STORII/BODOR enormi. Non si asciugò, lasciò che l'acqua gli colasse fino in fondo al collo. Elvira Spiridon cominciò a vestirsi, si infilò due paia di pantaloni, uno sull'una e l'altro sull'altra gamba, legò due giubbotti per le maniche e con essi si coprì. Il nano trafficava con delle stoviglie facendole tintinnare. Versò dell'acqua in una pentola, aspettò accanto alla stufa che cominciasse a bollire, e vi versò quindi fino ali' orlo delle foglie secche di mirtillo. Le lasciò riposare per un poco, poi versò il contenuto della pentola in due ciotole di latta. Nel té già pronto vi versò una discreta quantità di una bottiglia da un litro. Dentro vi era dell'alcool denaturato di color azzurrognolo. Infine appoggiò una delle ciotole fumanti sulla sabbia accanto a Elvira Spiridon. "Prosit. Lei è la benvenuta. Deve essere stato il Padre Eterno a volere che accadesse così". "Spero che non Le sarò di peso". "Se non si muove, allora no. In tal caso potrà rimanere fintanto che si troverà bene. O fino a quando non dovrò allontanarmi da qui. Il che può avvenite presto". "Mi dispiacerebbe veramente". "Invece può succedere che un bel giorno me ne vada. Non nel lontano Sud, cara Elvira, bensì ad abitare nel Museo di Vale Sinistra. Recentemente mi sono venduto a loro, ormai gli appartengo. Ho venduto il mio scheletro alla collezione di storia naturale. Sa, quella gente va a caccia di cose di questo genere. E, cosa non secondaria, pagano in anticipo". "Oh, anch'io ho sentito dire che il museo del circondario è pieno zeppo di aggeggi originali". "Eh, sì. E poi penso che di sicuro anche loro staranno appresso ai propri soldi, e la questione è se aspetteranno o meno che io tiri il calzino quando sarà il momento. Chissà, un bel giorno verranno a prendermi. Le piace il té?". "Stavo proprio per farne le lodi". "Allora forse è meglio se facciamo silenzio. Anche le bottiglie hanno orecchie". Là fuori stava scendendo il crepuscolo, e le piccole finestre stavano prendendo un colore bluastro. Gàbriel Dunka aspettò che si imbrunisse tanto che il suo viso cominciava a riflettersi sul vetro della finestra; allora fece prendere fuoco ad uno stecco, con la sua fiamma accese una candela e si fece la barba. Si strusciò la pelle umida con unpugno di timo. Indossò la vecchia camicia giallognola, lavata così tante volte da farla diventare molliccia, e la casacca della vecchia divisa scolastica che conservava sgualcita nel fondo della valigia. Era arrivato il giorno in cui poteva di nuovo indossarla. "Certo vede che sono un po' imbarazzato" - sussurrò. "Stasera è la prima volta che sarò con una donna. Guardi, mi tremano anche i capelli sulla testa". "Non vi è alcun motivo di essere nervosi" - rispose Elvira Spiridon -, "per quanto ne so io, non è niente di speciale. Certamente, per sentito dire, sa in che cosa consistè". "Me ne vergogno, ma sono abbastanza inesperto. Eppure i nani hanno una fama piuttosto buona". "Proprio per questo deve calmarsi. Pensi soltanto che anch'io mi trovo in una situazione da cani". Gàbriel Dunka tremò, fece un grande sospiro. Indubbiamente le macchie di pelle bianca della .donna che apparivano sotto il sacco di carta facevano un effetto totalmente diverso rispetto alla 64 prima apparizione. Quando la donna stava ferma sulla strada maestra, grondante d'acqua, con il mento violaceo per la paura, il naso sbiancato ed i lobi degli orecchi anodini. "Non la prenda per una villaneria" - disse di nuovo a bassa voce, turbato-, "ma ora la lascerò da sola per un poco. Ritornerò soltanto quando mi sarò calmato. Non so che cosa abbia. Ma devo andarmene, perché mi sento terribilmente strano. Ho paura che potrei uccidermi". "Va bene, signor Dunka, vada. Tiri un profondo respiro. Se me lo permette, fintanto che Lei starà fuori, ogni tanto mi riempirò la ciotola. Quando ritornerà mi sarò ben riscaldata". L'unica strada principale di Colone! Dragomir, che ai piedi della vallata curvava verso il valico seguendo il corso del ruscello, non era illuminata. Da queste parti, se le persone si incontravano al buio, si riconoscevano dal loro odore. Di Gàbriel Dunka, che brancolava tra le pozzanghere dai riflessi di incerte luci lontane, si poteva credere, a distanza, che fosse un cane. Soltanto che lo sguazzare dei suoi passi nel fango era diverso. Uscì dal paese, camminando fino alla postazione di controllo di Nopritz, dove si trovava l'entrata della riserva recintata di Dobrin. Nei boschi tenevano orsi; la via era chiusa da una sbarra accanto alla quale c'era il posto di guardia. Accadeva anche altre volte che Gàbriel Dunka cercasse il colonnello Jean Tomoioaga, che abitava nella guardiola, e da due anni era di servizio, da solo, alla postazione. Se Gàbriel Dunka si pi-esentava da lui, il colonnello distendeva all'istante sul pavimento una camicia a quadretti bianco-verdi, tirava fuori alcune figure di legno, e ciottoli dal colore singolare: quindi si facevano qualche partita a scacchi. Anche adesso accadde così, ma Gàbriel Dunka si stancò abbastanza presto del gioco. Il colonnello Jean Tomoioaga si era accorto che stava con la testa da un'altra parte, e con indulgenza lo avvisava dei suoi sbagli. Anche così, quella sera il nano perse ogni partita. "Allora, che hai? Non avrai incontrato anche tu l'uomo dei pesci?" - chiese infine il colonnello. I boschi di Dobrin di quei tempi erano battuti da un uomo dai capelli rossi, un seccatore, il quale veniva dalla Bucovina e voleva affibbiare a tutti un brutto pesce dal muso schiacciato e coi baffi. "Il guaio è molto più grande" - disse Gàbriel Dunka. - "Una donna ha cercato rifugio da me, il suo nome è Elvira Spiridon. Portatela via di lì". Tutto questo l'ho saputo di persona dal colonnello Jean Tomoioaga. Anni dopo, quando con il passaporto greco in tasca, percorrevo i paesi sopra Vale Sinistra con la mia nuovissima Regata color blu metallizzato, in cerca delle tracce di Elvira Spiridon, approdai infine dal colonnello Jean Tomoioaga. A suo tempo egli aveva interrogato a fondo Gàbriel Dunka, e fu lui a raccontarmi per filo eper segno che fine avesse fatto lamia amata di un tempo, Elvira Spiridon. Che avevo atteso, invano, per anni, stando al sole della libertà, nei lontani Balcani. Per quanto fossi adirato con il nano, pensai tuttavia di cercarlo, in fondo, un tempo, egli era stato un tempo tra i miei conoscenti più vicini. Ma il colonnello Jean Tomoioaga mi dissuase dal farlo: la costruzione della prigione di Vale Sinistra era stata terminata, l'officina di Gàbriel Dunka, dove egli rendeva opachi i vetri, era stata chiusa. Se volevo a tutti i costi sapere qualcosa di più dettagliato su di lui, era meglio che mi informassi presso I.acollezione di storia nat1:1rale di Vale Sinistra. Copyright Adam Bodor 1992
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