Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

STORIE/ AGUALUSA Quando entrò nello stabilimento, dove lo aspettava Newton sorridendo, era un uomo senza speranza. Non si è mai saputo chi avesse avvisato la gente del Congo della presenza a Quissembo del principe traditore. senza alcuna sorpresa, anzi, sembravano addirittura molto contenti di averlo tra loro. La serata trascorse nel migliore dei modi: William Newton suonò al suo flauto temi popolari irlandesi; il baccelliere Alfredo Trony mostrò le sue capacità di prestigiatore, la bella Maria José Falca6 cantò, benissimo, alcuni brani d'opera. Per finire il professor Jacome Filho ripeté il suo numero prodigioso ma questa volta poiché il pubblico entusiasticamente lo incitò a farlo, addormentò altre tre ragazze. Una di loro per di più doveva essere di natura molto lieve, o forse il fisico aveva ecceduto nell'applicazione del suo preparato; quello che è certo è che, dopo che si era profondamente addormentata, la ragazza non rimase a librarsi nell'etere, come le altre, ma cominciò ad andare su, con sempre maggiore impressione di tutti gli astanti. Lentamente, e con un certo rischio, sfiorò la fiamma sottile dei pesanti lampadari della sala fino a fermarsi alla fine contro l'alto soffitto di mogano intagliato, da dove fu recuperata solo grazie ad una scala. Se l'esperimento fosse stato realizzato ali' aria aperta la giovane oggi starebbe navigando tra le stelle; insolito aereostato; angelo senza ali, dall'ampio vestito gonfio e colorato. Il colonnello Arcénio de Carpo, che si lasciava prendere facilmente da tutte le novità, voleva strappare a tutti i costi allo scienziato brasiliano il segreto del suo preparato: "Una scoperta come questa non deve servire solo a distrarre platee" spiegava animatamente "può avere incalcolabili applicazioni pratiche". E già vagheggiava un popolo del cielo, che costruiva tra le nuvole curvi arcobaleni di luce e di acqua; fantastici castelli trasparenti; immense scale, capaci di collegare la Terra all'astro lunare. Finito lo spettacolo, D. Nicolau si preparava ad uscire, stordito da tutte le meraviglie di quella notte lunga e memorabile. Ma prima che avesse il tempo di accomiatarsi, William Newton lo prese per un braccio e lo portò in una saletta al primo piano dove trovò con sorpresa il vice-console del Regno Unito, in compagnia di Ezequiel de Sousa e di un altro cavaliere africano. I tre fumavano tranquillamente con le gambe accavallate, ma subito, appena lo videro arrivare si alzarono e gli dettero la mano. William Newton stava ancora facendo le presentazioni quando entrò infocato il professore brasiliano. Fu questi che tossendo molto, spiegò al congolese il motivo per il quale lo avevano portato lì. "Sappiamo che la politica non la ha mai attratta" cominciò a dire Jacome Filho "ma un cavaliere come lei nelle cui vene scorre il più nobile sangue d'Africa, non può rimanere lontano dal grandioso palco della storia; un cavaliere come lei, la cui generosità tutti conoscono, non può rimanere sordo al grido del suo stesso popolo; un cavaliere come lei ha l'obbligo, il dovere morale di pronunciarsi pubblicamente e con decisione contro tutte le umiliazioni, le estorsioni e le violenze che i portoghesi stanno commettendo nella regione del Congo." E il brasiliano cominciò ad entusiasmarsi sempre di più, sempre più paonazzo per la foga crescente che sembrava divertire il viceconsole e che i due angolani approvavano sorridenti. D. Nicolau, lui, si era rannicchiato nella sua sedia, spaventato dalla tonante verbosità del piccolo fisico e dalla delicatezza della situazione. Quando parlò fu per ricordare timidamente agli illustri cavalieri che era stato lui, di sua spontanea volontà ad allontanarsi dalla lotta politica, e che non gli sembrava pertanto corretto coinvolgersi adesso in fatti di cui ignorava i particolari. Jacome Filho lo fulminò con lo sguardo: "Particolari! Non è di particolari che stiamo parlando, Signore! Quello che vogliamo è che lei si unisca a noi nella lotta contro le ingiuste pretese dei portoghesi, questa povera sottospecie di schiavisti, di schiavonauti ..." E dopo, facendo un grande sforzo per controllarsi, chiese ad uno degli africani presenti, Lima da Alfandega, che spiegasse a Nicolau quello che volevano da lui. "È semplice" disse l'angolano, un mulatto ancora giovane con dei piccoli occhiali rotondi e una grande testa da cece "Lei potrebbe andare a Londra a rivendicare davanti ai tribunali britannici i suoi legittimi diritti sul regno del Congo e le sue dipendenze. Si sa che il Portogallo occupa illegalmente tutta la regione tra Ambriz e Cabo Molembo; ora, l'Inghilterra è disposta ad appoggiare un reclamo formale contro questo stato di cose, dato che molte nazioni dividono identici sentimenti di giustizia. Con un forte appoggio internazionale il signor D. Nicolau potrebbe perfino reclamare l'indipendenza di tutto il Regno del Congo, generando ... - ne siamo certi -un più ampio movimento di rivolta contro l'intollerabile dominio portoghese." E il mulatto continuò il suo discorso, assicurando all'attonito scrivano, che molti commercianti di Luanda avevano già approvato tale progetto, e che non mancava altro per metterlo in pratica se non l'assenso di una persona: D. Nicolau Agua-Rosada. Il principe tirò fuori un fazzoletto e si asciugò nervosamente il viso perlato di sudore: "Tutto questo mi sembra una pazzia" riuscì a dire in un fil di voce "e come dovrei fare io a raggiungere la Gran Bretagna?" Fu quando il vice-console sorrise magnificamente: "Se sua Eccellenza accettasse l'idea, la corona britannica sarebbe orgogliosa di mettere al suo servizio una nave da guerra. È chiaro che converrebbe mantenere il maggior riserbo su tutta la faccenda fino all'eventuale arrivo a Londra del signor Principe del Congo." Per fortuna la costa angolana era vasta e poco vigilata; sarebbe stato facile procedere ali' imbarco di D. Nicolau, proprio nella zona di Ambriz. Il povero scrivano non ebbe tempo di aggiungere altro. Jacome Filho aveva aperto una bottiglia di spumante e riempiva le coppe: "Miei signori" gridava eccitato "brindiamo alla salute di sua Eccellenza, il futuro r.,e del Congo libero!" Alzò il calice, gli altri fecero lo stesso. Ventotto giorni dopo, in una chiara e calda domenica di marzo, D. Nicolau si trovava ad andare verso Quissembo, località che non visitava da quando era bambino e dove la Carnegie & Co. aveva un importante posto commerciale. Doveva, come stabilito, aspettare lì l'arrivo di una nave da guerra con un padiglione inglese. Era spaventatissimo e le sue paure non erano del tutto infondate. Il giorno prima, quando aveva manifestato ad un suo collega della Fazenda la sua intenzione di andare a Quissembo, questi si era molto allarmato e, aveva sottolineato gli inconvenienti di un tale viaggio visto che la gente del Nord di Ambriz non lo vedeva affatto di buon occhio da quando aveva abbandonato il Congo per andare a vivere in intimità con i bianchi. Ora, disteso nel suo palanchino, che andava avanti a balzi per quelle strade sconnesse, D. Nicolau si pentiva di non aver seguito i suoi preziosi consigli: si trattava di un grosso equivoco; non avrebbe 77

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