Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

SAGGI/SCHMIDT•DENGLER coscienza. In questo Handke sembra agire totalmente nello stile di Bernhard, rispetto al quale egli ha preso altrove decisamente le distanze. Il rispettabile tentativo di Handke di ritrovare nella contemplazione della natura un controaltare al potere distruttivo dei processi storici si colloca in netta opposizione alla visione negativa della natura di Bernhard, nonché alla tagliente critica di Elfride Jelinek verso quell'enfasi mendace con la quale i reali dati politici vengono occultati dal verde degli alberi. In Handke invece i moti vi tradizionali della letteratura classica festeggiano, certo in modo non epigonale, ma estremamente elaborato ThomosBernhardin uno fotodi Sepp Dreisinger e consapevole, la loro (Bibliothekder Provinz,Weitra). risurrezione. Das Spie/ vom Fragen (1989) mostra un Parzival dei nostri giorni mettersi in marcia per raccogliere esperienze; un dramma che nel suo essere destinato alla lettura si presenta ricco di fascino e che ha richiesto un'alta dose di inventiva teatrale per rendere sopportabile la lunga serata della rappresentazione al Burgtheater. Anche Handke sembra sempre più atteggiarsi a personaggio pubblico, che non ha remore persino nell'esprimersi in "annunciazioni", e che intende restaurare il ruolo del poeta in una forma che si riteneva ormai superata da tempo. Non nel senso di un concreto impegno politico, ma piuttosto come difensore dell'utopia, Handke si è veementemente schierato nel 1991 per il mantenimento dello stato multietnico nella Jugoslavia, opponendosi decisamente al nazionalismo dei paesi successori. L'opera degli scrittori austriaci risponde anche a una necessità: i temibili successi del leader politico della FPO, le cui affermazioni tradiscono un punto di vista che nulla ha imparato dalla storia, e la nascita di nuove organizzazioni neonaziste, dimostrano quanto sia opportuno un alto livello di guardia. La letteratura austriaca si è portata, se si ascoltano questi accenti, lontano da quel gioco che consisteva in primo luogo in un'intensa messa a fuoco del linguaggio, in un'analisi critica del materiale di cui è fatta la letteratura. Tale capacità di lavorare con il linguaggio è stata adoperata da Ernst Jandl (nato nel 1925), in particolare nella lettura interpretativa delle proprie poesie, per infrangere pregiudizi incrostati, per illuminare con l'arguzia condizioni di fatto. Nella sua opera verità politica e organizzazione formale si fondono in una sintesi esemplare. Difficilmente eguagliabili nella visione pessimistica del mondo e della propria stessa persona appaiono le sue ultime poesie, Stanzen (1992). Nessun autore aveva ancora tratto conseguenze così radicali dalla poesia sperimentale. Si è ritenuto che questo piacere del gioco formale fosse da rintracciare 46 in quella tradizione cattolica che in Austria ha così profonde radici. E a una tale scuola cattolica sono stati, in effetti, quasi tutti gli autori austriaci, ma anche qui l'intenso confronto con il cattolicesimo si trasforma assai spesso in un decisivo sostrato della scrittura. Il miglior esempio del genere è dato da Josef Winkler (nato nel 1953), il cui romanzo Der Friedhof der bitteren Orangen svolge opprimenti immagini della morte, alimentandosi del rito cattolico austriaco e italiano, che viene per un altro verso osteggiato. La forza linguistica di Winkler è data soprattutto da quell'inventario d'immagini e di formule pervenutoci in eredità dalla chiesa cattolica, in modo - così sembra - inestirpabile. L'intransigenza, il carattere immediato (spesso irritante) e la mancanza di riguardo della letteratura austriaca l'ha salvaguardata da quegli arabeschi postmoderni che si manifestano nella citazione colta e nella sfilata storicistica alla moda di sfarzo culturale.L'ornamento, un tempo bandito da Adolf Loos, ritorna di moda. Per quanto abbia tratto profitto da questa tendenza, ottenendo un successo di portata mondiale, il libro di Christoph Ransmayr (nato nel 1954) Die letzte Welt (1988), non è valutabile secondo i puri criteri della moda. La sua storia di Ovidio, scomparso a Tomi, ove ritrova le figure della sua Metamorfosi, è una storia sulla possibilità dello scrivere in generale. Lo scrivere è anche resistere, e il poeta mondano, che rifiuta di tributare un saluto all'imperatore, viene esiliato. II libro termina con un'ultima metamorfosi: il mondo si pietrifica; la storia umana si congeda, la natura bistrattata sommerge tutto ciò che è prodotto dalla mano dell'uomo. Se Ovidio ha raccontato la storia della creazione sino al tempo di Augusto, Ransmayr racconta, in modo complementare, la storia del mondo da quest'epoca sino alla sua fine. Certo, Ransmayr ha trovato in Austria anche i suoi critici, in primo luogo Werner Kofler (nato nel 1947), lo scrittore più vigile in Austria quando si tratta di mettere alla berlina i fenomeni della moda. Am Schreibtisch (Alla scrivania) (1989) è il titolo estremamente significativo di uno dei suoi libri. I testi di Kofler sono un'eco satirica della letteratura contemporanea. Koflercita per distruggere, ottenendo tuttavia simultaneamente l'effetto di conservare. Ma la letteratura austriaca dei nostri giorni non deve essere intesa come pura tematizzazione critica delle questioni politiche dell'Austria,. per quanto si mostri da essa coinvolta. Questo sarebbe ben poco. Facilmente i testi si possono applicare anche a situazioni diverse. Ancora libera da una superficiale, nonché apologetica affermazione di parole d'ordine ancora poco verificate, come una comune cultura mitteleuropea-un tema che dopo il 1989coinvolge comprensibilmente le coscienze - mi sembra la letteratura austriaca più seria. Su questo punto prevale lo scetticismo. In quasi tutti i testi invece - si tratti di Bernhard o di Handke, dellaJelinek, di Kofler, di Ransmayr, di Winkler o di Ernst Jandl - è immanente il tentativo di coinvolgere il più esattamente possibile la posizione di chi scrive, determinando in tal modo anche il ruolo che la letteratura ha nel resistere a tutte le parole d'ordine. L'attività dello scrittore è ancora la migliore garanzia per assicurarsi un'esistenza propria. Nel libro Meirt Herz, mein Zimmer, mein Name, impostato in modo difficilmente paragonabile sulla scrittura, e che in tal modo rappresenta' anche un esempio di poetica della modernità, Friederike Mayrocker (nata nel 1924) ha fatto delle parole "io scrivo io vivo", disgiunte, ma non separate da alcun tratto di interpunzione, un motto che fa un tutt'uno della vita e della scrittura. E questo forse anche per la consapevolezza che solo Io scrittore che si concentri senza compromessi sullo scrivere può dire qualcosa sulla realtà sociale e politica.

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