governatore del dominio della poesia.unMalvolio con bastone. Si vorrebbe reprimere i rapimenti della poesia e mettere al loro posto lo schietto giudizio del puritano. Tuttavia, stranamente, senza la scorrevole evocazione di campane e giardini e alberi e tutte quelle cose che esplicitamente disapprova, la poesia non riuscirebbe a rendere inmodo altrettanto potente e significativo il tetro bastone. Essa ci fa sentire come preferibile il pronunciamento morale rispetto al palliativo delle immagini, ma fa proprio questo, ci fa sentire, e attraverso il sentimento ci porta, viva, la verità nel cuore - proprio come affermavano i romantici. Alla fine, siamo persuasi d'essere contro la colposa dedizione della poesia al proprio farsi attraverso un esempio perfettamente riuscito di quel farsi stesso in atto: ecco una lirica su un bastone che afferma che la lirica è inammissibile. Quei poeti che superano il primo stordimento provocato dalla benedizione del raggiungimento della forma poetica, si trovano, presto o tardi, davanti al problema affrontato da Herbert in Un bastone e, se sono fortunati, essi finiscono per procedere oltre, come Herbert, piuttosto che rispondere direttamente. Alcuni, come Wilfred Owen, lo affrontano con un'esistenza così dedicata alle sofferenze altrui che l'usufrutto del palazzo dell'arte è pagato cento volte tanto. Altri, come Yeats, professano e divulgano una tale fede nella necessità, assolutamente libera da vincoli, dell'arte che respingono qualsiasi attacco lanciato dalla storia o dalle circostanze contro le loro certezze. La formulazione del caso Yeats fatta da Richard Ellmann s'attaglia in ultima analisi alla vita di ogni vero poeta: "Egli desidera mostrare come la forza bruta possa essere trasformata d'incanto, come è possibile sacrificarsi... all'immagine che ci creiamo di noi stessi e che ci offre modelli più alti di quelli offerti dalle convenzioni sociali. Se si deve soffrire, è preferibile crearsi il mondo in cui farlo, e questo è quello che tutti fanno, quale che sia la loro condizione, gli eroi spontaneamente, gli artisti consapevoimente." Tutti i poeti, infatti, operano proprio in base allo stesso convincimento, persino quelli che mostrano più scrupolo nel1'evitare lo stile elevato, che rispettano la democrazia della lingua e ostentano con il tono della voce la dozzinalità dei temi, la loro disponibilità a schierarsi con quelli che dubitano che la poesia abbia diritto a una qualche speciale considerazione. Il fatto è che la poesia è costituita dal suo proprio mondo, e per quanto un poeta possa essere sensibile alle sollecitazioni regolatrici provenienti dalla realtà sociale, morale, politica e storica, la fedeltà ultima deve andare alle istanze e alle speranze dell'evento artistico. È per questo che voglio prendere in esame Ai depositi delpesce di Elizabeth Bishop. Qui vediamo uno dei poeti più riservati e urbani costretto dall'irrefrenabile impulso dell'arte a rompere con la propensione abituale a cattivarsi la cerchia dei lettori. Quest'impulso conciliatorio non era dettato da servilismo, ma da un rispetto per la ritrosia del prossimo di fronte alla presunzione della poesia: si limitava, di solito, a una tonalità che non avrebbe disturbato il prudente cicaleccio di una conversazione fra estranei a colazione in un albergo al mare. Senza porsi direttamente l'interrogativo, enorme e inevitabile, se non sia il silenzio, piuttosto che la poesia, la risposta più appropriata nel mondo del dopo Auschwitz, Bishop implicitamente libera dai dubbi sulle prerogative dell'arte sollevati da una simile domanda. SAGGI/HEANEY Elizabeth Bishop, in altre parole, era per temperamento propensa a credere nel dominio della lingua - nel senso dell'autosacrificio. Personalmente riservata, contraria e incapace di autoesaltazione, rappresentava l'incarnazione stessa della buona educazione. L'educazione, naturalmente, implica dei doveri nei confronti di altri che, a loro volta, hanno dei doveri nei nostri confronti. Insiste sulla proprietà, nel senso originale, ampio del termine, che significa quel che è essenziale e caratteristico e appartiene naturalmente alla persona o alla cosa. Comporta, inoltre, una certa austerità e permette che entrino in gioco la necessità e il dovere. In breve, come attributo dell'impresa poetica, l'educazione pone dei limiti all'intera portata e intensità dell'impresa stessa. Si ostina a dominare la lingua. Ma Elizabeth Bishop, nella sua poesia, non si attenne solo alla buona educazione. Si rimise anche alla disciplina dell'osservazione. Per lei, l'osservazione costituiva un'abitudine, tanto nel senso monastico, hopkinsiano, come pure nel suo significato più consueto di azione ripetuta abitualmente. Certamente, l'osservazione è di per sé una manifestazione di obbedienza, un'attività contraria alla sopraffazione dei fenomeni attraverso l'esercizio della soggettività, paga di rimanere una presenza assistenziale piuttosto che esercitare un'arrogante costrizione. Non bisogna meravigliarsi, perciò, se il titolo dell'ultimo libro di Elizabeth · Bishop è quello di un vecchio manuale scolastico, Geography III. È come se sottolineasse un'affinità tra la sua poesia e la prosa del manuale, che costruisce relazioni attendibili, non dogmatiche, con il mondo attraverso un'attenzione costante al dettaglio, una classificazione equanime e un'enumerazione uniforme. L'epigrafe del libro indica che il poeta desidera fare propri questi metodi elementari e comprovati di associazione di parole e cose: Cos'è la geografia? Una descrizione della superficie terrestre. Cos'è la terra? Il pianeta o corpo in cui viviamo. . Che forma ha la terra? Rotonda, come una palla. Di che cosa è composta la superficie terrestre? Di terra e acqua. Una poesia fedele a siffatti procedimenti catechetici sembrerebbe certo precludersi l'accesso alla visione o all'epifania; e Ai depositi del pesce inizia proprio con annotazioni meticolose che registrano l'avanzata del mondo fisico, grado a grado, nel mondo della misurata e limpida coscienza del poeta: Benché la sera sia fredda, presso uno dei depositi un vecchio, seduto, ripara le reti; la sua, bruno vermiglia quasi invisibile nel crepuscolo, la spola lucente per l'uso. È così forte l'odore di merluzzo nell'aria, da far colare il naso e lacrimare. Le cinque case hanno tetti ripidi e strette passerelle ferrate 41
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