Linea d'ombra - anno X - n. 74 - settembre 1992

SAGGI/HEANEY Nei momenti più alti la poesia cercherà di contenere in un unico pensiero realtà e giustizia. La poesia è il luogo in cui lettore e scrittore sono allo stesso tempo citati in giudizio e liberati. l'arcano. Osservare il mondo della superficie, dopo tutto, è insensato non solo per la foca, ma anche per il poeta. Non è che il poeta rinneghi il mondo visibile, il mondo umano degli affetti, i nonni, le Lucky Strike e gli alberi di Natale. Ma quel che lo affascina, alla fine, è un diverso elemento, alienante e terribile: il mondo della meditazione, un bisogno di conoscenza che distingue gli esseri umani da pesci e aringhe, e distingue il poeta, nella sua solitudine, dal nonno e dal vecchio, questo poeta che sopporta la fredda luce marina del proprio wyrd [destino] e della propria mortalità. Il suo impulso scientifico è riportato indietro d'un balzo alle sue radici in uno sgomento presocratico, e l'acqua lo fissa nel volto come soluzione originale: scura. Se vi immergessi la mano ti farebbe subito male il polso e comincerebbero a dolerti le ossa e ti scotteresti la mano come se l'acqua fosse una trasmutazione del fuoco che si alimenta di sassi e brucia d'una fiamma grigio Se l'assaggiassi, sarebbe prima amara J?Oisalata, poi ti scotteresti la lingua di sicuro. E come ci immaginiamo il sapere: cupo, salato, chiaro, in movimento, assolutamente libero, tratto dall'ardua, fredda bocca del mondo, derivato dai seni petrosi per sempre, che scorre ed è attinto, e poiché il nostro sapere è storico, che scorre ed è trascorso. Questa scrittura presenta ancora una riconoscibile somiglianza con il manuale di geografia. Non c'è frase che non goda di altrettanta chiarezza e incontestabilità. Eppure, dal momento che questi versi conclusivi sono poesia, non geografia, essi possiedono, oltre a quella quotidiana, una verità onirica, sono tanto precisi quanto visionari. Godono anche della condizione sine qua non di tutte le espressioni liriche, un ritmo interno assolutamente convincente che è profondamente intrinseco all'acqua traboccante dell'alta marea. Nei versi sono insite alcune note, profondamente vere che "esistevano - come ha affermato Robert Frost - prima della nascita delle parole, nella caverna della bocca", e che fanno quello che fa la poesia essenzialmente: corroborano la nostra inclinazione a prestar fede ai suggerimenti del nostro essere intuitivo. Ci aiutano a dire, nei più segreti recessi dell'animo, nella parte più schiva, presociale della nostra natura, "Sì, ho provato qualcosa di simile anch'io. Sì, è giusto; grazie per avergli dato espressione e averlo reso più o meno ufficiale". E così, il dominio della lingua ottiene il nostro consenso, e la dichiarazione di Anna Swir (che al principio poteva forse suonare un po' esagerata) s'avvera persino nella lettura di un poeta così lontano dall'alterigia bardica come Elizabeth Bishop: "Un poeta diviene allora un'antenna che cattura le voci del mondo, un medium che esprime il proprio inconscio e quello collettivo." * * * Nel concludere questa conferenza, vorrei offrire alla vostra riflessione altri due testi. Il primo è di Eliot. Nell'ottobre del 1942, a Londra, durante la guerra, mentre lavorava a Little Gidding, Eliot scrisse una lettera a E. Martin: "È difficile, in mezzo a tutto quello che sta accadendo, avere la certezza, sedendosi alla scrivania, che giorni e giorni trascorsi a baloccarsi con parole e ritmi costituiscano un'attività ammissibile -soprattutto perché non esiste alcuna certezza che il tutto non sarà alla fine gettato via. Ma, d'altra parte, l'attività pubblica o esterna è una droga, molto più di quanto non lo sia questa fatica solitaria che spesso sembra così priva di senso." È questo il grande paradosso della poesia e delle arti dell' immaginazione in generale. Di fronte all'attacco furibondo della storia, esse sono praticamente inutili. Tuttavia, esse appurano la nostra particolarità, scoprono e puntellano l'oro che sta alla base di ciascuna esistenza circoscritta. In un certo censo, l'efficacia della poesia è zero - nessuna lirica ha mai fermato un carro armato. In un altro senso, è illimitata. È come la scrittura sulla sabbia davanti alla quale accusatori e accusati rimangono muti e rigenerati. Penso a Gesù che scrive, com'è riportato nel capitolo ottavo del Vangelo di Giovanni, mio secondo e ultimo testo: "E gli Scribi ed i Farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio e spingendola in mezzo, gli dissero: Maestro, questa donna è stata sorpresa in adulterio. Ora Mosé nella legge ordina la lapidazione di tali persone; e tu che cosa ne dici? Essi l'interrogarono in questo modo per metterlo alla prova e aver motivo di accusarlo, ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito in terra. E siccome seguitavano a interrogarlo, alzò la testa e disse loro: Chi tra voi è senza peccato scagli su di lei la prima pietra. E di nuovo chinatosi scriveva in terra. Ma quelli, udito ciò partirono uno dopo l'altro, cominciando dal più vecchio. E Gesù rimase solo con la donna ritta nel mezzo. Allora alzandosi, Gesù le domandò: Donna, dove sono i tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannato? Nessuno, Signore, ella rispose. Ebbene, soggiunse Gesù, nemmeno io ti condannerò; vai ed in avvenire non peccare più." La stesura di quei segni è simile alla poesia, un'interruzione della vita usuale, ma non un'evasione da essa. La poesia, come la scrittura, è arbitraria e segna il tempo, in tutti i sensi indicati dall'espressione. Non dice alla turba che accusa o all'accusata inerme, "Ora, vi sarà data la soluzione", non si propone d'essere operativa o utile.Nell'intervallo da quel che sta per accadere e ciò che desideriamo che accada, la poesia trattiene l'attenzione per un momento, non serve come distrazione ma come pura concentrazione, punto focale per cui la nostra capacità di concentrazione ci viene riflessa contro. Questo dà alla poesia il suo potere regolatore. Nei suoi momenti più alti cercherà, secondo l'espressione di Yeats, di contenere in un unico pensiero realtà e giustizia. Anche allora, tuttavia, la sua funzione non sarà essenzialmente transeunte o supplichevole. Più che un cammino, la poesia è una soglia cui ci si approssima di continuo e da cui continuamente ci si allontana, il luogo in cui lettore e scrittore, in modo diverso, provano l'esperienza d'essere allo stesso tempo citati in giudizio e liberati. da The Government of the Tongue, copyright Faber and Faber, Londra 1988. 43

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