Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

STORIE/DIIRY cespuglio, e vomitò; si sentì più leggero. Dopo mezz'ora di strada attraverso strette vie laterali battute dal sole, con gli alberi da frutto in fiore sparsi per tutto il pendio della collina, si fermò davanti a casa· sua. Abitavano al primo piano. Nel giardino, due cespugli di lillà bianchi, ai lati del cancello. Salì le scale. Suonò il campanello, nessuno venne ad aprire. Sulla porta non c'era la targhetta col nome. Scese giù, nel sottoscala, dal portiere. Bussò. "Buon giorno," disse alla donna che gli aprì la porta. Anche lei era dimagrita, invecchiata. "Chi cerca?" "Sono B.," disse. "Mia moglie abita ancora qui?" "Oh, signore mio!" disse la donna. B. chinò gli occhi. "Mia moglie abita ancora qui?" "Oh, signore mio!" ripeté la donna. "È tornato a casa?" "Sì," disse B. "Mia moglie abita ancora qui?" La donna lasciò la maniglia e s'appoggiò allo stipite. "E tornato a casa?" ripeté. "Oh, signore mio! Ma certo che abita qui. Non sapeva neanche lei che sarebbe tornato a casa? Signore buono! Certo che abita qui!" "Anche mio figlio?" domandò B. La donna capì. "Sta bene," disse. "Ha buona salute, non ha niente, è diventato un ragazzone grande e bello. Signore mio!" B. tacque. "Venga, entri qui da noi!" disse la donna con la voce tremante. "Prego, entri. Lo sapevo che era innocente. Lo sapevo che un giorno sarebbe tornato." • "Non mi hanno aperto la porta," disse B. "Eppure ho suonato tre volte." · "Prego, entri qui da noi," ripeté la donna "Non c'è nessuno. Anche i coinquilini sono usciti." B. tacque e guardò per terra. "Sua moglie lavora. Gyurika invece va ancora a scuola," disse la donna. "Non vuole entrare? Torneranno a casa nel pomeriggio." "Ci sono coinquilini?" domandò B. "Brava gente," disse la donna. "Sua moglie ci va d'accordo. Signore mio, dunque•è tornato a casa?" B. tacque. "Ho io la chiave dell'appartamento," disse la donna dopo un po'. "Prego, vada su e si metta a riposare finché sua moglie non torna a casa." · Dalla parete, attaccate a un chiodo, pendevano due chiavi. La donna ne prese una e si tirò dietro la porta. "Prego, salga su e si metta a riposare!" disse. B. guardò davanti a sé, per terra. "Viene anche lei?" domandò. "Naturale," disse la donna. "Ora le mostrerò la camera di sua moglie.' "In quale camera sta?" domandò B. "Sa, i coinquilini sono quattro," disse la donna. "Le due camere sono state assegnate a loro. Sua moglie, con Gyurilia, si è trasferita nella camera della domestica. Ma la cucina e il bagno sono in comune." B. non rispose. "Andiamo su," domandò la donna, "o preferisce aspettare qui da 60 ' noi che tornano a casa? Prego, si sdrai sul divano qui da noi, e riposi un po' finché non tornano.a casa." "La cucina e il bagno sono in comune?" domandò B. "Naturale, in comune," disse la donna. B. alzò la testa e guardò in faccia la donna. "Allora ho il diritto di fare il bagno?" "Naturalmente," disse la donna sorridendo e col palmo della mano prese il gomito di B., con tenerezza, come per sostenerlo. "Certo che ha il diritto di fare il bagno. E perché non dovrebbe averlo? Quello è anche il vostro appartamento, e la cucina e il bagno sono in comune. Le accenderei volentieri anche il fuoco, dato che ci è rimasta ancora un po' di legna in cantina dall'inverno, ma credo che di giorno i coinquilini chiudono il bagno." B. tacque, guardò di nuovo per terra. "Andiamo su, o viene da noi?" domandò la donna. "Prego, venga da noi! lo sto in cucina, non la disturbo, lei si sdr!liasul divano e magari riesce anche a dormire." "Grazie," disse B. "Preferisco salire." La finestra della cameretta della domestica era esposta a nord, come tutte le camerette dei domestici; di fronte, un frassino ornamentale, a sinistra la cima nera degli abeti del monte Gugger. La stanza era scura e verdastra per le fronde del frassino. Appena restò solo, e il respiro gli si quietò, riconobbe l'odore di sua moglie. Si mise a sedere davanti alla finestra, e sospirò. Guardò le fronde del frassino. Sedeva con tutto il corpo nell'odore della moglie e sospirava. Nella piccola camera c'erano solo un armadio bianco, logoro, un letto di ferro, un tavolo e una sedia; per arrivare al letto bisognava spostare la sedia. Non si sdraiò sul letto, si sedette e sospirò. Sul tavolo c'era un mucchio di cose, libri, vestiti, giocattoli; c'era anche un piccolo specchio da borsetta; si guardò nello specchio: la stessa cosa che nello specchio della vetrina presso il Fogaskerckil. Rimise sul tavolo lo specchio, voltato in giù. Non frugò nella roba di sua moglie sul tavolo. Nel portacenere c'era una palla rossa a pois. Anche sul tavolo si sentiva l'odore di sua moglie. Si era appena seduto davanti alla finestra che la portinaia gli portò una grande ciotola di caffelatte e due grosse fette di focaccia. Quando fu di nuovo solo le mangiò. Poco dopo la moglie dell'inquilino del pianterreno suonò alla porta dell'appartamento, anche lei con una tazza di caffelatte, pane imburrato, una salsiccia e una mela Jonathan, di quelle che aveva visto nella vetrina del Kozért. Posò sul tavolo la tazza, con gli occhi pieni di lacrime, e dopo qualche minuto se ne andò. Quando B. fu solo mangiò tutto. Non aveva ancora caricato l'orologio da polso, non sapeva da quanto tempo sedesse vicino alla finestra. Questa si apriva sul giardino di dietro, dove non passava nessuno. Tra le foglie verdechiaro, orlate di bianco del frassino, di tanto in tanto si animava la brezza, che faceva tremare la luce pomeridiana sui muri imbiancati della camera. Quando fu tutto pieno dell'odore della moglie e non lo sentì più, scese sulla strada, davanti al cancello del giardino. Dopo un po' sua moglie svoltò all'angolo, con quattro o cinque bambini attorno. Mentre si avvicinava al cancello, all'improvviso i passi della donna rallentarono, per un attimo si fermò, anche; poi si mise a corrergli incontro. Anche B. si mise a correre, senza accorgersene. Quando erano ormai vicini, la donna si fermò di colpo, come se non fosse sicura del fatto suo, poi si rimise a correre. B. riconobbe il pullover di lana grigia a righe nere, con le maniche lunghe, che le aveva

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