Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

STORIE/HELDER Quando tornai a Lisbona non volli più andare in una pensione. Ero stufo di rappresentanti e di funzionari. Avevo voglia di starmene da solo. Sono un nevrotico, si nota subito. Un egoista. Scoperta Anversa è una città difficile. Alla fine di febbraio il grande lago del parco vicino a Viale Rubens era completamente gelato, e gli uccelli camminavano sullo strato di ghiaccio. Di pomeriggio le strade erano molto serene sotto la luce fine e fredda. Si andava per la città con l'idea felice di morire presto, senza dolore, in fretta. Succedeva quando ci si fermava all'uscita della Gare du Midi, con il viso volto alla città che si offriva severamente. Si percepiva come era difficile. C'erano strade da scegliere, e si intravedeva vicino una piazza. Fu questo che gli accadde. Cominciava ad imbrunire quando finì il suo viaggio da un luogo qualsiasi ad Anversa. Arrivava con una piccola valigia, una di queste valigie in cui ci stanno solo due camicie e uno spazzolino da denti. La valigia di un vagabondo o di uno scopritore di città. Quella era una città del Nord, si vedeva chiaramente, una città fiamminga. A che pro il nome francese di Anvers? C'erano 13° sotto zero. Di fronte alla stazione si aprivano alcune strade. Vicino, la piazza. Dopo la piazza, altre strade, altre piazze. La nebbia riempiva le vie, e le persone passavano come fuori dalla realtà, apparivano e sparivano, così vaghe, impercettibili, che si dubitava avessero un quotidiano, la speranza, che morissero, nascessero, morissero. Comprese subito che lì tutto sarebbe stato difficile, e, perciò, che solo lì sarebbe valsa la pena cercare. Cercare che cosa? Non si arriverà mai a sapere cosa quell'uomo venisse a cercare, cosa ci facesse ad Anversa alla fine di un febbraio gelido. Aveva un proposito, non sembrava vacillare sotto le luci che si accendevano in mezzo alla nebbia. Gli annunci luminosi pulsavano: erano il corpo della città; e questa scrittura brusca, rinata, queste raffigurazioni vivamente intagliate nella notte, erano indecifrabili per un intruso. Capiamo così poco della bellezza barbara della civiltà. Con il doloroso proposito della scoperta, egli era preso nelle piste inestricabili di una città del Nord. Le stesse piste interiori gli si confondevano, invase dalla nebbia. Camminò sotto il fascino misterioso delle luci che si accendevano e si spegnevano - lui, il piccolo uomo solo, l'uomo feroce che arrivava ispirato da molto lontano e che cercava - camminò per una strada e poi per un'altra ed arrivò a una birreria. Entrò e mise accanto al primo tavolo la valigia da scopritore di città. Il juke-box suonava canzoni in voga. Bevevano tutti. Anche lo straniero bevve. Si ricordò della torre all'entrata di Anversa, quando si arriva da sud col treno. Cos'era quella torre? A cosa serviva, quando era stata costruita? E cos'era una città, a cosa serviva? Le persone si infilano nelle birrerie e ascoltano musica, parlano, ridono, bevono birra. Ci sono 13° sotto zero in tutte le parti di una città. Uno straniero trova difficili queste cose. Mal' uomo uscì dalla birreria. Non poteva rimanere lì in eterno. Non era della città né doveva riposarsi da una giornata di lavoro. Camminò per altre strade e piazze. A volte si fermava davanti ad un cinema o ad una vetrina. Entrò in una tabaccheria e comprò un pacchetto di sigarette. Ad un certo punto, svoltando l'angolo, si imbattè in una giovane donna e rimase a lungo con quel viso contornato di nebbia nella memoria. Si fermò in un angolo di una strada buia e urinò e quando alzò la testa vide un prete. Tutto questo era assurdo. O, meglio, le cose si complicavano. Si trattava di una città difficile. Non poteva controllare fino a che punto la sua anima - la sua, di lui-era innocente, e, poi, fino a che punto l'innocenza è un'arma. Forse sarebbe stato meglio avere l'anima già corrotta, conoscere già una città del Nord. Conosceva solo il Sud, i paesaggi chiari e violenti. Aveva già pensato molto all'innocenza e alla malizia. Era già stato sdraiato sotto gli alberi o in scure stanze di pensioni di varie città a pensare all'innocenza e alla malizia, e, ad un certo punto, non sapeva più se la sua vita era stata mai visitata o se era ancora vergine. Dopo avere urinato ed avere visto il prete, svoltò nella prima stradina a destra ed uscì in un piccolo largo. E fu allora che incontrò la strada circolare. Si mise in cammino senza prevedere niente. Continuava a pensare all'innocenza e alla corruzione dell'anima, quando notò che finiva per sboccare nello stesso largo di prima. Si fermò perplesso. Fece ciò che fanno tutti quelli che cercano: entrò nella stessa stradina, la percorse di nuovo, questa volta senza pensare alle qualità dell'anima e sboccò un'altra volta nel largo. Lo fece cinque o sei volte, forse persino sette. Poi cercò una birreria, entrò e bevve una birra. Guardava il bicchiere giallo e gelato e le mani gli tremavano. Non si sa a cosa pensasse. Immaginiamo solo le circostanze: un uomo era arrivato ad Anversa alcadere della sera, c'erano 13°sottozero, i passeri camminavano sul lago del parco - le luci, la nebbia, la lingua (forse non capiva una parola di fiammingo). Mio Dio, che dolcezza si può trovare in un'esistenza così? È una vita difficile. Immaginiamolo davanti al bicchiere di birra, attorniato da gente bianca e bionda, con occhi azzurri, gente che ride in fiammingo, beve in fiammingo, ascolta (tra il fumo e la musica) nel fiammingo di Anversa. Le mani gli tremano intorno al bicchiere freddo. Perplessità, quasi quasi un po' di allegria, una breve allegria innocente, sprovveduta, in mezzo a tutto questo, nel seno della propria difficoltà.E partì di nuovo con la valigia di cuoio. Camminò per la città come se avesse molta fretta. E chi può dire se di notte, all'estero, dopo due birre a stomaco vuoto, la strada circolare non fosse ancora più circolare? Egli cominciava da quella piazza dove c'era l'annuncio luminoso delle automobili "Packard" e finiva nella stessa piazza, col viso ansioso volto verso le stesse lettere che si accendevano in rosso nel mezzo della nebbia: P-A-CK-A R-D. Si può cominciare cento volte una frase musicale. Si comprova cento volte il risultato di una esperienza fisica o chimica. Eci si ritrova ancora nell'abisso che precede l'ascesa. Egli percorreva il suo dubbio (adesso non considerava più l'innocenza o l'astuzia) per arrivare sempre alla piazza, e di nuovo dubitava. Entrò ancora varie volte nelle birrerie vicine. Dicono che Goethe scrisse e riscrisse i suoi poemi. Leonardo era mortalmente paziente di fronte ai colori. E cosa sappiamo degli altri, i più antichi? Tutto è eternamente ricominciato. Non si sa cosa abbiano trovato. Avranno trovato qualcosa - gli antichi, i moderni? Ciò che quest'uomo cercava e trovò non è un esempio. E malgrado tutta la poesia sia una proposta o una soluzione morale, noi di questa nazione possiamo immaginare a malapena le allegrie e i dolori di uno straniero, al freddo e alla nebbia, nella grande solitudine di questa strada circolare che forse nemmeno esiste ad Anversa né in qualsiasi altra città del mondo. Mach i può avere fiducia in noi, che siamo di questa terra e, per questo, la conosciamo così poco? Copytight Herberto Helder 198, 1990 89

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==