperti ed etica della comunicazione Trovo veramente singolare che, nel momento in cui si è aperta un'importante conferenza internazionale sull'inquinamento e sulle prospettive di mantenimento degli equilibri ecologici planetari, 218 noti scienziati abbiano sentito il bisogno di sottoscrivere un documento che traccia una linea netta di demarcazione tra razionalità e irrazionalità, dove la prima si accompagna a Scienza, Tecnologia e Industria e la seconda viene identificata con gruppi di irresponsabili ambientalisti. Innanzitutto la persona comune si chiede perché questi illustri scienziati non descrivano con semplicità e chiarezza ciò che sanno e ciò che non sanno sulle conseguenze dell'inquinamento, anziché stilare un documento volto a definire schieramenti sulla base di discutibili dicotomie fondate sulla "ragione". In secondo luogo, se è vero che vi sono posizioni di ecologismo estremistico ed irrazionalista (anche se non dominanti), è altrettanto vero che ancora più irrazionale è dichiarare un'aprioristica fiducia nelle capacità della scienza e della tecnologia di risolvere problemi che il suo stesso impetuoso sviluppo ha generato. Prima di svolgere alcune considerazioni sugli effetti dell'inquinamento urbano nei paesi occidentali (dunque un problema molto più circoscritto rispetto a quelli discussi a Rio de Janeiro), vorrei ricordare qualche semplice principio di etica della comunicazione nei rapporti tra esperti e "pubblico" (cittadini, mass-media, amministratori, ecc.). Sempre più spesso si fa infatti ricorso ad esperti -ricercatori, scienziati, docenti - inriferimento a questioni che toccano la popolazione, come quello dell'inquinamento, ma apparentemente lo si fa con una scarsa coscienza dei principi cui dovrebbe ispirarsi una corretta comunicazione. Gli stessi scienziati, come i 218 firmatari del documento in questione, non sempre rispettano alcuni dei più elementari principi. Senza voler riaffermare la neutralità della scienza, ma al contrario in base alla convinzione che essa neutrale non è (in quanto condizionata da ipotesi appartenenti a sistemi teorici complessi e storicamente determinati), è importante chiedere agli scienziati una netta demarcazione tra tre aspetti della comunicazione scientifica. Senza tale separazione la comunicazione si trasforma facilmente in una ambigua mescolanza di fatti ed opinioni, dove l'impossibilità di trovare una linea di demarcazione porta ad una perdita di credibilità da parte del ricercatore - che può finire per identificarsi con una parte politica - e ad una giustificata sfiducia del pubblico in una scienza che si rende strumento del potere (o del contropotere, a· seconda dei casi). I tre aspetti che vanno separati, per ragioni deontologiche e non di teoria della conoscenza, sono le osservazioni, 1' interpretazione scientifica e la valutazione extrascientifica. In altre parole, il ricercatore che parla al pubblico dovrebbe con estrema chiarezza indicare se e fino a che punto si riferisce ad osservazioni empiriche, a una interpretazione scientifica delle stesse, o infine aduna valutazione extra-scientifica. La mancata separazione di questi tre elementi (o livelli) della comunicazione conduce a errori di prospettiva che possono avere conseguenze gravi, e di cui la stampa quotidiana è piena; solo per citarne uno comune, il ricercatore può tendere a presentare come irrilevante un problema di interesse pubblico perché egli lo ritiene tale in base al suo personale sistema di valori, ma come se si stesse riferendo a un dato di fatto, a un'osservazione empirica. L'esempio dell'inquinamento atmosferico Svolgo l'esempio degli effetti dell'inquinamento atmosferico nei paesi occidentali perché si tratta di un problema ben noto al vasto pubblico e perché in esso si esprimono alcune tipiche distorsioni nella comunicazione scientifica. Molto sinteticamente, i fatti (le osservazioni) possono essere così riassunti: 1, Indagini sull'incidenza dei tumori polmonari in aree urbane e in aree rurali suggeriscono un incremento del 20-40% nelle prime rispetto alle seconde, ma perlopiù senza considerare il ruolo del fumo di tabacco, diversamente distribuito in città e in campagna. Una recente indagine condotta a Roma dall'Osservatorio Epidemiologico della Regione Lazio, e che teneva conto del fumo di tabacco, ha evidenziato un incremento del 13% dei tumori polmonari rispetto alle aree agricole circostanti. 2. Indagini su popolazioni esposte per motivi professionali a gas di scarico degli autoveicoli (guidatori di camion, vigili, taxisti, ecc., con livelli di esposizione più alti rispetto a quelli dei pedoni), hanno riportato eccessi di tumori polmonari e vescicali. In particolare negli esposti a gas di scarico di motori diesel. In un singolo studio su decine di migliaia di ferrovieri americani è stato trovato un eccesso del 40% di tumori polmonari dopo un parziale controllo del ruolo dovuto al fumo di tabacco e dell'esposizione ad amianto. Non tutti gli studi condotti, tuttavia, sono coerenti nel mostrare un aumento del rischio. 3. Indagini sulle broncopneumopatie (asme, bronchiti, broncopolmoniti, iperattività bronchiale) che confrontavano popolazioni esposte a inquinamento urbano con persone non esposte, hanno dato esito positivo in particolare nei bambini e negli anziani. Un'aumentata mortalità è stata registrata dopo episodi di elevata concentrazione di anidride solforosa, probabilmente per anticipazione di pochi giorni o settimane di decessi che si sarebbero comunque verificati. 4. Studi sperimentali sulla cancerogenicità in animali di laboratorio di estratti di gas di scarico di motori diesel hanno dato risultati positivi, corroborati dalla presenza in tali estratti di sostanze mutagene. Venendo brevemente a quella che ho definito sopra l'interpretazione scientifica, essa può essere così riassunta: vi sono limiti ben noti degli studi epidemiologici: le dimensioni talora molto limitate delle popolazioni studiate; il già citato 91
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