Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

INCONTRI/ AGUALUSA mai dovuto lasciarsi trascinare in una simile avventura o per lo meno, non avrebbe dovuto accettare di imbarcarsi a Quissembo. Di tanto in tanto lanciava sguardi angosciati all'ombra dei muxitos, per la paura di veder saltar fuori in mezzo ad essi, tra grida feroci, i guerrieri di suo padre. Varie volte fece fermare il palanchino perché uno dei trasportatori andasse a vedere più avanti le condizioni della strada. Già si intravedevano i tetti dello stabilimento inglese e il cuore del giovane stava per calmarsi, quando in lontananza ma con un forte stridore si sentì il riso lugubre di una banda di humbis. 1 Quando entrò nell'atrio dello stabilimento, dove lo aspettava sorridendo William Newton, D. Nicolau era un uomo senza speranza. Non si è mai saputo chi avesse avvisato la gente del Congo della presenza a Quissembo, del principe traditore. Quello che si sa è che la stessa notte una grande folla di uomini circondò lo stabilimento, chiedendo con veemenza la testa di D. Nicolau. William Newton per conciliare si avvicinò alla porta ma fu ricevuto con ingiurie e minacce. Il principe, gridavano i congolesi, era incorso in una grande cabala2 e ora doveva essere giudicato dalle leggi del suo popolo. Venne negata all'inglese la soddisfazione della sua richiesta. "D. Nicolau" disse Newton tentando si illudere la folla "è partito stamattina in una nave da guerra." Queste parole non fecero altro che far infuriare gli animi, già tanto eccitati. Alcuni degli uomini accesero torce e si avvicinarono tenendole in mano, dicendo che avrebbero appiccato fuoco allo stabilimento se D. Nicolau non gli fosse stato immediatamente consegnato. Gigantesco nella sua dignità britannica William Newton si ritirò e fece issare la bandiera. Allora, in un unico movimento di furia, improvviso e irreprimibile come una folata di vento, la folla si lanciò in avanti, distruggendo tutto, buttando giù porte e attraversando pareti. D. Nicolau che si era rifugiato nel retro dell'edificio, sentì il fragore del disastro e preso dal panico saltò da una finestra nel giardino. Capendo subito che stavano per farlo a pezzi a colpi di machete cominciò a correre tra gli alberi d'arancio, papaia e goiaba fino a scontrarsi violentemente contro il muro che circondava la proprietà. Disperato, sentendo l'avvicinarsi del chiasso si ricordò del regalo che al momento di salutarsi gli aveva fatto Jacome Filho. Tremando intensamente mise la mano nella tasca destra della giacca e ne tirò fuori un'ampollina di vetro blu. I primi negri che raggiunsero il muro non trovarono altro se non in terra, un'ampollina di vetro. Poi uno di loro alzò gli occhi al cielo e gridò preso dallo spavento. Contro la luna immensa, rotonda e bianca come una moneta d'argento, si ritagliava la fragile silhouette di un uomo. Serenamente, come una nave naufragata tra alghe e coralli, D. Nicolau dormiva. E andava su, sempre più su. Copyright José Eduardo Aguai usa 1987. Note 1) humbi: uccello nero che in certi periodi dell'anno compare a stormi, emettendo suoni stridenti. L'apparizione di questi uccelli presagisce disgrazia. 2) cabala: congiura, cospirazione. 78 UN MOVIMENTO DI MULAffl Incontro con José Eduardo Agualusa a cura di Livia Apa ]osé Eduardo, quando hai lasciato l'Angola per venire a Lisbona? Ho lasciato l' Angola a diciotto anni perché la guerra imperversava e quindi, raggiunta la maggiore età correvo il rischio di essere arruolato: ero obiettore di coscienza - la mia unica militanza politica curiosamente è stata nei movimenti ecologisti. Arrivato a Lisbona ho cominciato a studiare Agraria, ma non ho concluso il corso, perché ho cominciato a collaborare con vari giornali portoghesi (la rivista "Africa", "Expresso", "O Publico"), scrivendo sull'Angola o di letteratura africana. Parallelamente a questa attività nella stampa "ufficiale" nei primi anni a Lisbona, insieme ad altri che come me avevano deciso di lasciare l'Africa, avevamo cominciato a pubblicare "Carninho Longe", una rivista di testi africani di autori che si autodefinivano "marginali". Lari vista era organizzata dall'Associazione degli studenti della Facoltà di Medicina di Oporto dove c'erano molti angolani. Di loro nessuno ha continuato a scrivere. Successivamente ho partecipato al progetto del giornale "Angolando" edito dall'Associazione Culturale e Ricreativa Angolana (ACRA) di Lisbona. Questo nel 1987. Attualmente collaboro ad iniziative di movimenti letterari di Luanda come quello della rivista "Archote". Come sei arrivato al tuo primo romanza, A conjura? Beh, fino a quel momento non avevo scritto molta prosa, mi ero dedicato invece alla poesia. Avevo scritto dei racconti, uno di essi, di ambiente capoverdiano, nel 1987 aveva vinto il premio Joaquim Namorado. Quello stesso anno cominciai a scrivere il mio romanzo, A conjura, che nell '89, tra varie polemiche legate al fatto che io non risiedevo ormai da anni in Angola, ha vinto il premio "Sonangol".

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