Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

Che nei rapporti fra letteratura e realtà esistano parentele, modelli esemplari, lo si può dire di qualsiasi letteratura, come anche che la parola dolore è una parola, mentre il vero dolore è tutt'altro. Più che uno scrittore, io sono un lettore. Naturalmente c'è un'affinità con Enzensberger. Lafine del Titanic era stato per me un libro estremamente importante già molto tempo prima che conoscessi Enzensberger. Io leggo come una balena ingerisce acqua incredibilmente ricca di plancton - dopo non so più da dove viene questo o quell'altro, chi è stato a scrivere cosa. Io non invito mai nessuno a casa mia, ma quando la gente viene ugualmente a trovarmi rimane veramente irritata da quel che vede: tutti quei libri uno di fianco all'altro, così come mi sono stati consigliati dalle diverse persone, e tradotti nelle lingue più disparate. Non c'è sistema. E non ne vedo più alcuno, del resto. Le cose che ho fatto fino a questo momento sono stati eventi isolati. Ho la sensazione che nessuno di essi possa essere in qualche modo inquadrato. Non ho mai neanche tentato di farlo. La vita che conduco adesso è ovviamente di un lusso inaudito. Ma non lavoro affatto diversamente da come lavoravo un tempo. Il problema di trovare un editore non mi si pone. Sto seduto lì .a chiedermi come proseguirà il testo, e da questo dipende la mia vita, cioè la mia felicità. Le circostanze mutano drammaticamente, mentre i metodi rimangono invariati. Tra le diverse fasi dello scrivere ci sono delle aperture, come la mia lettura pubblica qui a Rauris, apertureche poi si richiudono, e questo basta. Ho ancora soldi a sufficienza per un paio d'anni, di sicuro un giorno o l'altro scriverò di nuovo in forma minore, è veramente un gioco d'un lusso assurdo1 e posso continuarlo ancora. L'ultimo libro, la storia degli uomini di scorta, la guardia di Sadat o i guardiani sikh che hanno ucciso Indira Gandhi, è una storia vecchia, è un archetipo storico. Ho raccolto questo genere di metamorfosi in cui proprio colui che non ha altro da fare se non proteggere la vita, proprio costui finisce poi per uccidere la persona da lui protetta - e si prova un enorme senso di liberazione quando chi è apparentemente invulnerabile finisce impalllinato: l'agente di scorta convertito. La mia guardia di scorta dev'essere un uomo che in passato ha già ucciso qualcuno. Ho affermato che la vicenda si svolge dopo una qualche guerra, in un qualche paese in un qualche territorio delle Prealpi. L'unico dopoguerra che io conosca è quello in cui sono cresciuto io. Ma il libro non è autobiografico, perché la cronologia è un'altra. Fuori di Gmunden, tuttavia, a pochi chilometri di distanza si trovano, a sud-est, Ebensee, a est Mauthausen, e non lontano di lì Gunskirchen e Red-Zipfl. Tutti nomi noti dell'orribile passato. Un paesaggio, questo, paragonabile unicamente alla Cambogia. da "Der Standard", aprile 1992. STORIE/WINKLER IL CIMITERO DELLECEDRANGOLEffE Josef Winkler a cura di Luigi Reitani Josef Winkler in una foto di Renatevon Mangoldt. Al centro dell'universo simbolico di Josef Winkler si colloca l'esperienza della morte, colta nella sua ritualità, nel suo farsi evento all'interno della vita quotidiana. La morte, il lutto, i riti di cordoglio e di sepoltura rendono trasparenti i processi sociali, mostrano valori e comportamenti dellacomunità, palesano pregiudizi e storture.Nato aKamering presso Patemion, in Carinzia, nel 1953, e affermatosi con il primo .romanzo Menschenkind (1979), Josef Winkler ha radicalmente ripreso ed elaborato le due tendenze fondamentali della letteratura austriaca in questa seconda metà del secolo: la rappresentazione dell'incombere di Thanatos sull'esistenza, attorno acui s'annodano i fili d1 unaparadigmatica comunità, e la secolarizzazione poetica del linguaggio liturgico. L' Austria di Josef Winkler è l'Austria della Provincia, attraversata da una rapida trasformazione dei costumi e delle strutture economiche, ma ancora legata ai riti pagano-cattolici d'una civiltà agricola e montanara. Nel romanzo Muttersprache, il secondo d'una trilogia dedicata alla Carinzia, il villaggio della provincia austriaca è proiettato da Winkler in una dimensione mitica; la sua topografia ha la forma d'una croce, su cui appaiono inchiodate le case al centro degli eventi. L'immaginario cattolico è qui non solo plasticamente rappresentato dal villaggio, ma si fa villaggio. La distanza dalla norma, l'ancoraggio a esperienze trasgressive canonizzate dalla tradizione letteraria, l'intreccio tra biografia e scrittura, l'ostentata omosessualità, il ricorso ad una tecnica intertestuale che privilegia da un lato il maledettismo e dall'altro le citazioni liturgiche, i riferimenti all'"estetica del ripugnante", rendono Josef Winkler un autore interessato ad un'"antropologia letteraria del quotidiano". La 49

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